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Delitto Mollicone, ricorso in Appello di Consuelo: “Serena in caserma con i Mottola”

La sorella della studentessa di Arce morta nel 2001, attraverso i legali Sandro Salera e Antony Iafrate, impugna la sentenza di assoluzione

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Le parti civili nel processo per l’omicidio di Serena Mollicone hanno presentato, nei termini previsti per Legge, presso la Corte d’Appello, il ricorso avverso alla sentenza di assoluzione dei cinque imputati. Anche la sorella della studentessa assassinata nel 2011, Consuelo, attraverso i suoi legali di fiducia gli avvocati Sandro Salera e Antony Iafrate, ha impugnato tempestivamente ed entro i 35 giorni, la decisione della Corte d’Assise di Cassino che lo scorso 15 luglio ha scagionato Franco Mottola, ex comandante della caserma dei Carabinieri di Arce, la moglie Anna Maria ed il figlio Marco dall’accusa di omicidio volontario. Assolti anche i due carabinieri che avrebbero in qualche modo aiutato i tre a nascondere le prove del delitto.

“Si partirà dall’analisi delle dichiarazioni di Santino Tuzi, per passare poi in rassegna i depistaggi riguardanti l’annotazione di servizio del 27 giugno 2001 del Maresciallo Mottola, la mancata verbalizzazione a sit di Carmine Belli e Simonetta Bianchi del 2.6.2001, e il ritrovamento del telefono di Serena, dopodiché si analizzeranno i rapporti fra Serena e Marco Mottola, con particolare riferimento alla personalità dell’imputato e al tentativo dell’alibi fallito, le consulenze tecniche acquisite in atti, le risultanze degli esami e dichiarazioni spontanee degli imputati, ed infine si ricostruirà il movente dell’omicidio – si legge nel ricorso -. Proprio l’analisi delle suddette circostanze, consente di ritenere provata oltre ogni ragionevole dubbio la responsabilità degli imputati in ordine alla morte di Serena Mollicone, avvenuta nell’alloggio a trattativa privata ubicato all’interno dello stabile della caserma di Arce. Infatti, Serena il 1 Giugno 2001 dopo aver effettuato l’ortopanoramica ad Isola del Liri, rientrava ad Arce, ove intorno alle ore 11 faceva ingresso in caserma per incontrare Marco Mottola con cui nell’ultimo periodo si erano incrinati i rapporti. E proprio nel corso del litigio, Marco Mottola aggrediva Serena spingendola contro la porta del bagno della camera da letto ubicata nell’alloggio sfato, facendole sbattere la testa.A tal punto intervenivano il maresciallo Mottola e la moglie Annamaria Mottola, che provvedevano al bendaggio di Serena che ne determinava la morte per asfissia, e ad occultarne il cadavere a Fonte Cupa ove veniva rinvenuto la mattina del 3 giugno”.

In quasi novanta pagine di ricorso i legali di Consuelo Mollicone evidenziano atti e perizie che sarebbero state tralasciate dalla Corte d’Assise, presieduta dal presidente Massimo Capurso e che ha così motivato la sentenza di assoluzione a carico degli cinque imputati: “Gli esiti dibattimentali non offrono indizi gravi, precisi e concordanti sulla base dei quali possa ritenersi provata, oltre ogni ragionevole dubbio, la commissione in concorso da parte degli imputati della condotta omicidiaria contestata“.

Anche la Procura di Cassino, nei mesi scorsi, ha presentato ricorso alla sentenza di primo grado. In particolar modo il procuratore capo Luciano d’Emmanuele e il sostituto procuratore Maria Beatrice Siravo si sono soffermati su aspetti che vengono ritenuti fondamentali per il buon esito del dibattimento. “Va totalmente riformata la sentenza che ha scagionato l’intera famiglia Mottola, “perchè la motivazione è contraddittoria e/o manifestamente illogica e in alcuni casi mancante o apparente“. Nel ricorso, la procura torna a insistere sulla credibilità delle dichiarazioni rilasciate dal brigadiere dei carabinieri Santino Tuzi, poi morto suicida, sulla presenza nella caserma di Arce della giovane il giorno della sua scomparsa; sulla fondatezza della perizia medico legale e sulle dichiarazioni degli specialisti del Ris e soprattutto sulla bontà delle indagini svolte dal maresciallo Gaetano Evangelista subito dopo il suo arrivo nella caserma di Arce nel 2004.

“Nessuno ha riferito i fatti come realmente accaduti; l’unica persona che avrebbe potuto raccontare l’accaduto sarebbe stata proprio la povera Serena Mollicone. Probabilmente è per questo che chi ha ucciso Serena Mollicone l’ha simbolicamente messa a tacere (le ha ‘chiuso la bocca’), sebbene non le abbia del tutto impedito di ‘parlare’ attraverso le tracce che il trascorrere inesorabile del tempo e le numerose ‘vicissitudini’ susseguitesi non hanno ciononostante cancellato“.

È quanto sostiene la procura di Cassino nell’atto cui ha impugnato la sentenza assolutoria di primo grado dello scorso luglio per l’omicidio della 18enne di Arce. “Si può ritenere che la condotta dei Mottola (tutti concorrenti sul piano materiale e morale) è stata, dunque, non solo assolutamente anti-doverosa ma anche caratterizzata da pervicacia e spietatezza, specie nel nascondere quanto realmente accaduto”.

“Le dichiarazioni del brigadiere Tuzi, che collocano Serena Mollicone in caserma quella mattina (il 1° giugno del 2001 giorno della sua scomparsa, ndr), in quanto si ritiene che questo sia il cuore pulsante del processo – scrive la dottoressa Siravo -, sono attendibili per i motivi che si enunceranno in seguito, in combinato disposto con le consulenze tecniche effettuate, tutti atti irripetibili che si sono dispiegate per circa un anno, sia quella medico-legale della professoressa Cristina Cattaneo, che quella ingegneristica dell’ingegner Remo Sala, che la merceologica dei Ris, che infine la consulenza biologica del capitano dei RIS Elena Pilli”.

Sono tutti elementi “che dimostrano al di là di ogni ragionevole dubbio che il primo giugno del 2001 Serena è entrata nella caserma di Arce e lì ha trovato la morte perché fatta sbattere contro la porta dell’alloggio a trattativa privata”. Nel documento la procura di Cassino torna a insistere sulla testimonianza di Ramon Iommi, il barbiere di Arce che nel giugno del 2001, pochi giorni prima del funerale di Serena, ha tagliato i capelli di Marco Mottola.

Una deposizione questa di Ramon che era stata inserita anche nel processo di primo grado ma che non era stata ritenuta utile dal presidente della corte Massimo Capurso. Perchè la figura di Iommi è tanto importante? Perchè l’unico testimone vero del processo, il carrozziere Carmine Belli, ha sempre riferito di aver visto parlare Serena Mollicone, poche ore prima della sua scomparsa, con un giovane biondino e con i capelli lunghi e con le meches. Quelle stesse meches che il barbiere Iommi aveva fatto a Marco Mottola nel mese di maggio e che poi taglia nei giorni successivi al ritrovamento del corpo di Serena. Un dettaglio mai emerso e che secondo la procura rappresenta un ulteriore elemento che inchioderebbe il figlio dell’allora comandante dei carabinieri della caserma di Arce alle proprie responsabilità.

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