Uccide il proprio cane con una fucilata: il colpo, tra l’altro, sarebbe stato inferto – secondo il racconto di una testimone – per non far morire subito il povero peloso ma per farlo soffrire fino all’ultimo respiro. Succede a Broccostella. L’autore del vile gesto sarebbe un cacciatore avvezzo a simili atrocità. Intanto, a Chioggia un 25enne si trasforma in un mostro e massacra il gattino della fidanzata a calci e pugni, in preda alla gelosia, solo perché glielo aveva regalato l’ex. Green è stato trovato in una pozza di sangue, in fin di vita, e non ce l’ha fatta. Nel Salento, a Lucugnano, frazione di Tricase, un pensionato di 68 anni con una gabbia-trappola, che aveva adattato alle sue necessità, catturava i gatti del vicinato per poi ucciderli. Una lunga scia di sangue innocente, che dal Nord al Sud attraversa l’Italia intera. Troppe storie aberranti confermano che l’unica vera bestia feroce e spietata è l’essere umano. Sul nostro quotidiano già avevamo affrontato l’argomento, parlando dei casi emblematici del micetto Leone e del cagnolone Aron, che commossero l’Italia intera, passando per Grey, Oil, l’orsa Amarena e tante altre vittime innocenti. Come non pensare anche all’orrore di Lanusei, a quel micino nero lanciato da un ponte per divertimento mentre la follia faceva il giro dei social. Alle centinaia di pelosi ammazzati ogni giorno con bocconi avvelenati. Una escalation del terrore. Ma fortunatamente c’è chi ci mette la faccia, ci mette gli attributi, le proprie risorse, il proprio tempo, e la combatte senza tregua. Perché esiste un modo per dare battaglia a questi esseri che hanno lasciato l’umanità e l’empatia chissà dove per fare spazio alla crudeltà e all’efferatezza gratuite. Uno di questi è Enrico Rizzi. Leader animalista, da oltre 15 anni, nonostante la giovane età – ha 35 anni – impegnato nella tutela giuridica degli animali. Spesso ospite di testate nazionali come Rai e Mediaset, Rizzi percorre giornalmente tutta la penisola per verificare le segnalazioni ricevute dai cittadini che indicano animali vittime di sevizie, abusi e soprusi. Grazie ai suoi interventi tantissimi animali sequestrati e successivamente confiscati hanno ottenuto la libertà che ogni essere vivente merita. Attivista, politico, seguitissimo sui social, la sua missione è “rendere giustizia agli animali”, con ogni mezzo possibile. Perché è una battaglia di civiltà. Noi lo abbiamo intervistato per conoscerlo meglio e per raccontarvi la sua sfida quotidiana.
Un’assurda escalation di violenza sanguinaria: da dove nasce?
“Un problema di inciviltà, di arretratezza culturale – esordisce Rizzi -. Nonostante nel tempo siano stati fatti passi avanti, c’è ancora tanto da fare. In molti casi gli animali vengono visti come degli oggetti. Negli ultimi due anni si è registrata una escalation assurda, gli episodi di barbarie sono aumentati esponenzialmente e questo deve far riflettere sotto tanti punti di vista. A mio modesto parere, anche sotto il profilo psicologico. Gli autori di queste truci torture hanno evidentemente qualcosa che non va, quindi le autorità preposte e le istituzioni devono lavorare di concerto e attenzionare queste vicende. Guardiamo l’esempio degli Stati Uniti, dove le violenze sugli animali sono seguite persino dall’FBI, mentre in Italia è chiaro che siano sottovalutate. Nel nostro Stato non è previsto neppure l’arresto: sebbene nell’articolo 544 ter. e bis. si parli di una pena detentiva massima di 2 anni, in carcere non ci va nessuno. Sotto la soglia minima di punibilità di 4 anni, tra condizionale con pena sospesa e benefici di legge, nessuno finisce dietro le sbarre. È pur vero che questi casi di maltrattamenti e uccisioni sono sempre esistiti ma negli ultimi 24 mesi, io che tutti i giorni mi occupo di ciò, attraversando l’intero suolo nazionale, sono testimone di un costante aumento. Soprattutto Sicilia e Sardegna sono le regioni più colpite dal fenomeno, ma il settentrione non ne è esente. Basti citare il ragazzo che ha massacrato il gatto della fidanzata solo perché ha scoperto che il micio le era stato donato dal suo ex. Uno degli ultimi episodi che ha avuto rilievo nazionale, e di cui anche ‘Le Iene’ se ne sono occupate approfonditamente”.
Serve il pugno duro delle istituzioni
“Se da una parte i giornalisti stanno facendo un ottimo lavoro di sensibilizzazione, a monte andrebbe fatta un’azione con il Governo. Questa tematica, come ad esempio quella riguardante la violenza sulle donne, non dovrebbe avere colori politici. Si parla di civiltà e di innocenti a cui infliggono sevizie e torture. La classe politica attuale fa tanti spot pubblicitari sui social ma nulla di concreto. Il vice Presidente del Consiglio Salvini, ogni volta che accade qualcosa di simile, si prodiga a fare post e condanne contro chi usa violenze, va bene, ma io vorrei che non si fermasse ai network e che finalizzasse l’azione a livello parlamentare. Si discute di implemento delle pene ma ad oggi non è cambiato nulla. Siamo fermi alla legge del 2004, sono passati 20 anni. Serve prevenire questi episodi. Sappiamo che è impossibile sconfiggere totalmente il problema, ma una pena esemplare potrebbe fungere da deterrente. Se un cittadino sapesse di poter finire dietro le sbarre per 5 anni, e doverli scontare realmente, magari ci penserebbe due volte su prima di commettere certi atti abominevoli”, continua l’animalista.
Così gli domandiamo se questo auspicato inasprimento delle leggi sia davvero possibile. Rizzi non le manda a dire: “La politica se vuole può fare tutto. Tanti partiti hanno presentato proposte di legge, si può discutere su quale sia più efficace o meno, ma di sicuro sono tutte migliorative rispetto a quella applicata attualmente. A mio avviso non c’è proprio la volontà di intervenire. Probabilmente le motivazioni sono tante, tra cui quella attualissima del sovraffollamento delle carceri. Ma qualcosa va fatto. Prendiamo il triste caso del cane Aron, il pitbull bruciato vivo, e quindi ucciso, da un pregiudicato. La Procura ha archiviato tutto in quanto il tizio avrebbe problemi di natura psichica. Capisco perfettamente che chi soffre di tali patologie non possa essere chiuso in carcere ma neppure è immaginabile che continui ad andare a spasso, libero di poter ancora fare del male ad un animale indifeso o anche ad una donna, un bambino. Possibile non ci sia una struttura adeguata a trattarlo? Personalmente quando sono stato a Palermo l’ho incontrato in un parco giochi con mezza tanica di benzina. Fortunatamente sono intervenuti i Carabinieri ma ad oggi è a piede libero. Si tratta di una situazione preoccupante, queste persone diventano pericolose anche con i loro simili e le istituzioni sottovalutano il problema”.
Gli chiediamo allora se nelle indagini funzioni allo stesso modo, ponendo l’esempio del gatto Leone: mesi e mesi dopo non c’è verso di sapere chi abbia scuoiato vivo e lasciato in preda ad un dolore terrificante, a sofferenze neppure lontanamente ponderabili, il gattino di Angri, poi tristemente deceduto in seguito ad un episodio troppo raccapricciante per un esserino così piccolo: “Idem, anche nelle indagini. Le varie Procure d’Italia – come ho appurato in oltre 10 anni di attività – nel 60% dei casi archiviano le denunce – afferma deciso l’attivista -. In quelle poche vicende dove si va a giudizio, i processi durano anni, ci sono rinvii continui, prescrizioni e gli autori delle nefandezze la fanno ancora franca! Spesso, poi, anche esporsi in prima persona è complicato per un cittadino. Chi denuncia rischia di sovente si essere a sua volta oggetto di querela, spende i propri soldi per spostarsi, per affrontare spese legali, subisce le lungaggini burocratiche per formalizzare la stessa denuncia ecc…senza contare che, neppure troppo di rado, va incontro a minacce e vessazioni”.
Lotta alle zoomafie
Un altro capitolo ignobile dell’intera vicenda. Ed Enrico lo conosce bene. Dal 2016, infatti, è sotto tutela da parte dello Stato per aver denunciato i fenomeni legati alla zoomafia, la criminalità organizzata che utilizza gli animali per il proprio business sanguinario, tra cui macellazioni abusive, corse clandestine e lotte tra cani. Ha avuto a che fare con pluripregiudicati, per cui la domanda è molto spontanea…Non ha paura? “Sì, certo, la paura è biologica. Ho subito tanti atti intimidatori pesanti: mi hanno distrutto la macchina, in Sicilia sono venuti a sparare dietro la porta di casa. Ho paura, ma bisogna andare avanti, combattere, altrimenti questa gentaglia continuerà a delinquere e a perpetrare brutture sugli animali, ad essere causa di morte e sofferenze”.
Sensibilizzare ed educare per prevenire
Con l’attivista conveniamo che per fare guerra a questa piaga sociale, i pilastri sono: prevenzione – attraverso la sensibilizzazione e l’educazione -, repressione – con pene più severe che fungano da efficace deterrente -, collaborazione tra cittadini, istituzioni e Forze dell’ordine. “Tante volte vado nelle scuole a parlare con i giovani e lo ritengo un atto fondamentale. Da ragazzi passiamo la maggior parte del tempo tra le mura scolastiche, è lì che ci formiamo, quindi per prima cosa mi attivo con campagne di educazione approfondendo la tematiche con le nuove generazioni, molto lavoro lo svolgo attraverso social, ma anche in piazza con tante manifestazioni. Ora ne faremo una a Bari dove un anziano impiccava i gatti perché lo infastidivano. In un paesino minuscolo ho raccolto oltre cento adesioni e per me questa è una bellissima vittoria. Con loro abbiamo deciso di non far cadere questo terribile fatto nel dimenticatoio e il 26 saremo in piazza. I primi di novembre andrò a Chioggia dove quel ragazzo ha ucciso in maniera brutale il micio della fidanzata…E voglio tornare sulla vicenda della capretta di Anagni: lasciando il fatto che sono andato a processo per aver leso l’onore e la reputazione del giovanotto di cui è uscito il nome e mi dovrò difendere, ma è sconvolgente che una Procura non faccia un’indagine sulla sparizione del corpo del reato. Il cadavere della capretta è scomparso e non si cerca di capire dove sia finito…non riesco a credere che non si faccia nulla. Di conseguenza è normale che un cittadino sia disilluso. La Procura aveva l’obbligo di capire chi avesse in custodia la carcassa. Faccio un appello al Gip di Frosinone che dovrà confermare o no la richiesta di archiviazione della Procura. Io spero in un segnale forte per tutti i cittadini, nell’affermare che i reati sugli animali non sono sottovalutati, che il caso non sia archiviato e che si faccia una nuova indagine per capire dove sia finita la capretta. Nel tempo ho avuto tantissimi animali in affidamento da Polizia di Stato, dai Carabinieri, dalle stesse Procure. Si ha una responsabilità altissima! Quello è il corpo del reato e fino a quando non viene dissequestrato è a disposizione dell’Autorità Giudiziaria. C’è una mole di documenti da firmare, ad esempio. Bisogna interrogarsi su ciò. Sono felice che il 22 ottobre ci saranno tantissime persone per esprimermi solidarietà fuori dal Tribunale di Frosinone in una manifestazione, gente indignata per il fatto: io mi dovrò difendere per aver condannato il gesto – e ribadisco che il nome in primis è stato lo stesso autore a farlo venire fuori postando i fatti sui social -, mentre lui non ha avuto problemi di sorta ed è tutelato dai suoi stessi genitori. Come il padre infastidito dalla giornalista de ‘Le Iene’ nel caso del servizio sul gatto massacrato a Chioggia e che, in maniera agghiacciante, continuava a prendersela con la cronista, salvaguardando il figlio. A questo punto, credo, che processi di responsabilizzazioni debbano partire in famiglia. Anche i genitori dovrebbero essere formati ed educati su queste tematiche, altrimenti passa il messaggio aberrante che tutto sia concesso e lecito. Per me chi compie viltà simili su animali, bambini, donne e anziani, deve essere messo alla gogna pubblica. Potrà non essere contemplato dalla legge ma, secondo il mio modo di vedere queste bassezze, i cittadini hanno il sacrosanto diritto di sapere chi è quella persona e decidere se escluderla dalla società in attesa che la giustizia faccia il suo corso”.
Il compito più alto di un uomo è difendere i più deboli
“Il compito più alto che ha un uomo è di proteggere i più deboli: gli animali sono nostri compagni di vita, sono esseri indifesi, innocenti, non conoscono cattiveria, rancore, invidia, vendetta. Stare dalla loro parte è la strada per vivere in un mondo più sano e civile. Se siete di fronte ad un episodio di violenza non esitate a denunciarlo, anche alle associazioni o alla gente come me che se ne occupa. La magistratura e la politica devono fare la loro parte, non possono fare campagne di sensibilizzazione ma poi lasciare soli nella realtà chi vuole agire concretamente! Continueremo a lavorare affinché accada”, conclude Enrico Rizzi, lasciandoci la speranza che davvero sia possibile una realtà migliore. D’altronde “Possiamo giudicare il cuore di un uomo già dal modo in cui tratta gli animali”, scriveva Immanuel Kant…