A 11 anni di distanza, è proprio il caso di scriverlo, “Fiabeschi torna a casa”. Il personaggio creato dalla penna di Andrea Pazienza e già visto in “Paz!” di Renato De Maria nel 2002, torna a far capolino sullo schermo nel 2013. Sempre interpretato da Max Mazzotta, stavolta anche regista, co-sceneggiatore e responsabile delle musiche, la pellicola è una di quelle che in pochi conosceranno e ancora meno prenderanno la briga di andarlo a vedere. Partorito come un fumetto, “Fiabeschi torna a casa” è una sorta di spin-off del succitato Paz.
La trama
Enrico Fiabeschi è un 40enne che ha speso la propria esistenza come catecumeno dell’instabilità: non ha mai terminato gli studi, non ha mai avuto una relazione seria né un posto di lavoro fisso. Così decide di scendere dalla città in cui attualmente dimora, ovvero Bologna, nella sua terra di origine, la Calabria. Nel posto in cui cerca di far chiarezza dentro di sé trova l’immutabilità delle cose: la famiglia, i luoghi, le consuetudini. Ma non l’amore. Forse questa volta esiste una possibilità, una probabilità che può portare a comprendere quanto il nostro vero rifugio sia la nostra stessa anima.
Il fallimento del sogno generazionale
Il ritorno alle origini, alla casa natale, del Fiabeschi oramai 40enne, è un’evidente metafora del fallimento del sogno generazionale di una possibilità di futuro al Nord. Quando la speranza che su ci siano più possibilità per chiunque degenera, non resta che prendere la propria valigetta e incamminarsi verso Sud, dove tutto, in maniera un po’ surreale, appare come lo ricordavi. Dal dissidio interiore, dall’esigenza di riprendere le briglia della propria esistenza, Enrico è quasi costretto a fare qualcosa per se stesso. La ricerca introspettiva dell’io è quindi alla base di quell’enunciazione che risulta quasi ridondante: “la casa siamo noi”. Proprio così, la nostra vera dimora, il rifugio ideale, non esiste al di fuori della nostra anima, non è di mattoni e cemento, bensì è nel nostro intimo più vero. Mazzotta, performer dal palese background teatrale, recita in maniera quasi fumettistica, come si confà al proprio personaggio: strampalato, bizzarro, estrosamente strambo e caricaturale. Buona anche l’interpretazione di Paolo Calabresi con il suo Jesus (Il Grande Lebowski) “dei poveri”. Ciò che però non va dell’opera prima del “Fiabeschi” è l’inconsistenza della storia, la sceneggiatura debole ed esigua. E così, tolte le gag, i momenti divertenti, qualche inconcludenza piacevolmente visionaria, resta ben poca sostanza al termine della visione di questa commedia dolce-amara.
Dettagli
Titolo originale: id.
Regia: Max Mazzotta
Sceneggiatura: Max Mazzotta e Giulia Louise Stegerwalt
Fotografia: Gianfilippo Corticelli
Cast: Max Mazzotta, Lunetta Savino, Ninetto Davoli, Paolo Calabresi, Rita Montes