Ceccano – In un momento storico cruciale per il futuro dell’Iran e della democrazia, arriva a Ceccano l’artista iraniano Reza Olia, che parlerà della situazione nel suo Paese partendo dal suo recente libro Figlie dell’Iran, sabato 14 gennaio, ore 17 presso “Zambardino” (Viale Fabrateria Vetus, 15). L’iniziativa, moderata dalla professoressa Barbara Abbruzzesi e a cui interverranno Angelino Loffredi, Guido Tomassi (Segretario Generale SPI CGIL LEGA Frosinone Anagni) e Giovanna Maniccia (Coordinamento Donne SPI CGIL LEGA Frosinone Anagni) verrà realizzata grazie all’importante impegno del filosofo Filippo Cannizzo e al sostegno della SPI Cgil Frosinone Anagni.
L’autore
Reza Olia, figlio di un pittore famoso in Iran, compie gli studi artistici presso la Scuola d’Arte di Teheran nel 1959. Trasferitosi a Roma, nel 1964 consegue il diploma di Scultura all’Accademia di Belle Arti di Roma sotto la guida di Pericle Fazzini, e nel 1965 quello di Pittura con Renato Guttuso. Lo stesso anno partecipa alla prima mostra collettiva in Italia a Palazzo Barberini a Roma. Dal 1968 al ’70 insegna alla Facoltà di Arti Decorative di Teheran, ma in Iran la polizia lo tiene sotto controllo. Riceve successivamente l’incarico di collaborare con la Commissione Italiana al restauro dei monumenti di Persepolis. Torna in Italia per continuare il suo lavoro artistico, culturale e politico, per combattere il regime dello Scià e sostenere la causa della libertà del suo popolo, stabilendosi a Fiano Romano. E’ autore di diversi monumenti, tra cui: “Luigi di Rosa”, Sezze Romano (1977); “I Martiri Partigiani”, Lucignano; “Giorgio La Pira”, Firenze; “Kosrow Ruzbeh” (1976), “Strage di Via Fani” e “Enrico Berlinguer”, Fiano Romano; “Ai Caduti della Resistenza”, Mugello e Monterotondo; “Luigi Longo”; “La Passionaria”; “Per la pace e il lavoro”, Follonica, “Il pendolare” a Ceccano.
L’incontro
Reza Olia offrirà una riflessione sulla condizione delle donne dalla rivoluzione dell’Ayatollah Khomeini del 1979 ai giorni nostri. In Figlie dell’Iran Olia ha voluto raccontare delle storie vissute: quella di Parvin, giovane prigioniera del regime, quella di Zinat Mir Hashemi, giornalista e attivista politica, e poi quella di Shirim Alam Holi, giovane curda e di Mona, come di molte altre. C’è anche la storia di Sakineh: condannata all’impiccagione per l’omicidio del marito, ha trovato aiuto nella comunità internazionale e nelle organizzazioni per i diritti umani, che si sono mosse per evitare la sua esecuzione. Nonostante tutto, da più di un anno però non si hanno sue notizie. Già dalla copertina, ideata e realizzata direttamente da Olia, che vive e lavora in Italia, è chiaro il messaggio del libro.
“Raffigura due donne – ha spiegato l’autore- con il rossetto, una cosa comune per le donne occidentali ma rivoluzionaria per le donne iraniane. Anche in questo modo combattono la Repubblica islamica, comportandosi in modo completamente differente dall’idea di donna propagandata dal regime e incarnata perfettamente dall’altra figura in primo piano nella copertina, una donna coperta interamente dall’hijab. Infatti, in Iran sono aumentate le torture e le impiccagioni delle donne. Il vero problema è che la legge stessa non le tutela, addirittura per ogni condanna di impiccagione, il giudice che l’ha emessa viene ricompensato dalle autorità con un rapporto sessuale con una prigioniera e le carceri ormai non sono troppo dissimili dai bordelli”. La liberazione della donna iraniana può avvenire non soltanto attraverso un processo interno ma anche attraverso uno esterno secondo Olia.
“Figlie dell’Iran” intende lanciare un raggio di luce sull’oscurità dell’informazione proveniente dall’Iran sulla situazione del suo popolo e, nello specifico, della condizione femminile. Storie terribili narrate da donne che hanno avuto la fortuna e la forza di potersi rifare una vita lontane dall’inferno in cui erano incolpevolmente rimaste prigioniere, tuttavia niente può far dimenticare loro le sofferenze patite e l’incubo in cui hanno vissuto per troppi anni. Alcune coraggiose donne sentono il bisogno di raccontare le loro storie perché non possono tacere quello che ancora oggi, purtroppo, molte altre subiscono ancora in Iran. In definitiva, l’idea di questo libro viene da loro, dal bisogno di raccontare al mondo le loro sofferenze, come se in qualche misura sia possibile esorcizzarle, per aprire nuovi spiragli di informazione e consapevolezza.