Narcisismo patologico e relazioni tossiche, un tema sempre più dibattuto negli ultimi anni. Avevamo parlato di abuso narcisistico, una delle forme di violenza psicologica tra le più diffuse, con la dottoressa Simona Brait – Psicanalista freudiana e dirigente Rems presso la Casa della Salute di Pontecorvo. LEGGI QUI https://www.frosinonenews.eu/relazioni-tossiche-chi-e-il-narcisista-patologico-e-come-riconoscerlo-lesperta-mette-in-guardia/. Analizzando le caratteristiche principali del narcisista patologico e lo schema manipolatorio messo in atto nelle relazioni tossiche, era emerso quanto gli effetti sulle vittime possano essere devastanti. L’abuso narcisistico, lo ricordiamo, si declina come abuso emotivo, fisico, sessuale o finanziario da parte di soggetti che utilizzano le parole e il linguaggio in modi manipolativi al fine di danneggiare, modificare e condizionare il comportamento di un’altra persona. Nella vittima, queste tecniche manipolatorie, possono portare ad una forma grave di disturbo post traumatico definita ‘Sindrome da abuso narcisistico’.
Le conseguenze di un amore manipolatore
In una relazione tossica di questa natura, la classica bipartizione è costituita da un manipolatore affettivo, o meglio anaffettivo, il narcisista patologico appunto, che ha continua necessità di affermare il suo ‘Io’, il suo controllo totale sulla vittima che, al contrario, in un meccanismo di subdola sudditanza psicologica, avverte continuamente il bisogno di sentirsi gratificata, approvata, amata dal suo partner. Attraverso la relazione con il partner e la manipolazione, infatti, il narcisista patologico cerca di nutrire la propria autostima, di riempire il vuoto del suo mondo interiore che è la principale causa della sua angoscia. Al contempo, svuota completamente la vittima della sua personale autostima ‘nutrendosi’ di essa. Ne consegue che, una volta uscite dalla relazione tossica, le vittime saranno completamente disorientate, distrutte emotivamente, psicologicamente e fisicamente dal narcisista patologico che, come da copione, le avrà abbandonate per ‘trarre nutrimento’ da una nuova ‘preda’. La vittima va così incontro alla ‘Sindrome da abuso narcisistico’ che può essere a tutti gli effetti equiparato ad un lutto, ad una grave perdita. Con la dottoressa Simona Brait, abbiamo elaborato un ‘identikit’ della vittima per portare le donne vittime di relazioni tossiche a riconoscersi e la rete sociale che gravita attorno ad esse a riconoscerle. Solo dopo una presa di coscienza della situazione, infatti, si potrà chiedere aiuto per uscirne.
L’identikit della vittima
“Molto spesso la vittima inconsapevole del narcisista patologico – spiega la dottoressa Brait – è caratterizzata da mancanza di autostima e di sicurezze, anche perché magari è reduce da precedenti esperienze negative. Nella psicologia del narcisista, le persone con queste caratteristiche rappresentano le vittime perfette, i soggetti ideali per affermare inesorabilmente e continuamente il proprio ego. La vittima, in un gioco perverso e subdolo, è a sua volta complice inconsapevole e destinataria della violenza psicologica del partner. Chi ama un narcisista patologico, infatti, sperimenta il costante desiderio di essere approvato, considerato, la paura di essere abbandonato e avverte il bisogno continuo di tornare all’idillio della fase iniziale della relazione, quando il narcisista, nella sua finzione, si era mostrato come il migliore dei partner. La dipendenza affettiva da un narcisista si sviluppa prevalentemente nelle persone più fragili, in quelle più portate a manifestare la propria sensibilità, le donne con la cosiddetta ‘sindrome della crocerossina’. Va evidenziato, però, che le fragilità e le insicurezze della vittima sono di natura prevalentemente psicologica e non hanno nulla a che fare con la sua posizione sociale o lavorativa. Il più delle volte, infatti, le vittime ricoprono ruoli importanti nella scala sociale, un altro motivo che spinge il manipolatore a sceglierle come prede per affermare ancor di più la sua immagine ‘grandiosa’ agli occhi degli altri”.
Uscire dal tunnel è possibile
“Quando la relazione con il narcisista patologico finisce, la vittima sperimenta un senso di fallimento e di abbandono – spiega la dottoressa Brait – Si sente in colpa accusandosi di non essere stata capace di soddisfare i bisogni del partner che, invece, ha solo trovato una nuova vittima. La donna si sente inutile e umiliata, è come se il narcisista si fosse nutrito della sua energia e della sua linfa vitale a tal punto da lasciarla completamente svuotata. Inoltre, nella relazione tossica si sperimenta una sorta di ‘dipendenza chimica’ da tutte quelle sensazioni che il partner manipolatore fa provare alla vittima, come adrenalina e euforia, attivando quegli ormoni che aumentano ogniqualvolta ci si trova nel pieno dell’idillio amoroso. Quando il narcisista patologico tronca improvvisamente la relazione e si nega completamente alla vittima, diventando indifferente da un momento all’altro, essa vive un trauma paragonabile ad un lutto i cui effetti si manifestano, quindi, sia sotto l’aspetto psicologico che fisico. Per elaborare questo trauma, è necessario chiedere aiuto. La sindrome da abuso narcisistico può essere, infatti, fortemente invalidante per la vittima in ogni aspetto della sua quotidianità. Uscire dal tunnel è possibile solo prendendo coscienza ed elaborando l’abuso subito e, per questo, è fondamentale un percorso di psicoterapia che aiuti la vittima a riconquistare la sua autostima, la fiducia in se stessa e nel prossimo. Prima si acquisisce consapevolezza di essere entrate in una relazione tossica e prima se ne esce fuori e si guarisce. La psicoterapia è l’unica arma per comprendere di essere state risucchiate da una relazione tossica. Prendere consapevolezza della situazione è la parte più difficile, ma anche necessaria per uscire fuori dal tunnel. Capire di essere finiti tra le mani di un manipolatore, acquisire coscienza di essere delle pedine in un gioco perverso fatto di offese, mortificazioni, critiche distruttive, lunghi silenzi e continue minacce, è il primo passo da compiere. Solo così si potrà iniziare un percorso che sarà si tortuoso perché, soprattutto all’inizio, la convinzione di non essere in grado di farcela da soli sarà un pensiero opprimente, ma altrettanto necessario perché, è solo liberandosi da tutto questo che la vittima potrà smettere di essere tale, riprendendo in mano la propria vita”.