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La storia del colonnello Fabio Cagnazzo: da investigatore anti camorra a indagato per omicidio

L'ex comandante provinciale dei Carabinieri di Frosinone con un curriculum eccezionale è in carcere a Santa Maria Capua Vetere

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Una provincia scioccata e incredula quella di Frosinone dopo l’arresto dell’ex comandante provinciale dei Carabinieri, il colonnello Fabio Cagnazzo. L’ufficiale da ieri è rinchiuso nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere con l’accusa di aver avuto un ruolo nell’omicidio del sindaco di Pollica, Angelo Vassallo. Stupore e sconcerto soprattutto alla luce del fatto che i tre anni di servizio in Ciociaria siano stati costellati da successi professionali come la risoluzione di due omicidi e la riapertura delle indagini sulla morte di Serena Mollicone.

Nato ad Aversa, Fabio Cagnazzo è componente di una famiglia di carabinieri. Ha frequentato la Scuola militare della Nuziatella a Napoli, prima di andare all’Accademia di Modena. Suo padre, il colonnello Domenico Cagnazzo, è stato tra i più decorati della storia recente dell’Arma. Nel 1983 ha partecipato all’arresto di Enzo Tortora, negli anni successivi, dopo aver ricevuto l’incarico di vicecomandante dei Ros di Palermo, ha ricoperto un ruolo di primo piano nell’operazione che ha portato all’arresto di Salvatore Riina. Fabio Cagnazzo, nel corso della sua lunga carriera, è stato a capo del Nucleo operativo del gruppo di Castello di Cisterna, portando avanti una intesa attività contro la criminalità organizzata e catturando un grande numero di latitanti.

Ieri, 14 anni dopo il delitto Vassallo, la svolta. In quattro sono stati arrestati dai Carabinieri del Raggruppamento Operativo Speciale (ROS) di Roma, coordinati dalla Procura di Salerno. Oltre a Cagnazzo, in manette l’ex Carabiniere Lazzaro Cioffi, Giuseppe Cipriano imprenditore e Romolo Ridosso ritenuto dagli inquirenti legato al clan omonimo, attivo nella zona di Scafati.

L’omicidio

Angelo Vassallo, già sindaco per tre mandati, nel 2010 era stato eletto per la quarta volta. Molto attivo in materia di reati ambientali, venne ucciso mentre tornava a casa, ad Acciaroli, freddato con nove colpi di pistola all’interno della sua auto. Le indagini, durate questi quattordici anni, hanno portato a ritenere che il primo cittadino di Pollica sia stato ucciso perché considerato un ostacolo agli affari illegali nel paese, con particolare riferimento al traffico di stupefacenti. Ai quattro indagati è contestato il reato di concorso in omicidio. La Procura di Salerno, guidata da Giuseppe Borrelli, ritiene di avere elementi sufficienti per chiarire i contorni dell’assassinio del sindaco.

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