La foresta amazzonica è stata una farmacia contro il Covid: ecco perché. Continuare a valorizzare conoscenze ancestrali e un patrimonio naturale che è una vera “immensa farmacia”, che con la pandemia di Covid-19 “ha contribuito a salvaguardare molte vite” in aree che “sono state le ultime a essere assistite dai governi” dei Paesi del bacino dell’Amazzonia. Allo stesso tempo però, “rafforzare la rete di connessione con le istituzioni”, per poter rendere il loro lavoro nelle comunità più efficace. Un processo rivolto sia verso l’interno che l’esterno della foresta, la più grande del mondo, è stato quindi quello che ha segnato il primo incontro regionale degli agenti comunitari di salute dall’Amazzonia, dal titolo ‘Nuestro Territorio, Nuestra Salud’.
Con l’agenzia Dire ne ha parlato Nemo Andi Guiquita, a capo della divisione Donne e salute della Confederacion de las Nacionalidades Indigenas de la Amazonia Ecuatoriana (Confeniae), branca amazzonica della più importante organizzazione di rappresentanza dei popoli originari dell’Ecuador, fra le promotrici dell’iniziativa. L’incontro, 48 ore di lavori, si è svolto nei giorni scorsi nella sede dell’organizzazione a Puyo, nella provincia centrale di Pastaza, nel cuore della foresta dell’Ecuador, ed è stato organizzato anche dalla ong Hivos, la Pontificia Universidad Catolica del Ecuador, l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e il ministero della Salute di Quito. “Vi hanno partecipato circa 70 delegati, che hanno condiviso esperienze e conoscenze come agenti di salute a partire da diversi ambiti: rapporto tra medicina tradizionale e convenzionale, processi formativi, uso della tecnologia, riconoscimento istituzionale”, riferisce Andi Guiguita, che è anche leader della comunità Waroani. I rappresentanti che hanno preso parte all’incontro provenivano da cinque Paesi del bacino amazzonico: oltre Ecuador anche Perù, Brasile, Colombia e Bolivia.
“Una delle necessità che è emersa è quella di organizzare una rete di relazioni più efficace con i rappresentanti istituzionali: l’agente di salute comunitario deve essere infatti un ponte fra le comunità e gli enti che rappresentano la medicina occidentale e lo Stato”, afferma la dirigente. Quello dei “promotores de salud comunitaria“, una figura che si dedica a facilitare l’accesso alle cure per le comunità, è un percorso centrale della Ruta de salud indigena amazzonica che Confeniae e Hivos, con altri, portano avanti per migliorare il sistema di cura nelle aree della foresta e che hanno dovuto rafforzare durante la pandemia.
“Siamo stati gli ultimi a essere assistiti dai governi in fatto di salute, di formazione e di assistenza umanitaria. Oltre a questo i rappresentanti dei vari Stati amazzonici non hanno messo un freno all’industria estrattiva di idrocarburi che tanti danni comporta alle nostre comunità”, spiega la dirigente di Confeniae, che esprime un punto condiviso da più organizzazioni nel mondo. Un rapporto pubblicato il mese scorso dalla Coalicion contra la pandemia minera, una coalizione internazionale di associazioni, ha segnalato che almeno nove governi dell’America Latina, di cui quattro amazzonici, comprese l’Ecuador, hanno approfittato della pandemia per incrementare le attività estrattive e per metterle al centro dei programmi di ripresa post crisi sanitaria. L’attivista aggiunge quindi: “L’incontro che abbiamo organizzato a Puyo ci è servito anche a fare un punto sui sistemi di auto governo e di auto organizzazione che si sono resi necessari durante la pandemia e che di fatto ci hanno permesso di gestirne la fase più critica”.
Elemento centrale di questo approccio è stato l’insieme di conoscenze mediche tradizionali dei nativi dell’Amazzonia, a partire dalla capacità di usufruire con competenza delle piante e le radici con proprietà officinali che compongono “l’immensa farmacia della foresta”, come afferma Andi Guiguita. “L’utilizzo di questi rimedi, che ci viene trasmesso dai nostri saggi, ha dato riscontro positivo nel trattamento di diversi sintomi del Covid-19, salvando molte vite”.
Durante la due giorni di lavori è stata anche organizzata una visita all’orto della Confeniae, un’iniziativa promossa dalle attiviste dell’organizzazione nell’ambito della Ruta de salud indigena per la conservazione delle piante medicinali. Consapevolezze, quelle raggiunte durante l’incontro, che sono servite da rampa di lancio per una serie di iniziative future, come evidenzia la dirigente della Confederazione dei popoli originari. “Abbiamo gettato le basi per delle iniziative informate dalla solidarietà, l’unione, il ruolo delle donne native. Nello specifico dei piani di salute preventiva e di cura da implementare attraverso le politiche pubbliche e dei programmi per tutelare e promuovere le conoscenze ancestrali”. Rispetto a questo, l’attivista aggiunge: “Stiamo anche promuovendo e cercando un finanziamento per il Centro de Investigación de Medicina Ancestral, che abbiamo costruito nella sede di Confeniae”.
Fonte www.dire.it (Agenzia di Stampa Nazionale)