Serie A – Serata da dimenticare per il Frosinone ieri al ‘Gewiss Stadium’ di Bergamo, dove i padroni di casa dell’Atalanta si sono imposti con un sonoro 5-0 senza fare troppa fatica. È decisamente il momento peggiore della truppa giallazzurra, in conclamata crisi di risultati: per i ragazzi di Di Francesco arriva il quinto ko consecutivo in regular season (sesto se consideriamo invece anche quello maturato in Coppa Italia contro la Juventus). Ieri, purtroppo, non c’è stata storia. ‘Troppa’ Dea e ‘troppo poco’ Leone in campo. Ci si aspettava un Frosinone battagliero, pronto a far di necessità virtù e capace di sfoderare quantomeno una prestazione famelica, di lottare con le unghie e con i denti. Ma il verdetto non lascia spazio a scusanti di sorta. Anche lo stesso allenatore lo ha evidenziato: l’approccio alla partita è stato inaccettabile, imbarazzante.
Disastro Frosinone
Dopo un quarto d’ora appena, nella prima sfida del girone di ritorno, i locali sono avanti già di 3 reti: Koopmeiners, Ederson, De Ketelaere. Poi, quasi allo scadere, i sigilli di Zappacosta e Holm fanno capitolare definitivamente i ciociari. La retroguardia al burro della formazione giallazzurra si lascia trafiggere con facilità e anche gli aggiustamenti successivi del tecnico non riescono a mettere una toppa alla voragine apertasi in campo. Anche adattando la linea difensiva a tre, il risultato non cambia. Dopo un secondo tempo quasi trascinato, l’impasse è scardinato di nuovo da Zappacosta e Holm che ribadiscono in gol la supremazia nerazzurra. Una ‘manita’ che pesa come un macigno. Unica nota positiva della terribile serata di Bergamo è l’esordio di Ghegjemis che impatta bene la gara. Il doppio salto di categoria – il giovane arriva dalla serie C francese – sembra non impensierirlo più di tanto e la sua freschezza è una boccata di speranza mentre si annega in un destino amaro.
Al termine di una prestazione ben al di sotto delle aspettative, in pochi arrivano alla sufficienza: lo stesso Ghedjemis, capitan Mazzitelli che con due conclusioni è il più reattivo dei ciociari, Gelli che fa il suo anche adattato a destra. E salviamo anche Turati, incolpevole sugli ‘schiaffoni’ atalantini e autore perfino di interventi miracolosi su Pasalic e Scamacca. Non è riuscito a brillare Soulé, ha sbagliato troppo anche Harroui. Neppure l’allenatore si salva al cospetto della prestazione della banda guidata da Gasperini: prova a ripartire con la difesa a 4 e non funziona, rimette la squadra a 3 e prende altri due gol sul finale. Qualcosa non va. Certo è che purtroppo non ha dalla sua una rosa al completo, tante defezioni, l’emergenza terzini che si fa sentire e anche l’assenza di un attaccante di peso diventa un problema non da poco. Al di là di questi elementi, però, un risultato così secco non può essere accettabile. Ora davvero si torna con i piedi per terra. Il Frosinone delle prime giornate, che tanto è stato apprezzato ed elogiato, lo stesso che tra le mura amiche aveva piegato l’Atalanta 2-1, sembra quasi un lontano parente di quello visto negli ultimi match.
Il diktat: non sono più ammessi passi falsi
Il ‘mea culpa’ auspicato ieri nella conferenza stampa post-gara di Di Francesco non può tardare ad arrivare. “Chi si sente bravo stia a casa”, il suo eloquente sfogo. Questa è l’ora di esigere un riscatto, quella in cui solo un moto d’orgoglio, un anelito di rivalsa – e una mano al mercato – possono risistemare un Frosinone che non vogliamo più vedere in bambola, in balìa dell’avversario. La zona rossa della classifica si avvicina. I 19 punti sono fissi da troppo tempo in graduatoria, dallo scorso 10 dicembre. Oltre un mese a bocca asciutta e appena 2 punticini sul trittico in odore di retrocessione. Alle porte si staglia un calendario da batticuore: il Frosinone è atteso dagli scontri diretti con Cagliari e Verona, incontri fondamentali in chiave salvezza. E il diktat è uno solo: i passi falsi non sono più ammissibili. Cosparso il capo di cenere si può solo pensare al domani. Metabolizzati gli errori, dovrà essere bravo il mister a tenere a galla il morale dei suoi, a non far perdere la fiducia al suo collettivo e soprattutto a fargli recuperare la lucidità necessaria a fronteggiare i prossimi impegni. Insomma, il primo grande banco di prova che spetta al tecnico sarà quello di lavorare sulla testa dei ragazzi, poi sugli aspetti tecnici.