Stellantis Cassino, ammortizzatori in scadenza: i sindacati s’aggrappano ad altra cig in deroga

Tempi più lunghi per l'uscita delle nuove Stelvio e Giulia. In arrivo versioni ibride. Intanto via il motore a benzina dai modelli attuali

Dopo le indiscrezioni è arrivata la conferma che i tempi per il lancio di nuovi modelli previsti per lo stabilimento di Piedimonte San Germano si allungano. Santo Ficili, il ceo Alfa Romeo, ha dichiarato a “Italpassion”, che “il futuro piano di prodotto prevede il lancio globale del nuovo Stelvio nel 2025 e il lancio commerciale nel 2026”. Non viene menzionata l’Alfa Romeo Giulia ma è probabile che anche la nuova versione “peugeottizzata” della berlina possa subire la stessa sorte della Stelvio, con un lancio nel 2026 e una messa in commercio solo nel 2027. Il tutto mentre gli ammortizzatori sociali sono in scadenza e c’è tempo fino al 25 aprile per firmare un accordo tra le parti sociali per erogare altra cassa integrazione in deroga: ultimo “salvagente” rimasto a lavoratori e famiglie stremati da un decadimento produttivo ed occupazionale infinito e senza spiragli.

Santo Ficili

“Abbiamo la possibilità di rinnovare la cassa ma non basta per il salario dei dipendenti – commenta Mirko Marsella, segretario provinciale della Fim-Cisl -. Stiamo assistendo ad una crisi perenne ed è giusto iniziare a parlare di un’integrazione per i lavoratori del settore. Le famiglie non ce la fanno ad andare avanti. Il 2024 è stato l’anno record in negativo, oggi è assurdo che dobbiamo sperare che non vada pure peggio in questo 2025″. Marsella – che come la Cisl nazionale – non chiude le porte a nuovi investimenti sul territorio anche per il comparto difesa – però ribadisce che “occorre difendere l’esistente. L’automotive non è finito. Un conto è parlare di riconversione degli stabilimenti esistenti. Un conto di opportunità. Dobbiamo difendere gli stabilimenti italiani e far crescere i volumi. Poi è chiaro che ci sono forti investimenti su un altro settore e va colta l’opportunità in territori come il nostro ma senza danneggiare o compromettere l’automotive. Mi spiego meglio – precisa Marsella -: se qualcuno intende riconvertire siti produttivi da automotive a difesa dietro c’è un lavoro di anni e non di qualche mese. Non vorrei che ci si concentri su questo aspetto per non concludere niente e azzerare le aziende che oggi esistono e che hanno competenze. Quindi è giusto difendere il settore auto. Resta la preoccupazione perché i tempi si allungano e possiamo parlare solo di cassa in deroga. Non è una gran cosa, anzi”. L’allungamento dei tempi rende ancora più drammatica anche la situazione dell’indotto rimasto senza commesse: alla ribalta sono saliti i casi di Atlas e Iscot, con contratti in scadenza e posti di lavoro in bilico.

Mirko Marsella

Marsella: basta record negativi. Di Traglia: l’azienda integri il reddito

“Chiaro che la proposta di Stellantis di cui abbiamo preso atto a fine dicembre – dichiara Andrea Di Traglia, segretario generale Fiom-Cgil Frosinone-Latina – va incrementata in termini di offerta di modelli. Voglio ricordare che la nostra piattaforma Stla Large è modulare e può ospitare vetture di segmento minore. Lo dico in quanto il segmento C garantirebbe volumi in grado di saturare lo stabilimento. Nel frattempo aggiungo che è importante agire adesso, con gli ammortizzatori sociali in scadenza. È, infatti, in atto una raccolta di firma da parte della Fiom tra lavoratrici e lavoratori per chiedere a Stellantis, ma rivolgengoci anche alle istituzioni fino alla Regione, una integrazione al reddito che, essendo in regime di solidarietà, oggi fa pagare ai lavoratori la crisi a livello retributivo con una riduzione al 65% dei salari. Se la ripresa paventata sarà lunga, come appare oggi, ricadrà tutta sui lavoratori e Stellantis deve prendere atto di questo, assumersi la responsabilità e venire incontro a quelle che sono le esigenze primarie legate al reddito. Da questo deriva il futuro industriale ed economico del territorio. Senza contare le conseguenze su indotto e componentistica”.

Il ceo Alfa conferma lo slittamento: nuova Stelvio in commercio nel 2026

Intanto quanto alle produzioni dei vecchi modelli – che proseguiranno quest’anno a differenza di quanto era previsto – c’è lo stop alle motorizzazioni a benzina per Alfa Romeo Giulia e Stelvio: verrà bloccata l’ordinabilità della Giulia Quadrifoglio al 31 marzo, della Stelvio Quadrifoglio al 30 aprile. Dopo l’uscita di scena dei motori a benzina, Alfa Romeo Giulia e Stelvio saranno disponibili esclusivamente in versione 2.2 diesel con potenze da 160 e 210 cavalli. Quanto alle nuove Stelvio e Giulia – inizialmente previste solamente in versione elettrica – si apprende che saranno offerte pure con motorizzazioni ibride. Questo sarà possibile grazie all’utilizzo della piattaforma Stla Large che è multienergia e che, perciò, supporta diverse opzioni di motorizzazioni. Peraltro l’architettura dei francesi farà crescere anche le dimensioni dei nuovi modelli: Stelvio e Giulia sono oggi rispettivamente lunghe 469 e 464 centimetri. Passeranno a 4.764 ed a 5.126 centimetri. L’ibridazione – basata su un motore 1.6 prodotto in Ungheria – potrebbe peraltro arrivare mesi dopo l’uscita in commercio delle versioni a batteria.

Elkann in Parlamento per dire cose già note e riappacificarsi con Meloni

Intanto il presidente di Stellantis, John Elkann, viene ascoltato domani – 19 marzo – alle Commissioni riunite di Camera e Senato, con una presenza nei palazzi del governo italiano che dovrebbe anche sottolineare la distensione tra i vertici del gruppo francese ed il governo Meloni. C’è poi in via di redazione un piano di riconversione di pezzi dell’industria automobilistica nelle produzioni per la difesa: potrebbe essere contenuto già in «Made in Italy 2030», il piano di strategia industriale che Palazzo Chigi dovrebbe presentare il prossimo giugno. Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha detto di aspettarsi “che il presidente Elkann illustri in Parlamento, nel luogo più appropriato, quello che Stellantis ci ha presentato al tavolo del 17 dicembre, cioè il nuovo piano industriale definito Piano Italia, che dimostri sia per gli investimenti, sia per i modelli produttivi che saranno realizzati e tutto il resto che dimostri come ci sia un nuovo corso in cui sia centrale il ruolo degli stabilimenti italiani in questo grande processo”.

Il governo lavora ad un piano industriale con riconversioni verso la difesa

Ma Urso, in un’intervista ad un quotidiano, ha anche sottolineato come «le collaborazioni e le affinità tra produzioni auto e difesa-aerospazio si sono sviluppate da anni e offrono grandi opportunità di crescita per la componentistica e le lavorazioni meccaniche». Insomma, secondo l’esponente del governo Meloni, convertire la produzione potrebbe essere un processo non traumatico e in grado di salvaguardare migliaia di posti di lavoro a rischio in caso di collasso del comparto auto. (…) Un microchip già adesso può servire per un’auto o per un satellite. La scheda elettronica funziona sia in un veicolo urbano sia in un elicottero. Il cingolato muove un trattore come un blindato che tutela i nostri militari in Libano», ha sintetizzato Urso.

Appendino: con la scusa delle armi si rischia di smantellare l’automotive

Una strategia che pare essere già nelle cose. il governo «non rinnoverà più l’ecobonus su scala nazionale», ossia niente più incentivi per l’acquisto di automobili. È, invece, orientato ad erogare incentivi alle aziende che decideranno di ri-orientare la produzione verso settori come la difesa e l’aerospazio. Chiara Appendino (M5S), già sindaca di Torino e quindi una che di automotive ne conosce per esperienza amministrativa diretta, ha concluso: “Con la scusa di salvaguardare i posti di lavoro il ministro Urso sta pensando a un piano di riconversione che non sarebbe altro che la pietra tombale per la nostra economia e il settore dell’automotive”. La Fiom-Cgil resta sul pezzo e non vuol sentire parlare di armi: “Da Elkann in Parlamento ci aspettiamo che vengano confermate le cose dette dal responsabile Europa Jean Philippe Imparato lo scorso 17 dicembre al Mimit”, quando è stato presentato il Piano Italia, “ci aspettiamo che quanto promesso sia implementato”. Lo ha detto Samuele Lodi, segretario nazionale Fiom-Cgil. “A dicembre sono state dette cose anche importanti, ma la verità è che servono più modelli. I miliardi che si è detto saranno investiti in Italia non sono sufficienti”, ha detto l’esponente Fiom.

Samuele Lodi
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Stefano Di Scanno
Stefano Di Scanno
Giornalista Professionista

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