Presentato a Venezia 2013 e vincitore del premio alla regia nella sezione “Orizzonti”: questo il bigliettino da visita del lavoro di Uberto Pasolini, “Still Life”. Con tocco leggero ma poetico, in equilibrio non certo precario tra il dramma e la commedia, il nipote di Luchino Visconti torna con un piccolo gioiellino che racconta – con tanta emozione – tematiche non proprio facili, come la morte e il silenzio della solitudine.
La trama
John May è un funzionario comunale con il compito di ritrovare i parenti più prossimi alle persone decedute in totale solitudine. Al particolare impiegato, che si divide tra il lavoro svolto con zelo certosino e una routine programmata in maniera quasi ossessiva, viene affidato il caso di Billy Stoke, un alcolista morto vicino casa sua. Impegnato nella ricerca di informazioni su quest’ultimo uomo, May viene licenziato a causa di un ridimensionamento del proprio ufficio. Ma piano piano, grazie anche alla conoscenza della figlia di Stoke, John cercherà di scrollarsi di dosso il proprio mondo abitudinario e scoprire cosa sia la vita vera.
Poetico lirismo
Quando si è dimenticati ancor prima di morire, quando non c’è nessuno che si occupi di persone quasi invisibili, la solitudine è troppo assordante e la vita diventa quasi un sogno, descritto con poetico lirismo. Pasolini firma così una perla che colpirà i più, anche per l’interpretazione di un grandissimo Eddie Marsan, qui al suo primo ruolo da protagonista. Un uomo che dedica le sue energie a quei morti non reclamati, quei morti di cui nessuno ne soppesa l’importanza. Sospeso tra il dramma commovente e la commedia che strappa un dolce sorriso, Still Life è la messa in scena delicata e accorata di temi che fanno paura un po’ a tutti. È un inno alla vita, un richiamo al riscatto, narrato anche attraverso una fotografia malinconica e delle musiche che non sovrastano mai le emozioni; piuttosto le suggeriscono o le seguono con passo tenue e garbato. È un’opera sentita, questo sì, una celebrazione romantica di uno sguardo, un addio, un ultimo saluto, ma mai pesante. Niente incombe sullo spettatore. Nel suo minimalismo, non v’è nulla che risulti eccessivo. Sino all’ultima scena, di quelle che colpiscono dritto al cuore, al centro di ogni sentimento. Forse questa è la quella sfumatura un po’ “troppo” carica per un film che ha fatto dell’essenziale la sua cifra stilistica, ma siamo certi che in molti apprezzeranno anche questa piccolissima forzatura.
Dettagli
Titolo originale: id.
Regia: Uberto Pasolini
Cast: Eddie Marsan, Joanne Froggatt, Karen Drury, Andrew Buchan, Neil D’Souza, Paul Anderson, Tim Potter, Ciaran McIntyre
Sceneggiatura: Uberto Pasolini
Fotografia: Stefano Falivene
Montaggio: Tracy Granger, Gavin Buckley
Musiche: Rachel Portman