Droga, usura e fiumi di denaro reinvestiti: il nuovo volto della criminalità e quello di chi la combatte

Come si muove la criminalità e come si sono evolute le indagini: a tu per tu con il Dott. Flavio Genovesi, Dirigente della Squadra Mobile

Frosinone – Il presunto assassino di Yirel Pena Santana – la giovane dominicana massacrata in un appartamento di Cassino a maggio scorso – e il reo confesso omicida di Romina De Cesare – brutalmente uccisa nel maggio di un anno prima, nel 2022, in un’abitazione del centro storico di Frosinone – assicurati alla giustizia in poche ore.
Così come l’accoltellatore dell’uomo ferito con numerosi fendenti a luglio di quest’anno nella Villa Comunale del capoluogo. Sono solo alcune delle indagini lampo, condotte brillantemente dalla Squadra Mobile della Questura di Frosinone che, nei mesi scorsi, hanno dato importanti risposte alla collettività su un tema più che mai sentito, quello della sicurezza.

Dietro il lavoro della Mobile, però, c’è molto di più di quello che si vede nell’immediato, dopo un omicidio, un tentato omicidio o qualunque altro episodio di violenza. Ci sono indagini, lunghe ed articolate. Indagini che, per colpire la criminalità e smantellare sodalizi necessitano di tempo, abnegazione e preparazione. Per questo, i risultati possono arrivare anche molti mesi o, addirittura, anni, dopo l’avvio delle investigazioni. Ne è la prova ultima l’operazione che, nella mattinata di ieri, a Sora, ha portato al maxi sequestro di beni riconducibili a due nuclei familiari “Sinti” di origine “romanì”. Nel mirino della Polizia di Stato ville, auto di lusso, orologi, conti correnti ed altre ricchezze accumulate in decenni di affari illeciti dalla famiglia “De Silvio”.

Ma cosa c’è realmente dietro quelle che vengono poi definite “maxi operazioni” che portano a sequestri, ad arresti eccellenti o a sgominare clan malavitosi? Per avere una risposta e capire meglio come queste indagini vengono articolate e, soprattutto, come si muove la criminalità in Ciociaria, abbiamo incontrato il Dott. Flavio Genovesi, Dirigente della Squadra Mobile della Questura di Frosinone dall’agosto del 2019. Numerose le operazioni portate a termine nell’ultimo triennio, operazioni che fotografano la presenza della criminalità organizzata sul nostro territorio ma che proprio a quella criminalità, come afferma lo stesso Dott. Genovesi, hanno fatto arrivare un “messaggio”, forte e chiaro: “Lo Stato c’è”.

Dalla camorra ai clan dei rom: laddove si infiltra la criminalità, lo Stato va riprendersi il territorio

  • Dott. Genovesi, l’operazione “Requiem – Ultimatum al crimine” è stata una delle più eclatanti degli ultimi anni. Proprio nei giorni scorsi è arrivato anche l’ordine di carcerazione per due dei coinvolti. Lei e i suoi agenti avete scoperchiato un ‘vaso di pandora’ che per decenni è stato ‘intoccabile’

“L’operazione Requiem ha visto protagoniste due fazioni, una facente capo ad una famiglia di origini campane, trasferitasi a Sora nei primi anni novanta, ed una seconda di carattere prettamente locale al cui vertice vi erano pregiudicati sorani. Due gruppi che, dopo un primo periodo di collaborazione reciproca nella gestione delle varie piazze di spaccio del sorano, del cassinate e della provincia de L’Aquila, in un secondo momento entrarono in contrasto tra loro dando vita ad un vero e proprio scontro finalizzato ad acquisire il monopolio del mercato della droga sul territorio. In quasi 25 anni di attività, tra riciclaggio ed estorsioni, i campani avevano infettato il tessuto socio-economico locale. Solo quando iniziarono gli attentati incendiari e le aggressioni, che diedero il via alla ‘guerra’ tra i clan, l’opinione pubblica comprese che la criminalità aveva preso il sopravvento. Con l’operazione Requiem ci siamo ripresi il territorio, riaffermando la forza della legalità. Con la Direzione Investigativa Antimafia e la Guardia di Finanza, siamo arrivati ad ottenere 17 misure custodia cautelare in carcere, 10 misure cautelari di arresti domiciliari, un obbligo dimora. Poi le condanne pesanti, le ultime confermate proprio pochi giorni fa. I proventi legati all’attività di spaccio di droga, va ricordato, venivano reinvestiti, soprattutto nel mercato delle onoranze funebri. Quando una testa di maiale mozzata venne fatta recapitare ad un’agenzia funebre, fu chiaro che i filoni d’indagine dovevano essere necessariamente due e che c’erano connivenze con clan campani “potenti”. Abbiamo stroncato un meccanismo malavitoso che per troppo tempo si è sentito intoccabile e protetto”.

  • Le piazze di spaccio sono, però, troppo fiorenti per restare incustodite. E quindi era chiaro che, dopo “l’ultimatum al crimine” di Requiem, qualcuno si sarebbe organizzato per colmare il vuoto di “potere”. Così è arrivata…”Ultima Corsa”.

“Non abbiamo abbassato la guardia neppure un istante. L’attenzione si è subito spostata sulle famiglie Sinti che da quasi 50 anni sono di stanza a Sora. Le candidate migliori per gestire l’attività di spaccio ma anche quella legata all’usura e all’estorsione. La DIA ha ritenuto l’operazione “Ultima Corsa” di interesse nazionale tanto che, quest’anno, abbiamo ricevuto il Premio nazionale “Ambiente e legalità” di Legambiente e associazione Libera. Siamo per la prima volta in Ecomafia 2023, a conferma di come Sora sia un territorio ad alto rischio in termini di infiltrazioni malavitose. “Ultima Corsa” partì durante il lockdown, a Pasqua del 2020, da un affronto fatto alle Istituzioni. Il video di una corsa clandestina di cavalli, in pieno centro, di giorno, e con le restrizioni legate alla pandemia, divenne virale insieme poi a quello di minacce contro l’allora sindaco, suscitando rabbia e indignazione. Tutto è iniziato proprio da quei video, abbiamo fatto comprendere al sodalizio criminoso, che imperversava da anni sul territorio con le sue molteplici attività illecite, che lo Stato c’è. Sempre. Per anni avevano agito con prepotenza ed intimidazioni, facendo leva sulla propria forza per creare assoggettamento e omertà, fino a cercare di avere l’egemonia sulle attività illecite. Con “Ultima Corsa” abbiamo dapprima disarticolato le attività criminali più redditizie della famiglia Sinti, poi ci siamo concentrati sui loro “beni”, su quei possedimenti abusivi che erano sotto gli occhi di tutti. Stalle e ville, destinatarie di ordinanze di abbattimento – la prima addirittura risalente agli anni ’80 -, andavano smantellate, come il sodalizio criminale. Ieri il sequestro, per un valore che supera il milione di euro, ha chiuso un cerchio. Colpire la capacità economica dei criminali, privarli del loro potere economico, equivale a privarli del potere di continuare a delinquere”.

  • Non vi siete fermati dopo “Ultima Corsa”. Negli ultimi due anni, sono state portate avanti altre operazioni. Tra i fatti che più hanno destato sconcerto e indignazione, la spedizione punitiva a colpi di spranga contro un meccanico e l’estorsione ai danni di un medico…

“I proventi dell’attività di spaccio, oltre ad essere reinvestiti nell’acquisto di partite di droga, venivano utilizzati, come spesso accade, per effettuare prestiti a tassi usurari in favore di imprenditori e professionisti locali che versavano in evidente stato di difficoltà economica. La pandemia ha favorito questa attività illecita divenendo uno spartiacque. La crisi economica legata al Covid-19 ha messo in ginocchio molti settori produttivi, costringendo circa una ventina di commercianti del sorano, tra cui titolari di attività legate alla ristorazione, a rivolgersi ai componenti della famiglia. Le vittime che hanno trovato la forza di denunciare si sono fidate di noi e noi abbiamo garantito loro protezione. L’invito che mi sento di fare a chi si trova in questo vortice che sembra senza via d’uscita è proprio quello di denunciare, di fidarsi dello Stato. Il meccanico vittima della spedizione punitiva a colpi di spranga davanti al figlio ha trovato la forza di farlo. Nel giro di poche settimane abbiamo dato esecuzione all’ordinanza di misura cautelare personale nei confronti dei 4 soggetti che si erano resi responsabili, a vario titolo, di estorsione aggravata e lesioni personali aggravate nei suoi confronti. Tra i quattro, c’era un elemento di spicco della criminalità sorana appartenente proprio alla comunità rom. Il medico aveva invece vissuto un incubo durato sette anni. Temendo per la sua famiglia non aveva denunciato ma poi è riuscito a farlo. Da lì sono partite le indagini che, a maggio di quest’anno, hanno portato a quattro misure cautelari personali emesse dal GIP del Tribunale di Cassino nei confronti di due uomini e di due donne tutti appartenenti alla famiglia ‘Sinti’ residente a Sora. I cittadini non devono aver paura della criminalità, al contrario, devono fidarsi di noi”.

Come opera la criminalità organizzata in provincia di Frosinone

  • Ha parlato di denaro proveniente dall’attività di spaccio reinvestito in altri “affari”. La criminalità in provincia di Frosinone ha, dunque, anche altri interessi non legati soltanto alla droga.

“La droga è la punta dell’iceberg degli affari della criminalità. La provincia di Frosinone è un quadrilatero strategico, un territorio molto esteso e ben collegato dalla rete autostradale e dall’Alta velocità, che confina con Roma Sud, Latina, Caserta e Napoli. Una posizione favorevole per i traffici illeciti e per la criminalità organizzata che si muove facendo affari e reinvestendo i proventi in attività all’apparenza lecite. Per questo oggi sono cambiati i metodi d’indagine, si sono evoluti per restare al passo con una criminalità che dispone di enormi somme di denaro da “ripulire”. L’attenzione costante al nostro territorio da parte della Direzione Distrettuale Antimafia indica il livello di infiltrazione mafiosa. Va per questo adottato un pressing costante, la criminalità deve sentire il fiato sul collo da parte dello Stato. In che modo si ottiene ciò? In primis andando ad incidere sui patrimoni, come abbiamo fatto con i De Silvio su Sora. Sequestri, conti bloccati, prestanomi e teste di legno impossibilitati a muovere capitali sono l’arma più efficace contro le organizzazioni criminali. Chi vive arricchendosi in maniera illecita deve avere la certezza e la consapevolezza che, prima o poi, all’alba di una mattina, lo Stato andrà a bussare alla sua porta”.

  • E la criminalità che si annida in provincia non è solo locale o campana. Il “quadrilatero strategico” piace anche ai criminali dell’Est Europa…”Uti Dominus” ce lo insegna.

“La criminalità straniera operante nel territorio della provincia di Frosinone è riconducibile prettamente ad organizzazioni albanesi. Assistiamo ad una transnazionalità dei reati e, in casi come questi, le indagini sono ancor più complesse ma gli uomini e le donne della Squadra Mobile sono capaci e preparati. “Uti Dominus” è iniziata nel dicembre 2019, a seguito del tentato omicidio di un cittadino di origini albanesi. Ad agosto del 2020, a conclusione di un’articolata ma rapida attività investigativa, abbiamo sgominato un’organizzazione criminale dedita allo sfruttamento della prostituzione, alla ricettazione, all’estorsione e addirittura alla riduzione in schiavitù delle donne. A riprova del fatto che le infiltrazioni straniere siano presenti sul territorio e non facciano affari soltanto con la droga”.

Un impegno costante. Un “pressing” continuo per contrastare il crimine, per non lasciare margine di movimento a clan ed organizzazioni criminali. Un lavoro di ‘Squadra’ eccellente che, però, potrebbe essere ancor più mirato se, in molti casi, trovasse l’appoggio delle Istituzioni e della politica locale che, troppe volte, voltano lo sguardo altrove. La sicurezza del territorio e dei cittadini dovrebbe essere la priorità e perseguirla non spetta soltanto alle Forze dell’Ordine. Se “si chiude un occhio” più di una volta, se si impiegano quarant’anni per abbattere possedimenti abusivi – ne è emblema il citato caso di Sora – appare chiaro che passi un messaggio sbagliato su due fronti. Da una parte i criminali si sentono liberi di continuare ad operare nell’illegalità; dall’altra, nei cittadini viene meno la fiducia nello Stato e nelle Istituzioni. E proprio quella fiducia, invece, come ribadito dal Dott. Genovesi, è necessaria per fare rete, per spingere le vittime a denunciare per dar vita a quelle indagini che consentono davvero allo Stato di “riprendersi il territorio” e ai cittadini di sentirsi tutelati.

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Roberta Di Pucchio
Roberta Di Pucchio
Giornalista pubblicista

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