Home Lifestyle Mattia Trezza, un sogno…’corto’ un film: l’ultimo successo del giovane sceneggiatore-regista

Mattia Trezza, un sogno…’corto’ un film: l’ultimo successo del giovane sceneggiatore-regista

Il sorano Mattia Trezza, ancora una volta, punta in alto. La sua ultima fatica, "Tra le 7 & le 8" sarà in finale al Videocorto di Nettuno

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Ventinove anni ma tanta esperienza. Il suo obiettivo continua ad inquadrare volti ed emozioni, a raccontare storie partorite dalla sua fervida immaginazione. Il sorano Mattia Trezza, ancora una volta, punta in alto. La sua ultima fatica, “Tra le 7 & le 8” sarà in finale al Videocorto di Nettuno. Ma questo non è un approdo, semmai un trampolino per tuffarsi in altre avventure. Più complicate. Ancor più soddisfacenti. Il giovane videomaker, dalla passione per Kubrick e Refn, per Coppola e Vintenberg, è già lanciato in nuovi progetti. La sua macchina da presa è lì che lo aspetta per il prossimo ciak. Sogni, ambizioni che si sciolgono in immagini, che deflagrano in movimenti ed inquadrature. Idee e pensieri che si sciolgono sulla carta per poi risorgere in nuove forme grazie alla sua direzione. Un esempio per tanti ragazzi che, come lui, amano la settima arte e vorrebbero riuscire a plasmarla nella propria professione. Personalmente, tanta passione e quel sano pizzico di spregiudicatezza mi hanno porto un invito che non potevo rifiutare, quello di sapere, indagare cosa c’è dietro questa figura allo stesso tempo consapevole del talento posseduto e umile, fresca ma efficace. Ne nasce un’intervista che è soprattutto un’esplorazione. Ed ecco chi è Mattia Trezza.

Il suo film “Tra Le 7 & le 8” sarà in finale il 28 agosto al Videocorto di Nettuno, cosa significa per lei?
“Un grandissimo onore essere al Videocorto di Nettuno. Per me si tratta della seconda esperienza. La prima volta è stata 4 anni fa con “Social World” e riuscii ad arrivare alla selezione finale. Ammetto che però quello era un prodotto qualitativamente inferiore a quello attuale. Questo ultimo lavoro è anche più personale e spero che piacerà e farà la sua figura!”.

Qual è stata la genesi di questa pellicola? A cosi si è ispirato nella concezione?
“Sicuramente alla mia famiglia. La storia che viene trattata è un fatto realmente accaduto, una vicenda intercorsa tra mio padre e mio nonno. Avevo il desiderio di raccontarla e, seppure in maniera veloce, ho voluto mettere in evidenza quel binomio amore-odio, secondo me alla base di tutti i rapporti tra figli e genitori”.

È stato difficoltoso girarla, produrla? Quanto lavoro c’è dietro?
“Si, è stato discretamente difficoltoso farsela produrre. Dopo la scrittura ho cercato produzioni che me la finanziassero. Quando si parla di corti, poi, è ancora più difficile perché sono lavori che non portano remunerazione bensì serve più come vetrina, sia a livello registico che produttivo, per cui fa comodo anche a piccole case di produzione che ancora non sono esplose. Bisogna trovare chi apprezza ciò che hai scritto, persone che credano nelle tue capacità. Per me è stato veramente soddisfacente. Lavorare così duramente ad una propria creazione, ad un proprio ‘figlio’, è molto stimolante”.

Lei è giovane ma già con tanta esperienza. Come è nata questa passione che poi si è trasformata in lavoro?
“Grazie sicuramente ai miei genitori. Da una parte ho mia madre che è maestra e che mia ha sempre spronato a scrivere, che mi ha aiutato a coltivare questa propensione: già spontaneamente mi piaceva inventare e mettere su carta storie mie. Dall’altra parte ho mio padre, che ha una grande passione cinematografica e sin da quando ero piccolo mi ha fatto vedere grandi film, magari neppure troppo adatti a bambini, ma che hanno fatto nascere in me una curiosità e un amore verso questa arte immensi”.

Ha girato diverse opere, corti, video musicali, a quale prodotto ti senti più legato?
“Sinceramente il progetto a cui sono più legato è uno che realizzai come esercitazione scolastica, un documentario dal titolo “Old School”, in cui facevo anche l’inviato, l’intervistatore. Nel progetto si trattava in maniera satirica la contrapposizione tra vecchia e nuova generazione, per capire se la crisi generazionale e nazionale sia dovuta agli ‘anziani’, a quelle persone che hanno vissuto il benessere del post guerra adattandosi, oppure se la colpa sia da imputare ai giovani, poco propensi al lavoro e alla fatica. È stato un documentario semplice, girato in maniera ‘battagliera’ se vogliamo, ma è quello che ricordo con più affetto”.

Ha saggiato un po’ tutte le mansioni di questo settore cinematografico, quale è quella che la rappresenta di più?
“Io sono uno sceneggiatore – regista. Nel corso degli anni, per accumulare esperienza, per potermi rapportare con ogni reparto del set, ho ‘sposato’ un po’ tutte le mansioni. Questo anche per trovare tutte le conoscenze per sostentarmi economicamente, ma ad oggi il mio unico scopo è quello di scrivere e dirigere le mie opere. Lo amo follemente”.

Quanto è stato importante lo studio per arrivare dove è lei e quanto lo sono state l’ambizione e le doti innate?
“Lo studio è importante così come lo sono la gavetta e l’esperienza, partecipare attivamente al set anche con la mansione più semplice. E poi avere tanta passione, determinazione, ambizione. Questo è un settore che facilmente ti taglia le gambe e ti butta giù, ma se si ha la voglia di riuscire, questa sovrasta tutto. Lo studio, dicevo, è importante, ma fino ad un certo punto in questo settore”.

Registi preferiti, a cui fa riferimento?
“In assoluto Kubrick, Paul Thomas Anderson, Refn, Scorsese, e Coppola, anche se poi ad essere onesto non posso lasciar fuori Lynch, O Vinterberg…domanda molto difficile!”

Progetti futuri?
“Tanti. C’è una serie che sto scrivendo per la Stardust, la casa degli influencer di Milano. E poi c’è il lungometraggio, la cosa su cui punto maggiormente. Credo di sentirmi pronto, dopo “Tra Le 7 & le 8″, nel potermi cimentare con il mio primo film, scritto e diretto tutto da me”.

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