“Non avrebbe indagato sulle violenze avvenute nel carcere viterbese di Mammagialla”: con questa accusa l’ex procuratore capo di Cassino, Paolo Auriemma, rischia di finire sotto processo a Perugia. Nei giorni scorsi, infatti, la Procura umbra, presieduta da Raffaele Cantone, ha concluso le indagini avviate dopo i presunti casi di pestaggio da parte della polizia penitenziaria nel carcere Mammagialla di Viterbo.
A presentare l’esposto il garante dei detenuti del Lazio, Stefano Anastasia. Una di queste violenze aveva avuto come vittima Hassan Sharaf, 21enne egiziano, impiccatosi nel 2018, pochi mesi prima di tornare in libertà, alle sbarre della sua cella di isolamento nella quale era rinchiuso senza motivo, secondo i legali e lo stesso garante. Sharaf morì all’ospedale Belcolle dopo una settimana di agonia. I casi di pestaggio contro detenuti, al Mammagialla, sarebbero stati otto.
Le denunce di Anastasia, tuttavia, non ebbero seguito. La responsabilità, secondo la procura di Perugia, sarebbe stata del procuratore capo di Viterbo Paolo Auriemma e della sostituta Eliana Dolce. Per entrambi viene ora chiesto il rinvio a giudizio per rifiuto o omissione d’atti d’ufficio. L’ipotesi accusatoria è che Auriemma abbia rifiutato l’iscrizione dell’esposto nel registro delle notizie di reato, “disponendo l’iscrizione dell’esposto solo in data 11 agosto 2018 nel registro mod. 45 (fatti non costituenti notizia di reato)”. Mentre Dolce, assegnataria del procedimento, avrebbe a sua volta ignorato le notizie di reato contenute nell’esposto, e avrebbe chiesto il deposito in archivio nel 2021 senza presentare richiesta di archiviazione al gip.
L’udienza preliminare è stata fissata dal gup per il 29 giugno. Parti offese sono il ministero della Giustizia, il garante dei diritti dei detenuti del Lazio e la madre e la sorella di Sharaf, Aida e Saeed.