Ha rotto il silenzio dopo 16 anni. Marco Malnati, amico e compare del brigadiere Santino Tuzi, ieri in aula a Roma, nel corso del processo di secondo grado per l’omicidio di Serena Mollicone, la diciottenne di Arce assassinata nel 2001, inaspettatamente ha deciso di riferire alla Corte quando gli confidò il brigadiere dei carabinieri qualche giorno prima di togliersi la vita con un colpo di pistola al petto.
“Santino mi disse che lui aveva visto Serena entrare in caserma e non l’aveva più vista uscire. Me lo disse tra il 2007 e il 2008 – ha aggiunto – era in un bar, dove andavamo”. Alla domanda sul motivo per cui non era stato così preciso in un precedente confronto Malnati ha risposto: “Avevo paura, ma adesso le figlie sono grandi…”. “Prima non avevo parlato per paura, ma adesso se mi devono ammazzare lo facessero pure”. Malnati ha ricordato il giorno del ritrovamento del corpo senza vita dell’amico Santino, l’11 aprile 2008, nei pressi di una diga. Quel giorno, alle telecamere di una tv locale, Malnati gridò “Gli hanno tappato la bocca”, riferendosi a quello che era successo a Tuzi. Su invito del procuratore generale e degli avvocati, Malnati ha prima chiarito perché in passato, davanti agli inquirenti, avesse negato che l’amico gli avesse riferito qualcosa rispetto al caso di Serena e poi ha sottolineato più volte: “Non ho più fiducia nella giustizia ed anche se non posso dire di aver ricevuto minacce non mi fido più di nessuno”.
L’istruttoria del processo si è conclusa dopo che sono stati ascoltati tutti i testimoni e il 30 maggio il procuratore generale inizierà la requisitoria. La sentenza, salvo rinvii, dovrebbe essere emessa nei primi giorni del mese di luglio a due anni esatti dall’assoluzione, nel processo di primo grado, di tutti e cinque gli imputati. A finire sotto processo sono stati Franco Mottola, ex comandante della caserma dei carabinieri di Arce, il figlio Marco, la moglie Annamaria e due carabinieri all’epoca dei fatti in servizio nella struttura militare.