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Suicidi tra i giovani, è emergenza: aumentate del 200% le richieste di aiuto. Parla la psicoterapeuta

L'analisi della dottoressa Irene Ricci: "Più i fattori protettivi sono attivi, più è possibile contenere la situazione prima che precipiti"

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Un’escalation di dolore che sembra non trovare fine quella legata alle morti volontarie, soprattutto tra i giovani in provincia di Frosinone. Ieri sono stati celebrati i funerali dell’ultima vittima di questa assurda scia: Lorenzo Lazzari, 22enne di Alatri. Il giovane ha posto fine alla sua vita dopo il gesto estremo della fidanzatina di 16 anni, Elisa Scaccia, avvenuto lo scorso 4 giugno.

Un dramma che si sta consumando lentamente e quotidianamente in quasi tutta la provincia di Frosinone dove dall’8 di maggio ad oggi sono stati 9 i deceduti per gesti inconsulti. A tal proposito abbiamo ascoltato il parere della dottoressa Irene Ricci, psicologa clinica e psicoterapeuta.

“Nei servizi territoriali si è potuto assistere a un incremento del 200% di accessi e richieste di presa in carico di adolescenti. Il periodo del Covid19, con l’isolamento che ne è conseguito, ha fatto da cornice ed ha accelerato l’acuirsi di condizioni di disagio che, altrimenti, sarebbero potute restare latenti più a lungo, ma bisogna capire che ciò è diverso dal dire che è stato il Covid la causa del malessere giovanile. Le origini del problema vanno ricercate nelle situazioni specifiche, che prevalentemente attengono al singolo individuo. Spesso si tratta di quadri clinici non diagnosticati per tempo, con problemi sottovalutati e di conseguenza non trattati”.

“Epiloghi così tragici generalmente sono a conclusione di escalation del quadro non trattato e avvengono in concomitanza con fattori precipitanti: eventi traumatici o forti stress come lutti, fallimenti personali, crisi adolescenziali, familiari, scolastiche – conclude la dottoressa Ricci. Il modo di reagire varia a seconda del soggetto, motivo per cui a fronte di un evento simile alcuni reagiscono in modo proattivo, altri crollano. Ciò dipende da vari fattori, come la più o meno significativa vulnerabilità di fondo, la rete sociale, la famiglia. Più i fattori protettivi sono attivi e coordinati, più è possibile prevenire o più contenere la situazione prima che precipiti”.

La dottoressa Ricci


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