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‘Pulp. Una storia del XX secolo’ : il tragico e surreale testamento di Charles Bukowski

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Depresso, appesantito da una pancia ingombrante, il conto in rosso, i creditori sempre alle porte, tre matrimoni alle spalle, Nick Belane è un detective, “il più dritto detective di Los Angeles”. Bukowski gioca con un vecchio stereotipo e vi aggiunge la sua filosofia di lucido beone, il suo esistenzialismo da taverna e un pizzico di cupa, autentica disperazione. I bar, le episodiche considerazioni sul destino, il cinismo, l’ormai sbiadito demone del sesso, il fallimento professionale ed esistenziale, insieme alle mere invenzioni narrative, diventano il “pulp” del titolo.

Lontano dalle atmosfere tenebrose delle ordinarie follie, il testamento spirituale di uno scrittore che non ha mai esitato a immergersi nel degrado della società contemporanea). ‘Pulp. Una storia del XX secolo’ è l’ultimo romanzo di Charles Bukowski ed è stato pubblicato postumo nel 1994. Il romanzo mutua il titolo dal genere “pulp” proprio dei Pulp magazine, narra le grottesche storie in qualche modo collegate, come quelle che vedono come protagonisti lo scrittore francese Louis-Ferdinand Céline e l’elusivo Red Sparrow.

Signora Morte, tu chi sei?

Vite abusate, uomini-spugna, esistenzialismo quotidiano ed esplicito, tormenti, depressione torbida sono gli elementi che Bukowski fonde per redigere un’opera che tutt’oggi è difficile superare. Il detective Nick Belane è gravato da mille problemi: bancarotte economiche e sentimentali, situazioni sconclusionate, schifo routinario. Nonostante tutto la spiritosaggine è palpabile, mentre si schernisce la morte e si esorcizza la paura di vivere. Degenerazione e decadenza, eccesso e marciume della società globalizzata sono analizzati con uno sguardo empirico, non distaccato né accusatorio. Rude e terribilmente realista. La forza poetica di Bukowski ci costringe a distruggere gli stereotipi che ci cuciamo addosso nell’arco della nostra esistenza. Charles li frantuma uno dopo l’altro. La storia è esilarante e grottesca. La signora Morte è protagonista indiscussa di questo racconto allucinante e allucinato, ma dovrà fare i conti con un’altra signora dalle origini misteriose…

Un investigatore improbabile…ma forse il più ‘dritto’ di L.A.

Nick Belane non conduce uno stile di vita invidiabile, giocatore d’azzardo sfortunato, amante dell’alcol, in sovrappeso e solo come un cane. Più o meno come il suo creatore. Pur essendo un investigatore ormai in decadenza fisica e psicologica, riesce sempre a tirarsi fuori con successo da situazioni pericolose, usando la forza e l’ingegno di un vero detective e stupendo anche il lettore con qualche uscita brillante e inaspettata. Schietto e diretto, usa un linguaggio piuttosto crudo e ricco di parolacce. Nell’intricata rete dei vari casi che si intrecciano, lui si barcamena tra un bar, motel e locali vari, nel vano tentativo di sfuggire agli impegni presi, confuso e deciso sul da farsi allo stesso tempo. Nel frattempo c’è anche spazio per fraintendimenti, supposizioni errate, pedinamenti malriusciti e risse, segni di una ricerca di risposte fatta allo sbaraglio sulla base di intuizioni random che fluttuano nella mente di Nick, talvolta senza connessione. Un’avventura con una conclusione a sorpresa…

Testamento surreale

Henry Chinasky ha ceduto il testimone a Nick Belane. L’alter ego di quasi tutta la sua produzione letteraria ha lasciato spazio ad un nuovo alter ego, forse il più intimo e definitivo di sempre. ‘Pulp’ è stata l’ultimissima opera scritta da Bukowski prima della sua morte, causata da una leucemia fulminante. Un romanzo forse nato – o quantomeno mi piace pensarla così – dalla necessità di esorcizzare, metabolizzare e accettare la fine imminente, l’addio ad un mondo ed una civiltà che forse l’autore ha amato a tal punto da non accettarne le infinite storpiature. Toccante, profondo questo significato, una sorta di testamento. Un lascito nel suo personalissimo stile, sempre paradossale, senza filtri, infarcito di quelle volgarità che strappano una risata.

L’ultimo, tragico capolavoro

“Che cosa è troppo orribile, Jeannie? La Terra. Lo smog, gli assassini, l’aria avvelenata, l’acqua avvelenata, il cibo avvelenato, l’odio, la mancanza di speranza, tutto. Sulla Terra l’unica cosa bella sono gli animali, e stanno eliminando anche loro, presto scompariranno tutti, tranne i topi e i cavalli da corsa. È molto triste, non c’è da meravigliarsi, se bevi tanto”.

‘Pulp’, nonostante i connotati ampiamente comici, è attraversato totalmente da una vena tragica che rammenta come la morte sia perennemente in agguato. L’autore affronta un tema delicato come la mortalità e la comune paura ricollegatavi alternando toni ilari a toni più solenni e seriosi, evitando di cadere nel patetico e di ammorbare, ed è in questo che probabilmente si cela la grandezza maggiore del libro; in questo prendersi sul serio senza mai volerlo fare fino in fondo. Dunque, per quanto il libro si distingua nettamente dal resto della produzione, lo stile e il modo di narrare rimangono quelle tipiche del famoso scrittore americano. Il punto di rottura maggiore è sicuramente il cambio di protagonista, ma possono ben consolarsi tutti coloro che hanno amato Henry Chinaski, perché in realtà egli non è assente bensì menzionato attraverso rapide incursioni che per quanto marginali rimangono indelebili per l’insito sarcasmo. Una scelta curiosa ma che indubbiamente consacra Henry Chinaski per l’eterno.

Oggi – purtroppo – l’autore americano viene letto approssimativamente, viene erroneamente etichettato come passatempo adolescenziale, eppure la sua scrittura è profonda proprio perché è semplice e diretta. Consigliato? Assolutamente sì. Agli estimatori del realismo sporco e del dissacrante autore così come a chi ha bisogno di ricredersi.

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