Rifiuti-gate, l’accollo delle discariche e l’operazione Remat: il lato “oscuro” del sistema

Poca trasparenza e l'unica certezza sono i costi che ricadano sui cittadini. Tutti i buffi misteri del sistema dei rifiuti in provincia

Rifiuti-Gate – Che Saf e la filiera del trattamento dei rifiuti urbani siano un sistema autoreferenziale lo si deduce andando sul sito istituzionale della Società Ambiente Frosinone, dove la trasparenza delle scelte adottate – a parte la possibilità di leggersi i vecchi bilanci – è una pia aspirazione senza riscontri. Gli ultimi comunicati stampa, ad esempio, riguardano due scioperi generali, l’avviso di conferimento di 4 incarichi nell’organismo di vigilanza e le festività dello scorso dicembre. Insomma chi volesse sapere delle famose tariffe o di cosa effettivamente fanno gli organi amministrativi dell’ente, magari anche a quanto ammontano gli stipendi degli amministratori e delle figure apicali, si deve mettere l’anima in pace. Sono informazioni che restano coperte non si capisce da quale grado di riservatezza, essendo tutti i protagonisti di questa vicenda impegnati nel gestire strutture pubbliche, alimentate dal denaro dei contribuenti. Del resto un rompicapo pressoché insuperabile è accedere a determine e delibere della Provincia di Frosinone, figurarsi agli atti degli enti partecipati. LEGGI LA PUNTATA PRECEDENTE.

Un secondo elemento riguarda l’informazione: le notizie che contano, su tariffe, conguagli, operazioni societarie come quelle relative al biodigestore di Anagni, piuttosto che all’intesa con le società Saxa di Borgomeo, o a quella che ha dato vita alla Remat di San Giorgio a Liri, passando per l’acquisto della discarica dei Panaccioni, o non vengono proprio spiegate all’opinione pubblica o vengono illustrate solo per il tramite di determinati organi giornalistici. Alcuni sindaci ammettono di apprendere le notizie più significative da alcuni mass media invece che da comunicazioni Saf o comunque contatti diretti con la società.

Terzo elemento a cui fare attenzione è quello delle assemblee con maggioranze bulgare che approvano tutto quello che i consigli di amministrazione, insediati e in qualche modo guidati dai capi politici, stabiliscono che debba essere adottato. Perché il vero mistero buffo del sistema dei rifiuti è che i sindaci ne sono i padroni e responsabili ma appaiono in gran parte capaci solo di subirne gli effetti, per poi scaricarli inevitabilmente sui propri amministrati in termini di aggravio dei costi da coprire con la Tari.

Molti primi cittadini, per la verità, evitano preventivamente di dare l’impressione di voler opporre qualsiasi resistenza pur fondata sulla ragionevolezza che, come noto, alimenta la sana frequentazione del dubbio: si adeguano subito al sistema autoreferenziale e cercano, anzi, di ottenerne qualche beneficio. Ma l’andazzo è noto e soprattutto triste. L’assemblea che ha approvato il bilancio 2022, in cui i revisori hanno dichiarato l’esistenza del rischio finanziario, ad esempio, ha visto 59 voti favorevoli e 13 astenuti. Nessun contrario. Chi dissente, insomma, preferisce starsene nel suo ufficio in municipio.

L’accollo delle discariche esaurite e inquinanti

Eppure di operazioni opinabili ne sono state fatte, come l’ampliamento consistente nel tempo della pianta organica dell’impianto oggi giunta a 101 dipendenti (4 quadri, 25 impiegati, 72 operai con contratto a tempo indeterminato). Ma sicuramente singolari appaiono altre scelte come l’accollo delle discariche esaurite e inquinanti come quella dei Panaccioni di Cassino. Quest’ultima, tanto per dare un’idea, è costata al contribuente circa 725mila euro. Indimenticabile che Saf, con gran diffusione di comunicati stampa e grancasse mediatiche, nell’esercizio 2022 abbia acquisito una quota di partecipazione della società Energia Anagni S.r.l., con sede a Osteria della Fontana, pari al 20% del capitale sociale, ossia a 2.000 euro (avete letto bene, duemila). Il fatto è che quella società era partecipata da A2a (55%) che avrebbe messo in campo le competenze industriali necessarie. Poi c’erano i soci minori: Saxa Gres dell’imprenditore Borgomeo al 25% e la Saf, appunto. Il 21 dicembre 2023 la società A2A ha ceduto le quote di maggioranza in suo possesso della società Energia Anagni. Così il colosso del settore che ha proposto il progetto di biodigestore di 84mila tonnellate l’anno, ha liquidato in favore di Francesco Borgomeo il suo 55% al prezzo di soli 5.500,00 euro (sì, cinquemilacinquecento). Può davvero andare avanti la fantastica (si fa per dire) operazione biodigestore senza le garanzie tecniche fornite da una multiutility nata dalle Province di Brescia e di Milano, con 13mila dipendenti e 23 miliardi di fatturato? La risposta ovviamente dovrebbe far venire qualche brivido ai sindaci e soci della Saf o, perlomeno, consigliare di frequentare con minore spensieratezza le sussiegose assemblee dei soci.

L’operazione Remat

Un ulteriore dubbio arriva quando Saf mette in piedi l’operazione Remat, vale a dire dà vita alla società di San Giorgio a Liri di recupero plastica e materiali affini. Si tratta di una new company realizzata insieme ai gruppi Ing.Am e Sav.No S.p.A: “due grandi colossi italiani del settore ambientale per lo smaltimento dei rifiuti e leader per la gestione del sistema integrato dei rifiuti”. Per far cosa? Il comunicato del febbraio 2023 sostiene: “La sfida della newco sarà proprio quella di intercettare il sistema ideale da applicare a livello territoriale per migliorare i livelli di RD e fornire ai comuni servizi moderni, efficienti ed eco-sostenibili. Il piano d’azione e di investimenti è stato frutto di un percorso sostenibile che ha approfondito tutte le strategie implementate nella provincia di Frosinone, sia per assicurare a SAF una prospettiva di crescita imprenditoriale, sia per migliorare i servizi per i comuni soci”.

Insomma Provincia e Comuni diventano imprenditori che vanno a pescare in un mercato dove esistono già tre aziende attive, che danno lavoro a circa 150 dipendenti, in un settore che in provincia di Frosinone vale 7 milioni di euro l’anno. Non una cosa da business enorme o in cui ci sia necessità di coprire spazi, ma quel che basta ai privati per svolgere il servizio con i profitti aziendali legittimi, senza lasciare in giro plastiche e metalli e assicurando che un po’ di famiglie costruiscano stabilmente la loro vita. Ora, perché mai i sindaci si mettono in testa di diventare concorrenti di imprese private specializzate, in un settore che non ha bisogno certo della mano pubblica per funzionare, essendo strutturato con realtà che – per di più – non si ritrovano certo con gli stessi problemi finanziari della Saf?

Una affermazione che suona come una risposta la dà lo stesso presidente Fabio De Angelis nell’ultima intervista rilasciata. Spiega: “La soluzione non è solo la discarica”, esordio che ci farebbe intuire che trovando un impianto in provincia le tariffe verrebbero tagliate. Magari, meglio Cerreto perché è proprio attaccato alla Saf. Il seguito è più sorprendente: “Ai Comuni presenteremo soluzioni alternative per ridurre i costi. Ad esempio migliorando il nostro Css-Cdr avremo la possibilità di abbattere il costo di conferimento ai termovalorizzatori”.

Domandine: perché si continua a produrre un Css-Cdr evidentemente di non adeguata qualità? La fabbrica di materiali di San Giorgio a Liri contribuirà a questa strategia per abbassare le spese? E quanto farà risparmiare a noi contribuenti? (…La saga continua). QUI la prima puntata; QUI la seconda; QUI la terza.

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Stefano Di Scanno
Stefano Di Scanno
Giornalista Professionista

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