“Nei giorni scorsi, nel corso di una conferenza stampa convocata ad hoc, il Consorzio Industriale del Lazio ha reso pubbliche alcune informazioni inerenti il progetto denominato “Helios”, che sarà realizzato entro il 2026 in un’area industriale dismessa nel territorio di Patrica da parte di ENGIE, Società Gasdotti Italia (SGI) e Consorzio Industriale del Lazio – con un investimento di circa 20 milioni di euro di cui 9,5 milioni di euro finanziati nell’ambito del bando “Hydrogen Valleys” del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR); una volta a regime l’impianto dovrebbe produrre circa 400 tonnellate all’anno di idrogeno verde. Tale intervento – presentato come volto alla creazione del “polo di produzione di idrogeno verde più grande del centrosud” – dalle informazioni che sono state rese note sembra avere un impatto piuttosto limitato in termini di energia pulita prodotta, in quanto sarebbe previsto un sistema di produzione di idrogeno verde tramite elettrolisi di 5 MW alimentato da un impianto fotovoltaico a terra di 7 MW”. – Lo evidenziano, in una nota congiunta, Salvatore Raoni, Coordinatore provinciale Federazione dei Verdi Europei Frosinone e Filippo Cannizzo, CSN-Comitato Scientifico Nazionale e collettivo Ceccano2030.
“Quindi, non è chiaro se sia sufficiente l’area indicata per la produzione di idrogeno da solare e per gli impianti fotovoltaici, in quanto va scongiurato il rischio di sacrificare a tale scopo del suolo fertile per agricoltura e foreste. Difatti, insieme all’impianto per elettrolisi non viene specificato quanti saranno i serbatoi di accumulo e se verranno sistemati tutti insieme per convertire l’idrogeno in elettricità oppure collocati presso ciascuna industria (per trasportarvi l’idrogeno da bruciare all’occorrenza). Considerando che l’area indicata nel corso della conferenza stampa è di circa dieci ettari – non sufficienti nemmeno per sistemare i pannelli solari necessari alla produzione di 7MW per alimentare la produzione di idrogeno che, al netto del fattore percentuale per evitare ombreggiamenti e del fattore di correzione per l’area realmente utilizzabile, pur non essendo noto il tipo di impianto fotovoltaico e di pannelli che verranno utilizzati, avrebbero bisogno di ben più di dieci ettari per essere sistemati – sarebbe necessario sapere se è già previsto l’utilizzo di altri terreni necessari alla produzione di fotovoltaico, per l’impianto o per i serbatoi, e dove saranno situati. Inoltre, appare tutta da verificare la distanza prevista dell’impianto dalle abitazioni, dalle strade e dai comuni limitrofi come Ceccano, perché non si può trascurare il fatto che l’idrogeno sia altamente esplosivo, e potenzialmente pericoloso se non posto lontano a sufficienza dal centro abitato”. – Prosegue la nota.
“Pensiamo che l’idrogeno verde possa aiutare nel processo di decarbonizzazione del nostro Paese, e per raggiungere la neutralità climatica, solamente se utilizzato in settori dell’industria pesante come le acciaierie (in Germania ne è esemplificativo il caso dell’acciaieria Saartahl), il cemento, in alcune aziende del settore chimico e farmaceutico, comunque per l’industria ad alta intensità energetica, per specifici utilizzi industriali per gli stoccaggi stagionali, oppure come una forma di accumulo di energia da convertire in elettricità. E solo a patto che la produzione dell’idrogeno venga alimentata da energia rinnovabile. Ci mettiamo a disposizione per confrontarci con le istituzioni, i soggetti politici e le associazioni ambientaliste, per organizzare quanto prima dei momenti di approfondimento e analisi della questione al fine di mettere in atto tutte le iniziative opportune per intervenire sulla questione”. – Concludono Raoni e Cannizzo.