Innamorarsi, sposarsi e diventare madre non è un percorso uguale, ‘standard’ e in discesa per tutte le donne. Può capitare che un rapporto non vada come ci si aspettava, non si trovi la persona ‘giusta’ oppure si decida di dare priorità alla carriera ma ad un certo punto l’età avanza e l’orologio biologico comincia a ticchettare forte. E a quel punto che scelta compiere? In una società in continua evoluzione, l’avanzamento della scienza e complice la pandemia che ha fatto comprendere ancora di più che la vita va vissuta fino in fondo e che non c’è tempo da sprecare, non è più così infrequente, anche tra le italiane, la voglia di diventare mamma da sole.
La legge italiana sulla fecondazione medicalmente assistita (Pma) esclude però le donne senza un partner fisso e impedisce di recarsi all’estero dove invece la pratica è ammessa. Ma quali sono i rischi legali e amministrativi per un’italiana che contravviene alla norma nazionale? E se il trattamento va a buon fine e il bimbo nasce qual è l’iter per il riconoscimento? Per fare il punto l’agenzia di stampa Dire ha raggiunto Giacomo D’Amico, professore ordinario di diritto costituzionale presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Messina (Unime)e Presidente di Hera Onlus.
“Il punto normativo di riferimento è la legge n 40 che all’articolo 5, intitolato requisiti soggettivi che recita che: ‘possono accedere ai trattamenti di Pma soltanto le coppie di sesso diverso maggiorenni, coniugate o conviventi in età potenzialmente fertile ed entrambi viventi‘. Questi sono per il nostro Paese i requisiti soggettivi per accedere al percorso di Pma”. Così ha esordito il professor D’Amico.
“La violazione di questa norma- prosegue il costituzionalista- è sanzionata dall’art. 12, comma 2, della stessa legge n. 40 del 2004 con la sanzione amministrativa da 200mila a 400mila euro. Pertanto, chiunque applica tecniche di procreazione medicalmente assistita a soggetti che non siano coniugati o conviventi è punito con una sanzione estremamente afflittiva. Quindi, anche in questi casi, come in quelli da maternità tramite Gestazione per altri (Gpa), l’entità della sanzione amministrativa fa sì che essa abbia una significativa finalità deterrente. Quanto invece al requisito dell”età potenzialmente feritile’, esso è stato variamente interpretato da Regione a Regione, con la conseguenza che in alcune regioni è previsto un limite di età e in altre uno radicalmente diverso. Per quanto riguarda poi il riconoscimento del nato all’estero da una donna single che si è sottoposta a Pma, occorre distinguere tra la donna che possiede con il bambino un rapporto biologico e quella che invece non ha alcun legame, perché ha fatto ricorso alla Gpa. Anche nel caso di maternità da single ci si muove sul filo del rasoio della giurisprudenza perché, mancando delle norme precise, diventano decisivi gli orientamenti giurisprudenziali prevalenti emersi in questi anni nella giurisprudenza di merito e quella di legittimità della Corte di Cassazione“.
“Un punto è certo- ribadisce D’Amico- il giudice deve sempre guardare al migliore interesse del minore. E nel caso di maternità da single (praticata all’estero), con seme di donatore maschile, sussiste di per sé un legame biologico con il bambino, avendolo, la donna, portato in grembo”. Per quanto riguarda il cognome del bambino, il professor D’Amico conclude: “Il bambino verrà registrato regolarmente all’anagrafe del comune di appartenenza semplicemente con il solo cognome della madre”.
Fonte www.dire.it (Agenzia di Stampa Nazionale)