“La cassa da morto è pronta, ti manca solo il coperchio“: questo l’ennesimo messaggio ricevuto da una donna residente in provincia di Frosinone, nella zona del Sorano, che da mesi è vessata e maltrattata dall’ex marito. Una vicenda che ha dell’incredibile perché, come ci racconta la vittima che si è rivolta al centro antiviolenza di Frosinone, nei giorni scorsi l’ex marito si è visto revocare la misura cautelare del divieto di avvicinamento sostituita con quella dell’obbligo di firma, quattro volte a settimana.
A raccontare tutta la storia è proprio la donna, un avvocato, che è stata costretta a lasciare la propria abitazione con grande rapidità e a doversi trasferire in quella che è stata la casa dell’adolescenza, in un comune limitrofo. “Svolgo la mia professione nel centro di Sora e lo studio è collegato all’attività del mio ex. Io da mesi non posso entrare in ufficio perché lui mi aggredirebbe, proverebbe nuovamente a fare cose orribili. Ho denunciato tutto, la procura di Cassino nella persona del procuratore capo facente funzione Alfredo Mattei ha celermente emesso un provvedimento cautelare che per qualche tempo mi ha reso la vita un po’ più vivibile. Adesso il gip Massimo Lo Mastro ha ritenuto che il divieto di avvicinamento emesso a carico del mio ex non sia necessario perché io vivo in un paese lontano da Sora, dimenticando però che io a Sora ci lavoro, ho uno studio che ho dovuto abbandonare di fretta e furia e sono costretta a seguire i miei clienti da casa dei miei genitori, in modalità online ma senza poter leggere o consultare i tanti fascicoli. Io vivo di lavoro e così facendo il mio ex marito mi sta togliendo ogni possibilità di sopravvivenza“.
“Mi ha aggredito in un bar, in chiesa, ovunque mi incontri. Ha fatto a pezzi tutti i miei vestiti con le forbici, mi ha distrutto a colpi di martello Computer, telefoni oggetti presenti in casa, la mia casa, quella che ho dovuto lasciare per non essere uccisa ma questo è evidentemente al gip non è bastato“. La situazione è oramai divenuta ingestibile tanto che la presunta vittima di questa assurda vicenda ha dovuto presentare diverse integrazioni presso la compagnia dei carabinieri di Sora. “Mi auguro che vengano presi ulteriori provvedimenti affinché io possa tornare a vivere quasi normalmente, affinché io possa tornare nel mio studio per prendere almeno i fascicoli, i documenti che mi possano consentire di lavorare altrove, di poter guadagnare qualcosa. Non cerco assolutamente visibilità mediatica ma questo è l’unico modo per denunciare quanto a volte noi donne, vuoi professioniste, vuoi casalinghe vuoi pensionate, veniamo completamente abbandonate da una legge che dovrebbe tutelarci”.
Persino l’avvocato difensore dell’uomo avrebbe provato – a dire della donna – a far ragionare il suo assistito ma ogni tentativo è risultato essere vano. “Ringrazio sia i carabinieri che il procuratore Alfredo Mattei per la celerità con la quale hanno trattato questa vicenda – conclude la donna -, mostrando una grande sensibilità istituzionale ma purtroppo il loro intervento in questo momento della mia vita è inutile. Mi sento sul collo il fiato della morte e non lo dico con drammaticità, ma con contezza”.