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Processo Mollicone: “Serena non è morta in caserma”, in aula il consulente dei Mottola

Arce - Carmelo Lavorino fornisce una versione diversa da quella dell'accusa. Il 22 febbraio il confronto con i Ris

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“Serena Mollicone, era alta 1,55. Il segno sulla porta della stazione dei carabinieri è a una distanza da terra di 1,54. Non può essere stata la porta a determinarne la morte”. Così ha spiegato il criminologo Carmelo Lavorino, consulente della difesa della famiglia Mottola, ascoltato in aula nell’ambito del processo, davanti alla Corte d’Assise d’Appello di Roma, per l’omicidio della ragazza di Arce avvenuto nel 2001.

Il professor Lavorino ha aggiunto che “c’è una disparità evidente tra l’altezza di Serena e la frattura nella porta. La dottoressa Cattaneo del Labanof di Milano dice che la frattura sulla porta è all’altezza di 1,54 da terra e che ciò coincide con l’altezza approssimativa di Serena che sarebbe stata sbattuta contro la porta. Noi diciamo che non è possibile, che non può essere vero che una ragazza come Serena alta 1.55, anche se spinta, possa aver procurato una frattura, rimanendo peraltro ferita sull’arcata sopraccigliare che è più in basso, nella porta a un’altezza di 1,54”.

Il consulente, che compone il pool della difesa dei tre membri della famiglia Mottola finiti sotto processo con l’accusa di omicidio volontario e occultamento di cadavere – parliamo dell’ex comandante della caserma dei carabinieri di Arce, il maresciallo Franco Mottola, della moglie Anna Maria e del figlio Marco – tornerà dinanzi alla Corte il prossimo 22 febbraio quando verrà messo a confronto con i carabinieri del Ris che hanno svolto gli accertamenti tecnico-scientifici nella caserma di Arce.

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