Quante volte al bar al momento di dolcificare il tè o il caffè abbiamo sentito chiedere al barista “Per favore può darmi lo zucchero di canna? È migliore di quello bianco”. In realtà, mentre lo zucchero bianco contiene solo saccarosio, quello bruno contiene anche qualche residuo di melassa (tra l’1-5% a seconda dei tipi di zucchero grezzo in commercio) che gli dà un aroma un po’ diverso. Il saccarosio, può essere estratto sia dalla canna da zucchero che dalla barbabietola da zucchero.
La molecola estratta è esattamente la stessa, ma diversi sono i residui e le impurezze che, prima della raffinazione finale, sono ancora presenti nel prodotto grezzo e che alla fine rimangono nella melassa. I residui della barbabietola non sono molto gradevoli e per questo il saccarosio derivante da essa viene completamente purificato. Quelli presenti nella canna da zucchero, invece, sono apprezzabili al palato. Lo zucchero di canna quindi può subire vari livelli di raffinazione e portare a prodotti leggermente diversi, che vanno dallo zucchero bianco, identico a quello di barbabietola, a prodotti più scuri.
Il processo industriale al quale viene sottoposto lo zucchero, sia di canna che di barbabietola, per diventare bianco non danneggia il prodotto, estraendo solo il saccarosio dalle impurità presenti nella melassa. Nella melassa, presente nello zucchero di canna non completamente raffinato, sono presenti, alcuni minerali e vitamine, ma poiché la quantità di zucchero da assumere giornalmente è molto bassa, non è possibile attribuire a queste sostanze dei benefici per l’organismo. In definitiva, dal momento che la composizione chimica è molto simile, l’impatto metabolico dello zucchero di canna non è diverso da quello dello zucchero di barbabietola.
Un discorso a parte merita lo zucchero integrale di canna, per ottener il quale, il processo di raffinazione non viene applicato per nulla o soltanto nelle fasi iniziali. Esso contiene una minore percentuale di saccarosio e una maggiore concentrazione di minerali e vitamine; ha, inoltre, un minore valore calorico. Tuttavia, è ridotto anche il potere dolcificante; ciò comporta il rischio fondato che per avere lo stesso livello di ‘dolcezza’ se ne usi una quantità maggiore, di fatto vanificando il potenziale vantaggio. – Fonte ISS Salute.