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Delitto Mollicone: “La testimonianza di Santino Tuzi non è un sogno, lo dice il corpo di Serena”

Gli avvocati Sandro Salera e Anthony Iafrate, nell'arringa conclusiva, ritengono fondamentali le dichiarazioni del brigadiere morto suicida

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Una ricostruzione basata sulla credibilità delle dichiarazioni di Santino Tuzi, il brigadiere dei Carabinieri morto suicida nell’aprile del 2008 dopo aver confessato di aver visto entrare nella caserma dei Carabinieri di Arce, la mattina del 1° giugno del 2001, la diciottenne Serena Mollicone. L’arringa conclusiva degli avvocati Sandro Salera e Anthony Iafrate, difensori di Consuelo Mollicone, sorella della ragazza uccisa, si è concentrata sulla figura del brigadiere.

Gli avvocati Salera e Iafrate

“Santino Tuzi è reso attendibile soprattutto dal corpo di Serena Mollicone, o meglio dalla sua testa, che circa 10 anni dopo le rivelazioni di Tuzi ci offrirà le tracce di quell’ingresso visto e raccontato da Tuzi – sottolineano i legali Salera e Iafrate -. Tracce dell’alloggio a trattativa private presenti sui nastri e fra i capelli della povera Serena che con la propria testa offre una indiscutibile attendibilità a Tuzi che nel dire un orario – che dovrebbe essere inventato – non dice le 8 e 30 quando Serena stava facendo l’ortopanoramica; non dice le 9 e 30 quando viene vista alla rotonda a Isola del Liri in direzione Arce; non dice le ore 10 quando viene vista da Carmine Belli discutere con un ragazzo con i capelli mesciati; non dice le 11 e 40 quando Marco Mottola era al telefono con Davide Bove non dice le 12 quando Marco Mottola era ai giardinetti e viene visto da Elisa Santopadre e non dice tutti gli altri orari dalle 12 in poi in cui gli imputati avevano un alibi. E guarda caso Tuzi dirà, sempre inventando come sostengono gli avvocati della difesa, che non uscirà più dalla caserma e ciò verrà accertato dalle indagini”.

“E inoltre, anche a se a Tuzi, quel 28 marzo gli avessero fornito un copione da riferire con tutti gli incastri possibili – quel giorno purtroppo per gli inquirenti – non c’erano le consulenze della dottoressa Cristina Cattaneo, dei Ris e della dottoressa Pilli che troveranno molti anni dopo, tra i capelli di Serena Mollicone, le tracce dell’alloggio. La preoccupazione di Tuzi, messo alle strette dal comandante Caprio con il ‘bluff’ del finto rinvenimento da parte dei Ris, trova fondamento nella scena di quell’ingresso vissuto in prima persona – concludono gli avvocati Sandro Salera e Anthony Iafrate -. Quel marzo del 2008 gli inquirenti non avevano le tracce di legno, di colla, di resina, di vernice e di ruggine – trattenute e conservate dalla testa della povera Serena. Come anche quelle rinvenute sulla testa di Serena non sono tracce di abete – pino – mogano. Vogliamo credere che anche questa e’ un’altra incredibile coincidenza? Vogliamo credere che quello raccontato da Tuzi non è altro che il racconto di un sogno?”.

A rafforzare questa tesi anche le parole del collega, Dario De Santis, per anni difensore di Guglielmo Mollicone e oggi a tutela di Antonio Mollicone, zio di Serena e fratello del compianto maestro. “Vi sono prove che escludono che l’omicidio di Serena sia stato commesso in caserma? Il mio compito è eliminare possibili dubbi su prove escludenti”. Che il delitto sia avvenuto in caserma, inoltre, non solo è “possibile ma è anche altamente probabile” come viene confermato dalle “prove scientifiche”. De Santis ha proseguito rivolgendo una domanda alla Corte: “Serena è entrata in caserma quella mattina? A questa domanda dovete rispondere. Perché se è entrata in caserma è stata uccisa lì per due semplici ragioni: la prima è che non è uscita viva e la seconda è che i Mottola sostengono che non sia mai entrata. La somma di questi due elementi fa sì che sia morta lì”. Il penalista ha aggiunto: “Oggi sono qui a chiedervi di scrivere una pagina di giustizia giusta e non sembri che l’aggettivo sia pleonastico perché la giustizia può essere imperfetta e però ha tutte le possibilità per scrivere pagine belle e nobili”. 

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