Stellantis Cassino, il dibattito strisciante sulla riconversione militare del sito e dell’indotto

L'ultima maniglia di un territorio marginale e in desertificazione industriale pare proprio sospesa sulla scelta tra disoccupazione e cannoni

Solamente per i piani europei, e limitatamente all’Italia, è stato valutato che gli investimenti per la difesa potrebbero arrivare a valere circa 18 miliardi di euro di prestiti. Senza contare le spese derivanti dall’adeguamento al 2% del Pil, come richiesto da Trump. In questo scenario Leonardo è l’asset centrale – oltretutto con capacità industriali limitate – e per questo sta concretizzando due joint venture: una con Rheinmetall, sede a Roma e proprietà paritetica tra italiani e tedeschi: partirà con una maxi commessa da 23 miliardi di euro in un orizzonte di 10-15 anni per produrre circa 280 carri armati e 1000 mezzi di fanteria leggeri per l’Esercito Italiano. L’altra joint venture è con i turchi di Baykar nei sistemi aerei senza pilota: la nuova società si rivolgerà ad un mercato europeo valutato in circa 100 miliardi di dollari nei prossimi 10 anni. Può salvarsi, inserendosi in questa spesa militare da vertigine, il settore automotive, a partire dall’indotto, ormai ridotto allo stremo dopo quattro anni di massacro sistematico e senza sosta portato avanti dalla proprietà francese di Stellantis (Eliseo e famiglia Peugeot con Elkann al seguito) e aggravato dalla crisi dell’elettrico?

Una domanda che si fa strada anche nel Cassinate dove lo stabilimento di Piedimonte San Germano è ridotto ad essere la spettrale rappresentazione di quel che è stato per 50 anni: mezzo stabilimento desertificato con capannoni abbandonati e perfino la palazzina uffici messa in mostra sulla bacheca delle agenzie immobiliari. L’occupazione diretta è stata dimezzata dai tempi di Marchionne ad oggi: da 4300 a 2400 lavoratori. Sono in contratto di solidarietà 700 persone che restano fisse a casa anche quando lo stabilimento è in funzione. Del totale dei dipendenti, 1200 sono gli addetti a presse e plastica che lavorano anche per altri stabilimenti del gruppo. Quanto alla produzione diretta dei modelli cassinati – Alfa Stelvio, Alfa Giulia e Maserati Grecale – in carrozzeria restano 1300 dipendenti mentre, settimanalmente quando si accendono le linee, in officina va solo il 50% di questa forza lavoro. Siamo, insomma, ai titoli di coda qualunque cosa dicano i top manager Stellantis ed il governo italiano.

Di Traglia (Fiom-Cgil): non si passa dalle automobili ai carrarmati

I sindacati non ne discutono ufficialmente ma il dibattito si fa sempre più pressante: cercarsi un altro lavoro o sperare nelle armi? Brutta cosa a dirsi ma il lavoro che manca, intanto, fa saltare i nervi e impoverisce le famiglie. “Non si passa dalle auto ai carrarmati”: scandisce senza esitazione Andrea Di Traglia, segretario generale della Fiom-Cgil che nega come nel futuro dello stabilimento Stellantis di Piedimonte San Germano possa esserci l’adeguamento delle linee alle esigenze della Difesa. “Lo escludo – aggiunge – anche perché le ultime notizie che giungono dall’Europa parlano di investimenti e finanziamenti per il settore automotive. Risposte destinate non alla corsa al riarmo ma all’industria del settore. Era quanto abbiamo chiesto a Bruxelles, il 5 febbraio scorso, quando metalmeccanici e chimici hanno sollecitato interventi a sostegno dei comparti manifatturieri”. Di Traglia è convinto che non sarà una riconversione a salvare il sito cassinate, “ma investimenti ed un piano industriale vero. Non quello degli annunci che abbiamo ascoltato anche al ministero del made in Italy. Un altro tavolo ministeriale è convocato per il 14 marzo – aggiunge il segretario Fiom – e non è disinvestendo e desertificando industrialmente il territorio che ci salviamo. Servono soldi sull’automotive e non sui tank”.

Andrea Di Traglia, segretario Fiom-Cgil

Marsella (Fim-Cisl): urge confronto serio contro l’emorragia di lavoro

Eppure il ministro Adolfo Urso di questa prospettiva militare inizia a parlare apertamente, almeno per l’indotto auto, e tocca non a caso i due comparti su cui sta investendo Leonardo. “Anche se Stellantis con il piano Italia sta rispettando gli impegni e non chiuderà stabilimenti nel nostro Paese, una parte del comparto automotive dovrà riconvertirsi e due settori di sbocco sono l’aerospazio e la difesa”, ha dichiarato ai microfoni di Sky Tg24 Economia. Il segretario della Fim-Cisl provinciale, Mirko Marsella, invita tutti ad essere concreti: “Già da qualche anno perdiamo giovani che vanno via dal territorio, dalla provincia di Frosinone e dal Lazio. Il confronto sul fa farsi serve ed è urgente – afferma -. Oggi gli investimenti importanti li stanno facendo nella difesa e nell’aerospazio. Sul territorio il lavoro diminuisce e va fatto un ragionamento puntuale su come portare nel Lazio meridionale investimenti diversi da quelli di Stellantis”.

Mirko Marsella, segretario Fim-Cisl

Il segretario Fim-Cisl ribadisce, ovviamente, che prima di tutto ed in ogni caso occorre “difendere lo stabilimento e l’indotto, nonostante tutte le difficoltà che conosciamo da anni. Sappiamo anche che il 2025 sarà pieno di sacrifici per i lavoratori del sito e dell’indotto. L’ibrido – aggiunge e precisa – non è la soluzione definitiva ma aiuta con le vendite. L’elettrico non decolla. Versioni ibride potranno arrivare non prima della fine del 2026: i modelli in uscita già erano progettati e serve una revisione per l’endotermico. Ma di certo, a prescindere dalla motorizzazione, i numeri sono destinati a restare limitati. Ripeto, è necessaria una riflessione seria su quali imprese attrarre nel territorio. Restare solo agganciati all’automotive significa rassegnarsi ad un mercato destinato a restare ingolfato per anni. Nel frattempo continueremo a perdere lavoratori e non ci sarà possibilità per le nuove generazioni per costruire a casa loro un futuro dignitoso”.

D’Avino (Uilm-Uil): ora risposte immediate, elettrico ko e ibrido lontano

Gennaro D’Avino, segretario della Uilm-Uil ammette: “Ad oggi se ne sta parlando di industria militare. Certo che, in queste condizioni, uno si aggrappa ad ogni possibilità per salvarsi. Del resto Cassino ha bisogno di risposte e non può perdere altro tempo. Se continuiamo a pensare solo all’elettrico è la fine. Cassino ha bisogno dell’ibrido il prima possibile: perché parliamo di un tessuto produttivo in piena emergenza”. Le indiscrezioni parlano dell’ibrido a Piedimonte non prima del 2028 ma è un tempo troppo lungo per sopravvivere con volumi e livelli occupazionali ai minimi di sempre. Lunedì 10 marzo ripartirà lo stabilimento, dopo un lunghissimo stop, iniziato il 9 dicembre dello scorso anno. Quanto al 2025 su 58 giorni lavorativi disponibili, le catene produttive sono state attive a turno unico solo per 13 giorni. “Ma – avverte D’Avino – è una ripresa per modo di dire: si rifermeranno subito la lastratura e la verniciatura. Ci sarà lavoro per tre settimane. Si continua a parlare del mercato che detta i ritmi produttivi ma tutti sanno bene che quel che vediamo è il risultato di scelte scellerate, legate alle decisioni di chi ha creduto che l’elettrico avrebbe potuto salvare tutto. La verità è, invece, che questa transizione può salvare il mondo ma non il comparto automotive. Non abbiamo il tempo per aspettare l’ibrido nel 2028, speriamo che lo anticipino con la nuova Giulia che dovrebbe uscire nel primo trimestre 2026. Intanto la nuova Stelvio a settembre sarà interamente elettrica”, allarga le braccia.

Gennaro D’Avino, segretario Uilm-Uil

Gerardo Minotti (Uglm): chance difesa per l’indotto, aspettiamo il Mimit

“Di riconversione a fini militari si parla soprattutto per l’indotto, almeno al momento – sostiene Gerardo Minotti, segretario dell’Ugl Metalmeccanici della provincia -. Ma per saperne di più bisogna ascoltare quel che verrà detto al tavolo automotive della prossima settimana al ministero del made in Italy. Certo se qualcuno avesse ascoltato anche la voce dell’Ugl, quattro anni fa, sulla necessità di mantenere l’ibrido a prescindere dalle versioni elettriche, forse non ci ritroveremmo oggi a Piedimonte in condizioni così preoccupanti”.

Gerardo Minotti, segretario Ugl Metalmecanici

Intanto il governo ha messo a disposizione quest’anno 250 milioni per aiutare le imprese della filiera a riconvertirsi verso l’aerospazio e la difesa: lo ripete Urso tanto per far capire che – nonostante la Quaresima – non serve pregare: Parigi non vale una messa. Mentre Roberto Cingolani, ceo di Leonardo, precisa che “al momento non abbiamo alcuna discussione in corso con costruttori automobilistici. E’ troppo presto. Ma se c’è un aumento della spesa in difesa che è sostanziale e se si immagina che gli ordini aumentino del 50-60%, allora bisogna fare delle scelte”. L’ultima maniglia di un territorio marginale e in desertificazione industriale come il Sud Lazio, in quest’Italia confusa e decadente, pare proprio sospesa sulla scelta tra disoccupazione e cannoni.

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Stefano Di Scanno
Stefano Di Scanno
Giornalista Professionista

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