Anna Fox vive rinchiusa nella sua casa di New York e la sola idea di mettere piede fuori dalla porta rischia di provocarle un attacco di panico. Passa le sue giornate vagando da una stanza all’altra con un bicchiere di Pinot in mano, chattando con uomini sconosciuti, guardando vecchi film noir – la sua passione – e soprattutto… spiando i vicini con l’aiuto della sua Nikon D5500. Nel mirino ora ci sono i Russell, che da poco si sono trasferiti nella villetta al lato opposto del parco. Una madre, un padre e un ragazzino adolescente: la famiglia perfetta, quella che Anna rivorrebbe con sé. Una notte però alla finestra dei Russell, Anna assiste a qualcosa di terribile, qualcosa di così sconvolgente che sgretolerà il suo fragile equilibrio e metterà a nudo la verità che ha sepolto per mesi. Ma il giorno dopo un dubbio spaventoso si insinua nella sua mente: la scena che ha visto è reale o frutto della sua immaginazione? Qualcuno è davvero in pericolo o a terrorizzarla è solo la sua paranoia?
‘La donna alla finestra’ è un romanzo thriller targato 2018 di A. J. Finn, pseudonimo dello scrittore Daniel Mallory. Nel 2021 dal volume è stato tratto un film omonimo per la regia di Joe Wright.
Come in un vecchio noir
Aprendo ‘La donna alla finestra’ si ha subito la sensazione di essere catapultati in un vecchio film, magari in bianco e nero, dalle preponderanti atmosfere retrò. La storia è quella di un personaggio ansioso e agorafobico, una donna affascinante, colta ma che passa tutto il suo tempo in un ampio appartamento di una bella zona di Manhattan a spiare i vicini, prendere psicofarmaci e vedere pellicole, ovviamente noir come La finestra sul cortile. Hitchcock, infatti, viene citato spessissimo dalla protagonista e di omaggi al regista britannico ne è disseminato il volume, proprio a partire dal personaggio principale di Anna che, dalla lussuosa prigione della sua abitazione, spia il mondo esterno attraverso le finestre e così finisce per scoprire qualcosa che non avrebbe mai dovuto sapere…La solitudine e le sue ossessioni la fanno da padrona: una donna distrutta che non riesce più a concepire la propria esistenza, annullandosi in un mondo fittizio che non le concede di affrontare la realtà.
Stile cinematografico
Per il suo romanzo d’esordio, l’ex editor newyorkese Finn sceglie una scrittura che somiglia al linguaggio cinematografico, con periodi brevi, frasi incisive e capitoli di poche facciate. Quattrocento pagine che si divorano velocemente. La narrazione è in prima persona e il punto di vista è quello della protagonista. Lo stile di Finn, immersivo e sincopato, spinge a guardare il mondo attraverso gli occhi di questa donna ferita, complessa, potenzialmente squilibrata; ti appollai sulla sua spalla e osservi le vite degli altri, le spii attraverso il vetro opaco di una finestra che a volte riesce a restituirti anche una parvenza del tuo vecchio riflesso, e a volte no. Il primo atto è un po’ lento ma non noioso: l’autore si prende il suo tempo per poi ritmarsi al poi a base di colpi di scena per arrivare al finale mozzafiato e ‘old-fashioned’. Al torpido inizio basta l’ingresso di un ‘certo’ personaggio per vivacizzare la seconda parte. Anche l’intrigo alla base dell’intreccio, di per sé, si conferma estremamente stimolante. Si vuole porre al centro dell’attenzione la disperata lotta di donne sole, spezzate e continuamente ostracizzate dalle forze dell’ordine, dalle loro famiglie, dalle autorità.
Thriller psicologico e voyeuristico
«Ma ora la vergogna mi percorre il corpo come una scarica elettrica. Ripenso a tutte le persone e le cose che ho catturato nel mio obiettivo: vicini, sconosciuti, baci, crisi, unghie mangiucchiate, monetine cadute, passi decisi, passi falsi. Il figlio dei Takeda che suona ad occhi chiusi, facendo fremere le corde del suo violoncello. I Gray con i bicchieri di vino levati in un brindisi gioioso…Penso al mio hard disk, zeppo di immagini rubate. Penso a Jane Russell, a come mi ha guardata attraverso il parco senza battere ciglio. Non sono invisibile. Non sono morta. Sono viva, ed esposta, e mi vergogno».
Siamo di fronte ad un thriller molto mentale, psicologico. Non ci sono particolari eccessivamente violenti. Il male può nascondersi dove non ci aspetteremmo e soprattutto, mai bisogna sottovalutare la potenza della mente. «Eccezionale. Un thriller contemporaneo ma con un retrogusto da vecchio film noir» lo ha definito Stephen King. Nel suo essere ‘guardona’ e ficcanaso – pratica di per sé immorale – Anna però resta un personaggio capace di calare il lettore nella trama con la sua voce così trascinante, ironica e genuina. Un intricato e diabolico gioco a incastro, fra citazioni, letture meta-testuali ed espliciti omaggi al cinema hitchcockiano: consigliato agli amanti del genere.