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Con il figlio sulla cima del Kilimangiaro: la nuova straordinaria impresa di Andrea Cappadozzi

L'intervista ad Andrea Cappadozzi, il quale, dopo aver sconfitto la leucemia, racconta questa ultima impresa 'da brivido'

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Dopo aver raggiunto la cima del vulcano più alto del mondo, l’Ojos del Salado nelle Ande, al confine tra Argentina e Cile – 6891 metri -, Andrea Cappadozzi torna a far parlare di sé. Il 57enne ciociaro, originario di Patrica e residente a Castro dei Volsci, si è messo nuovamente alla prova, questa volta con un ‘compagno d’avventura’ davvero speciale, il figlio Leonardo. Ed è proprio il caso di affermarlo, Leonardo è figlio d’arte, dei più gagliardi, dei più tosti, intraprendenti e coraggiosi. A soli 17 anni ha raccolto l’eredità del padre. Condividendo con lui la sfrenata passione per la montagna e per le sfide, insieme hanno affrontato l’impresa Kilimangiaro. Insieme hanno percorso 5895 metri a piedi, 6 lunghi giorni di camminata per arrivare sulla vetta e alzare gli occhi al cielo, illuminati dal sole e dalla luce della vittoria. Mentre Andrea può nuovamente brindare alla vita e alla sua immensa forza d’animo, la stessa che lo ha portato a battere quel mostro chiamato leucemia e a conquistare altezze da capogiro, Leonardo mette a segno i primi successi che fanno di lui un campione in erba, con un futuro promettente che si staglia all’orizzonte. Studente del Liceo Musicale dell’IIS Bragaglia di Frosinone – canta e suona la batteria – dove sarà protagonista di un foto-racconto che narrerà questa impresa, Leonardo sarà presto premiato come ‘Grande Alpinista’ per aver scalato oltre 100 vette da 2000 metri dell’Appennino. Difatti il giovane sta portando avanti con il padre il progetto Club 2000, ossia il raggiungimento di tutte le cime superiori appunto a 2000 metri, dal Tosco Emiliano al Pollino per un totale di 261 vette. Il 17enne, ad oggi, ne ha toccate 105.

Kilimangiaro: alla scoperta dell’epica vetta più alta dell’Africa

Situato nella Tanzania settentrionale, il Kilimangiaro si erge maestoso come l’apice del continente africano, raggiungendo l’impressionante altezza di 5.895 metri. Questa montagna stratovulcanica è composta da tre vulcani spenti. Il picco Uhuru è la cima più alta, quella che affascina gli scalatori con la sua imponenza. È una meraviglia geologica nonché simbolo iconico dell’Africa, incastonato nel cuore del Parco Nazionale del Kilimangiaro, riconosciuto come Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO.

Nella passata chiacchierata con Andrea ci eravamo proprio lasciati con il fatto che Leonardo gli avesse chiesto di centrare un ulteriore obiettivo…e il padre non ha resistito al gustoso invito! Armati solo di uno zaino leggero e coadiuvati da tre portatori per alpinista che trasportavano tenda e cibo, ed un cuoco, sono partiti. “Una spedizione più comoda rispetto all’altra che ho affrontato solo con il mio compagno e con 25kg sulle spalle a testa! Quasi di lusso, devo ammettere – afferma sorridendo Cappadozzi – nonostante si dorma sempre in tenda e la mattina ci si lavi con una bacinella di acqua ghiacciata!”.

Quindi Andrea passa a raccontarci la sua nuova impresa, con tanto orgoglio, soprattutto per il risultato condiviso con l’amato Leonardo: “La presenza di mio figlio ha dato impulso alla spedizione, mia moglie non poteva più dire nulla ed è partita l’organizzazione. Lei è stata molto felice, sebbene con tutte le paure del caso, che mio figlio facesse questa esperienza. La preparazione è stata lunga, ci siamo allenati un anno. Io due volte in settimana in bici, lui due volte in palestra a praticare muay thai, poi la domenica insieme in montagna. Poi quando si è avvicinato il momento si è reso necessario procedere con l’acclimatazione e siamo saliti sulla Marmolada a 3300 metri, in Svizzera a fare 4153 metri sul Bishorm, e tutte le vette più alte dell’Appennino, quindi Gran Sasso, Pelino, Maiella, tutto il necessario per avvicinarci ai quasi 6000 metri del Kilimangiaro. Così siamo arrivati al fatidico giorno X. Premetto che da giù si ha una percezione suggestiva di questa montagna, la cima non si vede mai perché è sempre coperta dalle nuvole. Noi siamo stati fortunati perché abbiamo beccato la pioggia solo il primo giorno, a differenza di tanti altri che devono camminare anche 2 o 3 giorni sotto i rovesci. Abbiamo avuto nubi costanti fino ai 3000 metri, poi tutto sole. Fino al primo campo – lo Shira Camp – abbiamo avuto quindi anche il disagio del maltempo, da lì in poi solo tempo bello”.

Machame Route, la strada affascinante e selvaggia

“Abbiamo percorso la machame route, la via più selvaggia per arrivare su, non ci sono rifugi e bisogna dormire in tenda. Un percorso molto affascinante in quanto si attraversano tre zone climatiche: la prima, fino a 2800 metri, di foresta montana, alberi alti, scimmie, vegetazione pluviale ed equatoriale. Oltre 3000 metri c’è la brughiera, con alberi a basso fusto di erica, mentre dopo i 4000 metri c’è il deserto alpino, solo muschi e licheni”, spiega ancora Andrea. Difatti il Kilimagiaro è un paradiso di biodiversità, offrendo una straordinaria varietà di paesaggi ed ecosistemi. Scalare il Kilimangiaro è un’avventura unica che offre emozioni, panorami mozzafiato e un’immersione nella cultura africana.

Il pianto liberatorio dell’ultimo giorno

“Una volta arrivati in cima…ho pianto. Un pianto liberatorio dopo 1200 metri densi di difficoltà, è stata dura. Ho avuto tanto freddo. C’era vento, eravamo a -10°. Siamo partiti a mezzanotte dall’ultimo campo – il Barafu Camp, a 4.673 metri – e abbiamo camminato per 5 ore nel buio, vedevo solo gli scarponi di mio figlio davanti a me. Arrivati all’anticima di Stella Point, finalmente è sorto il sole e la temperatura si è mitigata. Stavo quasi per rinunciare a causa del freddo ma ho stretto i denti perché Leonardo stava bene e non aveva problemi. Così siamo arrivati in vetta, ed è stata davvero sofferta. Stare lì su ha fatto scattare un’emozione enorme, averci portato mio figlio a soli 17 anni e con tutti i rischi e le incognite del caso – dall’edema polmonare a quello cerebrale -. Avevo una grande responsabilità ma tutto è andato per il meglio. Se fossi stato solo forse avrei rinunciato, il fatto che ci fosse Leonardo mi ha dato una forza immensa”, conclude il 57enne.

Due guerrieri che, metaforicamente mano nella mano, hanno segnato un’altra tappa da record nel loro diario…un esempio di coraggio e tenacia, di perseveranza, di passione per la natura. Un esempio di attaccamento e amore per la vita, in cui l’esplorazione e la messa in prova di sé diventa il viatico di una catarsi genuina. Complimenti dalla redazione di Frosinone News ad Andrea e Leonardo Cappadozzi, siamo certi che ci risentiremo per mettere in parole altri viaggi da favola…

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