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Luca Rea, un viaggio nel mondo del genio sorano: cinema, tv e l’amicizia con Tarantino

L'intervista all'autore e regista Luca Rea. Tra le sue ultime fatiche il documentario 'Django & Django', disponibile su Netflix

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Luca Rea non ha certo bisogno di particolari presentazioni ma la sua autorevolezza nel mondo televisivo, documentaristico e cinematografico ci impone il dovere morale e professionale di spendere parole per descrivere la grandezza di un personaggio del nostro territorio. Nato a Sora nel 1971 e salito da tempo agli onori della cronaca nazionale per il suo lavoro, Luca Rea è un autore televisivo e un regista poliedrico, che ha spaziato dalla comicità al documentario. Il suo vastissimo curriculum comprende anche collaborazioni con quotidiani come Il Manifesto e riviste come L’Espresso nonché la pubblicazione di saggi sulla sua grande passione, il cinema. Un amore sconfinato che lo ha portato in giro per il mondo e che gli ha permesso di stringere un’amicizia sincera con un maestro di caratura mondiale come Quentin Tarantino. Un rapporto talmente profondo per il quale il cineasta di Knoxville ha accettato di essere il protagonista assoluto nel documentario “Django & Django”, presentato in selezione ufficiale all’ultima mostra del cinema di Venezia e attualmente disponibile su Netflix. Una figura di rilievo nel panorama culturale nazionale, capace di esaltare patrimoni cinematografici passati in sordina per troppo tempo e criticare, senza peli sulla lingua, lo stato attuale del cinema italiano, diventato spesso un teatrino sterile e povero di idee, con qualche sporadica e dovuta eccezione. Uno strenuo pensatore ma anche ‘artigiano’, che ha nuotato tra acque procellose del settore per dare nuova vita e linfa a repertori televisivi popolari che hanno segnato un’epoca. Noi lo abbiamo intervistato per scoprire questo suo mondo poliforme e siamo sicuri che il viaggio sarà quanto mai interessante.

Autore televisivo e regista, amante appassionato della settima arte: chi è Luca Rea?
“Diciamo che la mia attività professionale (quella cioè di cui vivo) è quella di autore televisivo e regista e ne sono felice perché corrisponde esattamente a quello che volevo fare nella vita. Penso di avere avuto tante conferme in questa scelta, dal fatto di vantare ormai tantissimi programmi fatti soprattutto per la Rai, in 22 anni di professionismo, essere andato in selezione ufficiale al Festival di Venezia, in cinquina ai Nastri d’argento…aver firmato programmi di prima serata con Renzo Arbore o Giovanni Veronesi. Non puoi auto proclamarti regista o autore, a meno che non lo fai amatorialmente. Per dimostrare di esserci riuscito devi ottenere dei risultati”.

Stracult, Cocktail d’amore, Matinée, Il nostro Totò, Isolati, Bla Bla Bla, Maledetti amici miei: a quale di questi prodotti televisivi da lei realizzati come autore o coautore è più legato e perché?
“Un po’ a tutti, ma direi che ‘Stracult’, essendo il primo e più longevo programma Rai a cui ho partecipato, rimane il primo della lista”.

La sua filmografia, anche, è piuttosto variegata: Lillo e Greg – The Movie, Cacao e poi i documentari Liberi Tutti, Aldo Moro. Il lungo addio, Django e Django, Esterno Giorno. Si ritiene più un regista da commedia/film comico o un documentarista?
“In effetti ho cominciato con i comici, perché anche i tv, per alcuni anni, ho scritto e realizzato programmi comici, come con Lillo e Greg, ma anche molti altri. Però devo ammettere che oramai i progetti di tipo documentaristico prevalgono sia nelle mie preferenze, sia nelle richieste di mercato”.

Django e Django: una lunga chiacchierata con – come lo ha appellato lei stesso – “The Hateful One” Quentin Tarantino, ma anche un meraviglioso omaggio a Sergio Corbucci, “il secondo miglior regista di spaghetti western”. Come è nata questa opera e come l’ha realizzata? Un’opera che vuole non solo narrare un certo tipo di cinema ma ricostruirne lo spirito, il modo di concepirlo…
“Il documentario nasce da un’idea di Nicoletta Ercole di rendere omaggio a Sergio Corbucci. Inizialmente si pensava ad una partecipazione di Quentin limitata all’essere una delle varie interviste presenti, ma poi mentre preparavamo con lui il suo intervento (attraverso scambi di varie mail), ha cominciato a prendere la forma originale che poi è diventata il prodotto finale. Quando abbiamo girato con lui era evidente che il documentario non potesse essere altro che un ‘Quentin Tarantino racconta i western di Sergio Corbucci'”.

Lei è legato da una lunga amicizia al maestro Tarantino: vuole raccontarci un aneddoto che
le piace ricordare?

“Ho conosciuto Quentin Tarantino nel 2004, quando assieme a lui e a Marco Giusti, ho curato la retrospettiva del Festival del cinema di Venezia di quell’anno. Per una serie di circostanze cinefile facemmo subito amicizia e il legame (bontà sua) si è mantenuto nel tempo. Un aneddoto che ricordo particolarmente è quando, a Los Angeles, nel 2009, scoprii che la sua cinefilia era tale che, oltre
ad avere in casa manifesti cinematografici e copie in pellicola di centinaia di film del passato, aveva dato ospitalità in una dependance al grande regista Peter Bogdanovich, oggi purtroppo scomparso. Unica cosa che chiedeva in cambio era recarsi di tanto in tanto da Bogdanovich stesso per farsi raccontare i retroscena dei film del grande autore del New American Cinema”.

Tornando al cinema di genere, lei ne è un cultore. Tanti registi e diversi film sono rimasti nell’ombra in Italia, poco conosciuti fino a quando lei stesso non ha contribuito, con la retrospettiva Italian Kings of the Bs, a far riscoprire Di Leo, Bava e altri…Da dove parte questa sua passione?
“La rivalutazione del cinema di genere italiano comincia in realtà molto prima, nei primi anni ’90, con una serie di pubblicazioni venute fuori in maniera spesso limitata ma appassionata e crescente, fino poi al
propagarsi delle schiere di fans dei generi con la nascita dei primi luoghi di discussione di gruppo sul web, tra la fine dei ’90 e inizio 2000 e addirittura con un programma televisivo dedicato della Rai (“Stracult”
appunto). A me piace il cinema e semplicemente non sono attratto solo dai capolavori eterni e perfetti, ma pure dai piccoli film che, tra mille dettagli scricchiolanti, contengono però a volte belle intuizioni”.

Quali sono i suoi registi di riferimento?
“Direi parecchi. Mi piacciono tantissimi registi, spesso molto diversi tra loro. Il mio ideale sarebbe una fusione di Hitchcock con Kubrick”.

Venendo al panorama cinematografico attuale, italiano e non, come è cambiato, cosa
ne pensa in proposito?

“Il panorama cinematografico italiano attuale lo trovo in gran parte deprimente, con eccezioni qua e là, di persone che invece sanno e riescono a far cinema nonostante tutto e tutti”.

Progetti futuri?
“Ho un nuovo documentario in programma e nel frattempo farò altri programmi tv. In questo periodo sono uno degli autori di Techetechete'”.

Un’ultima domanda: essendo sorano, due parole su un personaggio suo concittadino
che ha fatto la storia del cinema italiano: Vittorio De Sica
.
“De Sica è semplicemente il più grande di sempre. Da tutti i punti di vista”.

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