Utilizzare subito la tac coronarica – esame diagnostico a bassa invasività che consente di produrre immagini 3D ad alta definizione delle coronarie e di valutarle – è una strategia promettente per una diagnosi più immediata nei pazienti con sospetta cardiopatia ischemica, patologia grave correlata ad un alto rischio di infarto e morte.
Lo dimostra uno studio internazionale, appena pubblicato su Annals of internal medicine, coordinato dall’equipe della Cardiologia del Policlinico Gemelli di Roma, diretta da Francesco Burzotta, e Carlo Trani co-investigator dello studio.
Si tratta di un grande studio di metanalisi – il cui primo autore è Andrea Zito, giovane cardiologo in formazione presso il Policlinico Gemelli – che raccoglie tutti i dati scientifici ad oggi disponibili in materia per valutare quale sia la modalità migliore, come primo approccio, per inquadrare i pazienti con sospetta cardiopatia ischemica. Questa è una malattia del cuore che colpisce le coronarie, rendendole incapaci di apportare sangue ed ossigeno al cuore a causa di un restringimento progressivo del lume.
L’evoluzione da prevenire è quella verso l’occlusione acuta dell’arteria, evento che può determinare un infarto miocardico. Questa patologia, spiega Burzotta, “è la principale causa di morte nei paesi occidentali ed è la prima causa di spesa per il Servizio sanitario. Il rischio di ammalarsi aumenta con il progredire dell’età. Ha un grande impatto clinico, perché identificare e trattare tempestivamente i pazienti a maggior rischio attraverso interventi di angioplastica o di by-pass aorto-coronarico può migliorare la qualità di vita e in molti casi la loro sopravvivenza”.
Storicamente, di fronte a pazienti con sospetta cardiopatia ischemica, chiarisce l’esperto, “il primo approccio era quello di utilizzare dei test non invasivi funzionali come il test da sforzo o l’ecografia e la scintigrafia da sforzo o da stress farmacologico. Un altro approccio, all’estremo opposto, era quello di effettuare direttamente la coronografia che è però un esame invasivo. Negli ultimi anni si è invece affermato come possibilità, grazie al miglioramento delle tecnologie, il nuovo approccio della Tac coronarica. In questo studio di metanalisi abbiamo verificato quali fossero i segnali che emergevano da tutti gli studi finora effettuati confrontando questi diversi approcci. E dal nostro studio è emerso che la strategia basata sull’impego della Tac coronarica ha dimostrato di portare ad una riduzione degli eventi avversi”.
Si tratta, afferma, di un “grande cambiamento di paradigma. La tac è infatti risultata migliore dei test funzionali nel prevenire il rischio di morte e infarto legato alla patologia; rispetto invece alla coronografia, la Tac è risultata paragonabile quanto alla riduzione del rischio degli eventi avversi. La Tac implica però una minore necessità di procedure interventistiche di rivascolarizzazione del paziente, e questo si traduce in una minore invasività sul paziente oltre che in una riduzione dei costi a carico del servizio sanitario”. Questo studio, conclude Burzotta, permette di ipotizzare un’ evoluzione della gestione della cardiopatia ischemica in cui i diversi approcci diagnostici (funzionale, anatomico non invasivo, anatomico invasivo) coinvolgano team multidisciplinari e vengano proposti in base alle necessità specifiche del paziente”.
“Il vantaggio – sottolinea inoltre Luigi Natale, responsabile dell’Unità operativa complessa di Radiologia toracica e cardiovascolare del Policlinico Gemelli – è che tra tutti i test, compresi quelli invasivi, la Tac è l’esame che meglio di tutti può escludere la malattia. Quando facciamo un esame alle coronarie, infatti, quello che ci interessa principalmente è proprio l’escludere la malattia, perchè questo comporta che non venga più fatto alcun altro test e implica, anche, un grande risparmio per il Ssn. Nessun altro esame è in grado di fare ciò in modo migliore”. Per il paziente, inoltre, “il vantaggio principale è la non invasività e la totale assenza di rischi legata al portare un catetere nelle arterie coronariche, come avviene con la coronografia”. Gli unici rischi della procedura con la Tac, conclude l’esperto, “restano quelli legati alla somministrazione del liquido di contrasto, ma questo vale per qualunque esame ne preveda l’impiego, e poi l’esposizione ai raggi X, che comunque con le apparecchiature moderne si è ridotta enormemente”. – Fonte Policlinico Gemelli.