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Omicidio Yirelis, in aula il ritratto del presunto assassino Di Carlo: “Andava curato, non abbandonato”

Ascoltato il professor Di Nunzio, psichiatra e criminologo, che ha parlato di una malattia che l'imputato avrebbe portato dentro da tempo

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Un’aula silenziosa, densa di dolore e attesa. Ieri, durante l’udienza per l’omicidio di Yirelis Peña Santana, la trentiquattrenne dominicana uccisa in via Pascoli, si è tracciato il ritratto psicologico del suo presunto assassino: Sandro Di Carlo.

A prendere la parola è stato il professor Michele Di Nunzio, psichiatra e criminologo forense, che ha parlato di una malattia che Di Carlo avrebbe portato dentro da tempo. “Avrebbe dovuto essere curato in modo sistemico, per almeno cinque anni”, ha dichiarato, sottolineando come le sue azioni dopo l’omicidio — leggere un passo della Bibbia, prendere un oggetto senza valore dalla vittima, lasciare in giro i vestiti sporchi di sangue — non siano gesti lucidi, ma segnali profondi di un disagio psichico non affrontato.

Accanto a lui, in aula, l’avvocato Maria Letizia Casale, che aveva già seguito Di Carlo in passato, raccontando dei suoi episodi di violenza sotto l’effetto dell’alcol e dei tentativi di inserirlo in una comunità, mai portati a termine. Occasioni mancate, forse decisive.

L’imputato era presente, difeso dagli avvocati Sandro e Vittorio Salera e Alfredo Germani. I familiari di Yirelis, affranti ma dignitosi, sono rappresentati dall’avvocato Marco Rossini. A guidare l’accusa il pubblico ministero Alfredo Mattei. L’udienza è stata aggiornata al prossimo 7 maggio.

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