Griseldi, da un’infanzia difficile a una vita «meravigliosa»: così i medici lo hanno salvato

La storia di un bambino arrivato in Italia dall'Albania per curare una malattia genetica rara. Salvato all'Istituto San Raffaele Telethon

Oggi Griseldi ha vent’anni e sembra un ragazzo come tanti. Alle spalle, però, ha un’infanzia resa molto difficile da una malattia genetica rara, la sindrome di Wiskott-Aldrich. A permettere la svolta, la terapia genica ricevuta all’SR-Tiget. – La sua storia è stata raccontata dalla Fondazione Telethon.

Febbri continue, difficoltà respiratorie, infezioni diffuse, macchie sulla pelle. I primi anni di vita di Griseldi, in Albania, non sono stati facili: «Un calvario», riassume la mamma. Solo con l’arrivo in Italia arriva una diagnosi precisa: sindrome di Wiskott-Aldrich, una rara immunodeficienza che si manifesta fin dall’infanzia con infezioni ricorrenti ma anche con eczema e disturbi importanti della coagulazione del sangue. La sindrome, inoltre, è associata a un aumento del rischio di malattie autoimmuni e tumori del sangue. Per fortuna, una speranza c’è: quella della terapia genica proposta in via sperimentale all’Istituto San Raffaele Telethon per la terapia genica di Milano (SR-Tiget). Griseldi ha 10 anni quando riceve il trattamento: oggi di anni ne ha venti e racconta di stare «meravigliosamente bene». Il cammino per arrivare a questo risultato, però, non è stato semplice.

La malattia senza nome

«La mia infanzia è stata sicuramente difficile. Ero sempre sofferente e c’erano tante cose che non potevo fare, per esempio non sempre potevo giocare con i miei compagni come avrei voluto o andare in gita con loro. Allo stesso tempo, però, è stata anche bella: avevo tanti amici e la mia famiglia mi era sempre molto vicina». Griseldi è così: un giovane uomo con una vita complicata alle spalle, ma incline da sempre a vedere il lato positivo di ogni situazione e pieno di gratitudine per la sua famiglia, che ha cercato in ogni modo di capire cosa ci fosse che non andava e di trovare una soluzione al problema.

«Veniamo da un piccolo paese di campagna, in Albania: nessuno dei medici che consultavamo riusciva a spiegare i problemi di salute di Griseldi» racconta la mamma. È stata la sorella maggiore a immaginare che quella serie di sintomi potesse avere a che fare con una rara malattia genetica: «Prendeva nota di quello che mi succedeva, poi metteva i sintomi su Internet e cercava. A un certo punto ha cominciato a pensare che potesse trattarsi di questa sindrome rara, la Wiskott-Aldrich» ricorda Griseldi con emozione.

Arrivano la diagnosi… e una speranza

Anche grazie all’aiuto di un’associazione umanitaria, la famiglia di Griseldi arriva in Italia, a Novara e a Brescia, nella speranza di riuscire a dare un nome alla sua malattia. In effetti qui arriva la diagnosi – è davvero la sindrome di Wiskott-Aldrich – e viene subito asportato l’occhio destro, ormai completamente cieco. Alla famiglia viene inoltre comunicata una speranza concreta, perché all’Istituto San Raffaele Telethon per la terapia genica di Milano è in corso un trattamento sperimentale di terapia genica proprio per questa malattia. Per di più, è attivo un progetto, Come a casa, che offre alla famiglia tutto il sostegno necessario per affrontare il lungo soggiorno nel nostro Paese necessario per la terapia, che richiede un lungo ricovero in ospedale.

Il trattamento tanto atteso arriva nella primavera del 2014. In breve: le cellule staminali del sangue di Griseldi, malate, sono state prelevate e messe in contatto in laboratorio con un virus opportunamente modificato che al suo interno porta una versione corretta del gene alterato responsabile della malattia. Così trattate, le cellule sono state reinfuse in Griseldi, dove hanno cominciato a produrre nuove cellule corrette, quindi sane.

Cambiare il corso della vita

«Di quel periodo ricordo che piangevo tanto» dice Griseldi. «Avevo solo dieci anni: mi avevano spiegato molto bene che cosa avrebbero fatto ma non so se avessi capito proprio tutto e poi ero in un ambiente sconosciuto, circondato da persone sconosciute. Però ero anche un po’ felice, perché sapevo che ero lì per cambiare il corso della mia vita, per non restare sempre malato». E così è stato, come ha dimostrato anche l’incontro con il Sars-Cov2, il virus responsabile del Covid-19. Griseldi l’ha avuto nel 2020, mentre era in Italia per uno dei suoi controlli periodici: una situazione potenzialmente molto pericolosa per chi ha un’immunodeficienza e invece del tutto senza conseguenze, perché grazie alla terapia genica il sistema immunitario di Griseldi ha ripreso a funzionare bene.

«Adesso sto magnificamente bene e sono felice ogni volta che ho la possibilità di tornare a Milano per i miei controlli» racconta. «Non ho più la paura che avevo da bambino, anzi: è una bella sensazione perché è come tornare a casa, tra le persone che mi hanno salvato, dandomi la vita per la seconda volta». Per onorare questa “seconda possibilità”, Griseldi si dice molto determinato a essere sempre «una brava persona» e a concentrarsi sul suo futuro, tutto italiano. «Da poco ci siamo trasferiti in provincia di Pisa, con tutta la mia famiglia. Io ho deciso di iscrivermi a una scuola alberghiera, per inseguire uno dei miei sogni, che è lavorare nel turismo. L’altro è studiare psicologia: mi dicono tutti che è molto difficile, ma non mi sembra una buona ragione per non provarci».

Come dargli torto? In fondo, è anche quello che fanno ogni giorno tutti i ricercatori di Fondazione Telethon: immergersi nella difficoltà per trovare nuove soluzioni a malattie come quella di Griseldi. – Fonte Fondazione Telethon.

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