Home Cronaca Frosinone – Sparatoria in via Aldo Moro, poteva essere una strage: ora...

Frosinone – Sparatoria in via Aldo Moro, poteva essere una strage: ora si temono vendette

Si cerca l'arma del delitto nel fiume Cosa. Domani potrebbe esserci l'udienza di convalida di Zaka. E la paura è il sentimento comune

- Pubblicità -
- Pubblicità -

Frosinone – La percezione di sicurezza nel capoluogo è cambiata. Una certezza tristemente innegabile. Da sabato sera Frosinone non è più la cittadina sicura, al di fuori di certi schemi della criminalità. Quella criminalità sabato 9 marzo ha alzato il tiro. Ha sparato, in pieno centro, tra la gente, per uccidere. E mai una circostanza con simili modalità era accaduta in città. A due giorni dall’omicidio e dal triplice tentato omicidio, oltre la rabbia e il senso di impotenza c’è un sentimento che accomuna l’intera provincia: la paura. Ma c’è anche la voglia di combatterla, di alzare la testa, di non farsi schiacciare da criminali senza scrupoli che se ne vanno in giro a sparare tra bambini, famiglie e cittadini che nulla hanno a che fare con chi vive nell’illegalità. È accaduto. Sotto i nostri occhi, sotto gli occhi dei cittadini. E in pochi minuti tutti abbiamo avuto la terribile percezione di non essere più al sicuro. Non in via Aldo Moro, non nel cuore del capoluogo. Non su quel marciapiede macchiato di sangue. Un sabato sera qualunque ha rischiato di trasformarsi in una strage. Ed ora, inevitabilmente, i cittadini temono nuovi scontri, regolamenti di conti, vendette. Si teme altro sangue.

Un morto, tre feriti e l’assassino dietro le sbarre. Ora si cerca l’arma

Il bilancio è di un morto – Kasmi Kasem 27 anni albanese – suo fratello e altri due connazionali sono rimasti feriti. Centrati dai proiettili esplosi dalla mano ferma del reo confesso Mikea Zaka, 23 anni, albanese anche lui. Le immagini del sistema di video sorveglianza dello “Shake bar” e le telecamere comunali hanno ripreso l’intera sequenza. Lo inchiodano. Zaka e altri connazionali erano seduti ad un tavolino esterno, su via Aldo Moro è transitata la Lancia Y con a bordo Kasem e i suoi. Uno scambio di sguardi e qualche gesto è bastato ad accendere la miccia. Forse i gruppi rivali si stavano già cercando, forse non pensavano di incontrarsi lì, nel cuore della movida. O forse sì. Certo è che i giovani a bordo dell’auto accostano poco più avanti e scendono. Si dirigono verso il tavolino dello Shake. Zaka li vede arrivare, c’è un primo contatto, questione di pochi istanti. Poi impugna la calibro 22 ed apre il fuoco. Almeno sei i colpi esplosi, tutti andati a segno. Uno raggiunge al collo Kasem che si accascia a terra, gli altri – il fratello e i due amici – nonostante siano feriti tentano di soccorrerlo.

La vittima, Kasmi Kasem

Nel locale intanto è il panico. Un video shock – GUARDA QUI – riprende tutto. I clienti sono seduti nel bar, si sentono gli spari all’esterno. Uno, due, tre colpi. Poi le grida e il terrore. La gente si ripara sotto i tavolini. Altri spari e i corpi a terra. Ragazzini, adolescenti, gruppi di amici, una mamma con il suo piccolo nel passeggino cercano riparo. Camminano a terra carponi sperando di non essere raggiunti da qualche proiettile vagante. Zaka e gli amici che erano con lui si dileguano. In via Aldo Moro arriva la macchina dei soccorsi, le ambulanze a sirene spiegate; gli agenti della Squadra Mobile, Polizia Scientifica, Carabinieri. Sono tutti lì, sul luogo di quella che poteva essere una strage. L’area viene transennata. Kasmi Kasem muore poco dopo sotto gli occhi dei sanitari che stavano provando a salvarlo. E sotto gli occhi di centinaia di persone radunate oltre i nastri bianchi e rossi posti a protezione della scena del crimine. Il fratello e gli amici vengono portati in ospedale. Partono le indagini, serrate.

In poche ore, grazie ai filmati delle telecamere, viene identificato il killer. Mikea Zaka, ormai braccato, si presenta in Questura accompagnato dal suo legale di fiducia, l’avvocato Marco Maietta. Nel corso di un lungo interrogatorio, andato avanti fino a tarda notte, racconta quanto accaduto poche ore prima. Consegna gli abiti sporchi di sangue. Rivela agli inquirenti dove ha gettato la pistola: è sotto al ponte di Via Verdi. In queste ore i Vigili del Fuoco sono tornati sulle sponde del fiume Cosa per cercarla. Dice di essersi difeso, che tutto sarebbe nato per una donna contesa. Gli investigatori non credono a questa versione. Come affermato anche ieri dal Procuratore Antonio Guerriero che ha smentito che il gruppo rivale fosse arrivato armato. Zaka ora è rinchiuso nel carcere di Frosinone, già domani potrebbe esserci l’udienza di convalida.

Mikea Zaka, il reo confesso

La Squadra Mobile, agli ordini del Dirigente Flavio Genovesi intanto segue altre piste. Secondo quanto trapelato, il delitto sarebbe maturato negli ambienti dello spaccio di droga e della prostituzione. Nessuna donna contesa dunque ma fiumi di droga e affari che ogni giorno permettono alla criminalità organizzata di guadagnare ingenti somme di denaro. Al centro “il Casermone”, quell’enorme blocco di cemento che da anni è la base operativa di chi gestisce il mercato della droga, l’arrivo di armi, la prostituzione. I criminali, però, stavolta sono usciti dal “ghetto”. Era già accaduto la scorsa estate, con la sparatoria nei pressi dell’arco Campagiorni e quella di pochi giorni dopo allo Scalo. Tutte senza feriti. Sabato “ci è scappato il morto”. E nessuno potrà esser sicuro che sia finita lì. Bisognerà rivedere il sistema di sicurezza dell’intera città, fermare queste bande di criminali. E non sarà affatto semplice, non possiamo fingere di non saperlo.

Le parole del titolare dello “Shake bar”

“Sentiamo il bisogno di ringraziare tutte le persone che attraverso telefonate e messaggi ci hanno voluto manifestare la loro vicinanza per quanto accaduto presso il nostro locale. Ci preme, altresì, ringraziare le Forze dell’Ordine per la prontezza del loro intervento e la professionalità con cui hanno affrontato la situazione. La vicenda mi ha molto colpito anche come padre e cittadino perché quanto accaduto è stato imprevisto ed imprevedibile ed avrebbe potuto coinvolgere persone innocenti come i miei figli o nipoti che frequentano abitualmente lo Shake di sabato a quell’ora. Il nostro locale, infatti, è frequentato da persone di ogni età proprio perché non è mai stato coinvolto in episodi che potessero mettere in pericolo i nostri clienti. Dopo 23 anni di attività portata avanti con sacrifici, il senso di sconforto ed amarezza per quanto successo è davvero grande. Il mio vuole essere anche un invito ad una collaborazione maggiore con le forze dell’ordine perché solo attraverso una collaborazione di tutta la popolazione possiamo soffocare eventi di questo tipo. Grazie a tutti. Vi aspettiamo. Come sempre”. – Queste le parole del titolare dello “Shake bar” affidate ai social. Tantissimi i commenti di vicinanza e solidarietà. Un’attività guidata da persone oneste, un luogo sano della movida, ritrovo di tanti giovanissimi che in un attimo è finito sulle cronache di tutta Italia.

- Pubblicità -
Exit mobile version