L’abate di Montecassino ai fedeli: “Anche noi, insieme al Signore, risorgeremo”

Dom Antonio Luca Fallica, nella sua prima Pasqua nel monastero benedettino, esprime gratitudine per l'accoglienza ricevuta

Il nuovo abate di Montecassino, dom Antonio Luca Fallica nel trascorrere la prima Santa Pasqua nel monastero benedettino più famoso al mondo, ha voluto rivolgere un messaggio a tutti i cassinati e coloro che ogni giorno arrivano sul Sacro Monte per rendere omaggio al Santo Patrono d’Europa, San Benedetto da Norcia.

Faro di cristianità da secoli, l’abbazia di Montecassino, è il chiaro esempio di come, nonostante la distruzione da parte degli uomini, si può tornare a risorgere.

“Sento di essere accolto nelle vostre case, nelle vostre famiglie, nei luoghi in cui ogni giorno si svolge la vostra vita, e vi sono grato della vostra premurosa ospitalità. Vorrei raggiungere ciascuno personalmente, ma non è possibile, e allora cerco di farlo grazie a questo messaggio”.

“Vi raggiungo nei luoghi della vostra vita a partire da un luogo significativo del nostro monastero, nel quale ora mi trovo. È la cappella di santa Anna, posta proprio sopra il cimitero monastico, che custodisce i corpi dei monaci che hanno vissuto qui a Montecassino, e che ora riposano nella pace e nella speranza, attendendo il giorno della loro risurrezione in Cristo”.

“Mi è parso questo un luogo significativo per rinnovare a voi l’annuncio pasquale: Cristo è risorto, è veramente risorto, e anche noi, in lui, risorgeremo. La morte è vinta per sempre. E con la morte è vinta ogni forma di male, anche se noi viviamo ancora il tempo della lotta e del combattimento, che è segnato da tante fatiche, sofferenze, tribolazioni.

“Ma anche da una certezza: l’ultima parola non appartiene alla morte, l’ultima parola è del Signore Risorto, lui che è l’Alfa e l’Omega, cioè il principio e la fine. Sta al principio della nostra vita, ma sta anche alla fine, al compimento della nostra esistenza: la parola finale, l’ultima parola, è la sua, ed è sempre una parola di vita, di gioia, di rinascita, di speranza”.

“Noi ci apprestiamo a celebrare la Pasqua, e la celebriamo ogni anno in tre giorni, i tre giorni del triduo pasquale, i tre giorni del Cristo morto, sepolto e risorto. Il venerdì facciamo memoria della sua passione e morte, il sabato della sua sepoltura e discesa negli inferi, la domenica della sua risurrezione e glorificazione nell’amore del Padre. Vorrei dire una parola proprio sul sabato, sul ricordo della sua discesa agli inferi. Noi crediamo che egli è andato a liberare e a ridare vita anche a coloro che erano prigionieri della morte”.

“Per questo ho voluto raggiungervi con questo messaggio proprio da questo luogo, per ricordare che la parola della risurrezione e della vita libera tutti coloro che sono prigionieri della morte. E sono tante le morti che oggi ci imprigionano. Pensiamo alla guerra, o meglio alle tante guerre che insanguinano il volto della nostra terra; alle catastrofi naturali, come il terribile terremoto che ha di recente colpito Turchia e Siria; pensiamo a chi muore in mare o durante i tanti viaggi di speranza intrapresi da chi lascia la propria terra in cerca di un futuro migliore, e spesso trova solo violenza, morte, rifiuto”.

“Ma tanti sono anche coloro che muoiono perché prigionieri di dipendenze, né possiamo dimenticare le sempre troppe vittime del lavoro, della strada, della criminalità organizzata e non. Tanti sono i luoghi di morte che attendono liberazione, e che devono essere raggiunti dall’annuncio della Pasqua. Sì, Cristo è davvero risorto ed egli ci libera dalla morte e dalla disperazione. Trasforma tutti i sepolcri di morte in grembi di rinascita, di nuova vita”.

“Certo, possiamo domandarci: ma se Cristo è risorto, perché noi dobbiamo morire ancora? Perché, se lui ha vinto la morte, non le impedisce di continuare ad agire nella nostra vita e nella nostra storia? Se Dio è Onnipotente, perché non usa la sua potenza per liberarci per sempre dal male e dalla sofferenza? Io credo che la Pasqua di Gesù ci aiuti a rispondere a questi interrogativi, che sono veri, seri, importanti, rivelandoci il volto di un Dio che è fecondo, è onnipotente perché è fecondo, è cioè capace di suscitare vita nuova laddove la morte sembra trionfare o pretenderebbe di avere l’ultima parola. In ogni luogo e situazione in cui è la morte a parlare, Dio torna a ridire una parola di vita e di risurrezione. Non ha impedito neppure al Figlio amato, a Gesù, di entrare in un sepolcro di morte, ma è proprio lì che ha detto, e continua a ridire, anche per noi, la sua parola di vita e di risurrezione”.

“Questo è allora il mio, il nostro augurio per questa Pasqua, che possiate ascoltare, accogliere, credere, in questa parola che torna a ridare vita, speranza, pace, gioia, dentro quei piccoli o a volte grandi sepolcri che anche la nostra vita può attraversare. E che dobbiamo vivere con fede, con affidamento, certi che è Dio ad avere l’ultima parola sulla nostra vita, e che la sua parola è sempre parola di benedizione. Parola che dice e opera il nostro bene”.

“Questo è il nostro augurio e la nostra preghiera. E anche voi pregate per me e per la mia comunità, pregate perché anche la nostra vita monastica possa esservi di aiuto a credere e a sperare in questa ultima parola che Dio, in Gesù, dice sulla vita di ciascuno di noi. La morte è vinta. La vita trionfa”.

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