Le piste ciclabili a Frosinone sono ovunque. Strade ridisegnate, corsie colorate, percorsi dedicati… eppure, manca l’elemento fondamentale: i ciclisti.
Chi le usa? Chi le ha chieste?
Da tempo la città è stata trasformata in un grande cantiere e alla fine del caos e delle deviazioni non ci siamo ritrovati con strade più funzionali o servizi migliorati, ma con chilometri di piste ciclabili che sembrano più un’installazione artistica che un’infrastruttura utile. Perché a giudicare dalla scena quotidiana, di biciclette se ne vedono poche, anzi pochissime. Forse il vero mistero non è dove portino queste piste, ma dove siano finiti i ciclisti.
Soldi pubblici per la città green
Il piano sembra chiaro: prendere i fondi del PNRR, riversarli su progetti “green” e sperare che tutto vada bene. L’idea di una città sostenibile è sacrosanta, chi può negarlo? Ma prima di verniciare, chi ha ascoltato i cittadini? Qualcuno si è preso la briga di capire se queste piste ciclabili fossero davvero necessarie?

La vera mobilità sostenibile – anzi, “compatibile” – dovrebbe nascere dal confronto con chi vive la città ogni giorno. Ma se il risultato è un’opera inutile, pensata senza logica, allora non si sta costruendo una città per i cittadini, ma contro di loro.
Percorsi interrotti e logica assente
E quando finalmente queste piste ciclabili prendono forma, ecco la sorpresa: percorsi che si interrompono senza senso, tratti monchi, deviazioni inspiegabili. Un ciclista agonista, ovviamente, non perderebbe neanche un minuto su queste corsie a ostacoli. E allora per chi sono state fatte? Per quei pochi che una volta al mese decidono di fare un giro in bicicletta a Frosinone?
Ma il capolavoro dell’urbanistica surreale arriva con l’ultima trovata: la pista ciclabile che si integra con una pianta di leccio. Sì, avete capito bene. Se vi va, potete sedervi accanto all’albero, leggere un libro o farvi uno spuntino, perché tanto la pista si interrompe proprio lì. Nessuno dubita dell’importanza di salvaguardare il verde urbano, ma spostare la pianta in un luogo più sicuro non sarebbe stata un’idea migliore?
In tutto questo, quello che ci auguriamo è che nelle prossime settimane il consiglio comunale inizi finalmente ad ascoltare chi vive davvero la città. Perché una città non si costruisce con progetti calati dall’alto e fondi spesi senza criterio. Si costruisce per chi la abita, per chi ci lavora, per chi si muove ogni giorno. E se la mobilità “sostenibile” si traduce in chilometri di piste ciclabili vuote, forse qualcuno dovrebbe ripensare il significato della parola “utile”.