Home Sport Cicloviaggi, l’ultima impresa di Giorgio Lucarelli: l’avventura in Kirghizistan tra stupore, meraviglia...

Cicloviaggi, l’ultima impresa di Giorgio Lucarelli: l’avventura in Kirghizistan tra stupore, meraviglia e fatica

Il sorano Giorgio Lucarelli è al suo 22esimo cicloviaggio: stavolta la meta è il Kirghizistan. E non sarà l'ultima

- Pubblicità -
- Pubblicità -

Una vita interamente dedicata allo sport, in tutte le sue sfaccettature. Il sorano Giorgio Lucarelli è una roccia, inossidabile, dotato di ferrea volontà, l’unica che può spingere un essere umano a compiere simili imprese. Parliamo di cicloviaggi, avventure in terre lontane in sella alla sua inseparabile e fidata due ruote. Giornate fatte di lunghe pedalate su terre sconosciute, affascinanti ma anche impervie, che si offrono nel loro splendore muto ma che possono nascondere tante insidie. Di certo non sono avare di ovvie difficoltà, come racconta lo stesso atleta. Esperienze magiche in cui cuore, testa e gambe viaggiano all’unisono, in cui buoni muscoli e tanto allenamento potrebbero non essere sufficienti ad affrontare l’inaspettato: tempeste improvvise, notti nella foresta, senza le comodità cui siamo abituati. Ogni sfida di Giorgio è una gara con sé stesso prima che ancora un godere della natura.

“Ben presto, abbandonata la strada asfaltata, è iniziata una pista sterrata molto impegnativa, con pendenze(max 12%) e fondo sterrato al limite. Tant’e che diverse volte sono sceso dalla bici per spingerla a mano. Attraversato l’ultimo villaggio, molti i bambini che mi sono venuti incontro e qualcuno di loro mi ha accompagnato su una bici sgangherata almeno per un chilometro. Mi ha lasciato capire che la salita verso il valico sarebbe stata molto dura e sempre su uno sterrato. Aveva ragione! Oltre alla salita, come se non bastasse, ci si è messo anche un fresco vento al contrario. Il panorama mano mano si apriva, lo spettacolo imparagonabile lungo i tornanti, diverse le frane che hanno ristretto la carreggiata. Questa “strada” è l’unica che collega questi due importanti paesi; altrimenti si deve fare un giro assurdo e tanti tanti chilometri in più” – questo uno stralcio dei suoi aggiornamenti su Facebook, che lascia ben intendere bellezze e difficoltà di questo genere di attività.

Le sue imprese non possono certo passare inosservate e la curiosità circa quel suo ‘diario di viaggio’, corredato da immagini così potentemente narrative, ci ha solleticato troppo. Personalmente mi sono lambiccata tantissimo il cervello, tante, troppe domande mi correvano in testa veloci come i suoi allunghi su quei sentieri sterrati. E così non ho esitato a contattarlo, a immaginare con gli occhi della mente quelle vedute mozzafiato che sta assaporando dal vivo in questi giorni. La sua fatica, quanto sudore si butta su queste terre ignote alla maggior parte di noi. Ne è nata questa intervista che vuole anche essere il ritratto di un uomo che non molla di un centimetro.

Dopo 3 anni di forzato riposo, come hai scritto tu stesso, riprende per te l’attività di cicloviaggiatore. Cosa provi? Come hai organizzato questa ennesima avventura?
“Devo dire che non vedevo l’ora di rimettermi in sella. Un pensiero continuo a quando ripartire. Già l’anno scorso ero tentato ma ho dovuto abbandonare l’idea per le troppe restrizioni dovute al Covid. Mi stavo organizzando per andare in Tagikistan sulla pista Pamir Highway. Ho interpellato a primavera vari enti ministeriali ma mi è stato sconsigliato di affrontare il viaggio per via dei disordini accaduti l’anno scorso al confine con il Kirghizistan a Sud. Consultando successivamente il sito del ministero degli affari esteri “Viaggi Sicuri” ho verificato che alcune frontiere risultavano chiuse ai turisti. Quindi ho deviato sul Kirghizistan”.

Essere un cicloviaggiatore comporta aspetti entusiasmanti – paesaggi mozzafiato, luoghi meravigliosamente persi in terre lontane, emozioni pure, adrenalina e molto altro – ma anche estremi sacrifici fisici e di testa, a partire dallo sforzo quotidiano, all’organizzazione logistica, allo stare lontano da casa per molto tempo, agli imprevisti…come ci si prepara ad affrontare una sfida del genere?
“Cicloviaggiare è proprio come hai detto tu. Viaggiare in bici dà a tutti il tempo, attraverso i ritmi lenti della due ruote, di fotografare, immagazzinare quante più immagini possibili nella mente e di cogliere ogni istante del viaggio stesso. Per affrontare queste esperienze ho imparato che testa e gambe devono stare allo stesso livello, una simbiosi perfetta. Ad essere sincero c’è una cosa che mi mette apprensione, cioè vedere arrivare la bici impacchettata a destinazione prima di iniziare un viaggio. Soprattutto verificare che sia arrivata in aeroporto senza alcun danno”.

Quali sono le qualità fondamentali per un atleta che si cimenta in imprese come le tue?
“Avere un grande spirito di adattamento. Nei posti isolati si dorme in foresta, ci si lava nei fiumi e si deve fare molta attenzione agli animali selvatici con delle importanti accortezze”.

Hai vissuto moltissime esperienze in tal senso, qual è quella che ti ha segnato di più, a cui ripensi più spesso?
“Questo è il mio ventiduesimo viaggio in bici tra Italia, Europa, Islanda, Canada, Alaska, Usa, Siberia. Tutti i viaggi mi hanno regalato dei momenti, dei ricordi che sono impressi dentro di me, dal meno al più faticoso. Di sicuro il viaggio che più mi ha fatto capire che potevo alzare l’asticella è stato un favoloso tour in Canada nel 2015, esattamente sulla pista sterrata Dempster Highway, da Dawson City(Yukon) a Inuvik (Territori del Nord-Ovest). In quelle due settimane da solo ho capito la bellezza di viaggiare tra la natura sconfinata”.

Hai sicuramente uno spirito avventuriero, una curiosità sfrenata e una preparazione atletica che ti permettono di affrontare queste attività nella maniera più consona…ma da dove nasce questa passione smisurata?
“La passione nasce grazie agli amici di Ruota Libera della Fiab di Bari. Dopo un mini cicloviaggio di 5 giorni, ho capito quale strada prendere. Naturalmente la mia vita non è soltanto la bici…”.

Ogni cicloviaggio è una gara con se stessi: i tuoi obiettivi per quest’ultima fatica? Stai già pensando a viaggi futuri?
“Continuerò ancora fino a quando ce la farò. Il progetto futuro riguarda sempre la Pamir, la seconda pista più alta al mondo dopo la Karakorum, tra Tagikistan (Dushambè) il Kirghizistan (Osh) e magari sconfinare fino in Uzbekistan (Samarcanda). Ora però sto continuando a godere a sognare sulle montagne del Kirghizistan”.

- Pubblicità -
Exit mobile version