Omicidio Willy Monteiro Duarte, Marco Bianchi, uno dei 4 imputati si racconta a pochi giorni dal verdetto. Con una lettera inviata all’Adnkronos, in vista della sentenza, attesa per il prossimo 4 luglio in Corte d’Assise a Frosinone, uno dei fratelli Bianchi parla e si rivolge alla madre di Willy, il giovane massacrato di botte la notte tra il 5 e 6 settembre 2020 a Colleferro.
Sette pagine scritte dal carcere di Viterbo dove Marco Bianchi è recluso con l’accusa di aver ucciso Willy Monteiro Duarte insieme a suo fratello Gabriele e agli amici Mario Pincarelli e Francesco Belleggia. Per i fratelli Bianchi il pubblico ministero ha chiesto l’ergastolo, per gli altri due 24 anni di reclusione.
Bianchi si rivolge all’opinione pubblica che definisce ‘influenzata’ dalla descrizione che i media hanno fatto di lui e di suo fratello. Una descrizione che, sottolinea più volte, avrebbe guidato l’iter processuale.
“Ho toccato il fondo. Ecco la vostra soddisfazione. E’ una cosa che non auguro a nessuno, la sensazione di essere da soli, al buio. Sono andato giù, ma oggi ho deciso di rialzarmi e combattere per la verità e per la vita. Io e Gabriele siamo ragazzi di cuore, sinceri. Tutte quelle cattiverie che hanno detto contro di noi non sono vere, sono state solo bugie su bugie per farci toccare il fondo. Siamo stati descritti sin dall’inizio, senza conoscere gli atti del processo, come mostri e assassini”. – Prosegue così la lettera di Bianchi diffusa da Adnkronos.
Poi, dopo una lunga difesa della sua ‘immagine’ e di quella di suo fratello Gabriele, parla a Lucia Monteiro. Alla mamma di Willy scrive: “Signora, io la guarderei come guardo mia madre. Se io e mio fratello fossimo gli artefici della morte di suo figlio, mai ci saremmo permessi di sostenere il suo sguardo come abbiamo fatto durante il processo, di guardarla come se guardassimo nostra madre. Non ci saremo mai permessi di negare le nostre responsabilità per tornare liberi…”
Poi conclude, anche in nome di suo fratello, scrivendo che. “La paura più grande, che non ci dà pace è quella di farci la galera per un fatto mediatico, non perché colpevoli. Prima o poi la verità uscirà fuori e spero sia dimostrata l’innocenza mia e di mio fratello…”. La lettera integrale è riportata da Adnkronos.com.