Pubblicato nel 1971 sulla mitica rivista musicale «Rolling Stone», Paura e disgusto a Las Vegas è il libro cult di un’intera generazione. Racconta di un viaggio compiuto nel 1971 da un giornalista sportivo accompagnato dal suo avvocato, a bordo di una vistosa Chevrolet rossa decappottabile. La meta è Las Vegas, la capitale del gioco d’azzardo e del più sfavillante e perverso conformismo americano, dove si tiene la Mint 400, una famosa e sgangherata corsa di moto e Dune-Buggy. Lo scopo dichiarato è quello di “scovare il Sogno Americano”. Fin dall’inizio il viaggio si rivela allucinante, irriverente, esilarante e disperato. I due eroi, sotto l’effetto di un miscuglio di droghe che non teme confronti, assistono a una trasformazione totale della realtà, che assume le più imprevedibili sfaccettature: da quelle psichedeliche, colorate, fantastiche del sogno, a quelle grottesche e tragiche dell’incubo e della disperazione.
Paura e disgusto a Las Vegas è un romanzo semi-autobiografico incentrato su di un viaggio realmente effettuato nel 1971 dal giornalista e scrittore Hunter S. Thompson creatore del gonzo journalism alla volta di Las Vegas.
Gli stessi personaggi del libro, Raoul Duke e Dr. Gonzo, furono portati sul grande schermo nel 1980 rispettivamente da Bill Murray e Peter Boyle nella pellicola mai distribuita in Italia Where the Buffalo Roam, basata anch’essa sui testi dello stesso Thompson.
Successivamente nel 1998, il regista Terry Gilliam ha ricavato dal romanzo il film Paura e delirio a Las Vegas, interpretato da Johnny Depp e Benicio del Toro.
Il grande sogno americano: celebrato o irriso?
Destinazione ‘Mecca’ del peccato e dell’eccesso. Duke e Dottor Gonzo siedono sulla loro decapottabile con un bagaglio pieno di droghe: eccitanti, stimolanti, tranquillanti, ogni stupefacente possibile è nella loro disponibilità. Ben riforniti di ogni ‘roba’ possibile, iniziano il loro ‘trip’, fisico e mentale. Un racconto che respira sotto una disorientante cappa lisergica, destinato a strappare davvero moltissime risate. Ma non solo. Pagine che fanno anche riflettere sul tanto decantato ‘sogno americano’ perché lo spasso delle avventure di due tizi perennemente strafatti nella capitale dei vizi si mescola allee tentazioni e soprattutto alla decadenza sociale imperante. Il resoconto accurato e divertente dell’abuso di droghe diventa il mezzo con cui dipingere la fine di quel sogno bramato, la fine della cultura hippie.
Cos’è rimasto della generazione americana degli anni Sessanta, dei loro aneliti di ribellione e anticonformismo? Il loro ‘Sogno Americano’, al pari di quello cercato da Duke e dal dottor Gonzo, è sfumato, come l’effetto della mescalina o dell’etere dopo qualche ora. L’irriverente Hunter S. Thompson ha tracciato la rotta per Las Vegas ammantandola del titolo di centro nevralgico adatto alla realizzazione personale, regalandoci, però, un’illusione ancora più grande di quella dei suoi allucinogeni. In sostanza, quel sogno è deriso o forse solo velatamente celebrato alla maniera dei Beatnik…
Comicità e amara disillusione
Romanzo di grande potenza narrativa, scritto con uno stile lucido e incalzante, sorretto da dialoghi strepitosi, disegna un magistrale quadro dell’America di quegli anni, l’America degli sconfitti, persi in un baratro che le droghe e i miti andati in frantumi non hanno potuto colmare. L’ottica dell’autore, deformata dal filtro straniante delle droghe, si snoda attraverso descrizioni bizzarre e surreali, alternando comicità e amara disillusione. Las Vegas è un enorme e rutilante ammasso di luci e divertimento in mezzo al deserto. Da una parte è nemico da combattere con scanzonata goliardia, dall’altra metafora di una società sempre più scollata dalla realtà mentre sullo sfondo si assiste alla repressione e alla deflagrazione della controcultura dell’amore libero e del pacifismo.
Un cult
“L’editore sportivo mi aveva dato anche un anticipo di 300 dollari in contanti, la maggior parte dei quali era già stata spesa in droghe estremamente pesanti. Il baule della macchina pareva un laboratorio mobile della narcotici. Avevamo due borsate di erba, settantacinque palline di mescalina, cinque fogli di LSD super-potente, una saliera piena zeppa di cocaina, e un’intera galassia di pillole multicolori, eccitanti, calmanti, esilaranti…e anche un litro di tequila, uno di rum, una cassa di Budweiser, una pinta di etere puro e due dozzine di fiale di popper”.
Paura e disgusto a Las Vegas è esilarante. Con il suo stile beffardo e la struttura frammentaria, di impostazione diaristica, apre le porte ad un ‘American Dream’ kitsch e artificiale, fatto di casinò e divertimento a buon mercato, di psichedelia e luci stroboscopiche. Vaneggiamenti deliranti catapultano il lettore in un’avventura unica nel suo genere e divenuta un cult assoluto. Il viaggio dei due protagonisti è fin da subito violento, allucinante e disperato, una continua lotta fra mente e corpo, fra razionalità e follia. Thompson ce la mette tutta nella resa di tutti gli effetti psicotropi fra le pagine ed il risultato è una fedele descrizione delle farneticazioni indotte dalle allucinazioni, a volte fantastiche a volte grottesche e terrificanti. Duke e Gonzo li immaginiamo anche con tenerezza, la stessa emozione suscitata dal ricordo di quei progetti fatti magari da ubriachi. Quei progetti che nel momento in cui sono stati partoriti sembravano quasi geniali e che poi, passati alla lente della sobrietà, risultano troppo buffi per trovare realizzazione. Così anche se la fantasia diventa un incubo, l’importante è continuare a sognare…Assolutamente consigliato.