Arriva direttamente dal ministero degli Interni il commissario a Palazzo Antonelli, il viceprefetto Fabio Giombini. Troverà la “barca mollata in fretta e furia pur di uscirne bene”, come hanno efficacemente commentato Ginevra Bianchini, Mauro Staccone, Mariella Bruni, esponenti vicini-lontani amministrativamente a Roberto Caligiore che però si sono rifiutati di aderire alle dimissioni organizzate dall’onorevole Massimo Ruspandini ad insaputa della stessa maggioranza consiliare. Una fuga di massa del centrodestra – e di Fratelli d’Italia in particolare – che vorrebbe segnare anche un tentativo senza precedenti di spingere un ipotetico tasto “reset” delle responsabilità di governo. Un tentativo pericoloso per la continuità amministrativa degli enti territoriali locali. Ma difficile da replicare. Le gestioni dei Comuni non si cancellano dalla sera al mattino, pur volendo ricorrere a sbianchettamenti di qualsiasi tipo. Grazie alla buona sorte residua della Repubblica italiana – ed al contrario di quanto dica una buona parte della politica meno avvezza ai bilanciamenti della democrazia – la magistratura c’è e fa il proprio dovere. Come le forze dell’ordine. Portando alla luce intrecci che altrimenti sarebbero rimasti nei meandri bui della mala politica underground.
Per comprendere il divario tra esercizio del potere e fuggi-fuggi degno solo del periodo di Halloween, basta scorrere post social e dichiarazioni sui media a maggiore capacità di amplificazione degli ultimi mesi: dalla maggioranza che “ripone la massima fiducia nel sindaco Caligiore che ha sempre guidato la macchina comunale nella massima trasparenza” (testuale), alla certificazione che tutti gli atti sono stati “largamente condivisi con tutti noi”. Fino ai complimenti ruspandiniani sul Pnrr al sindaco. Appunto. Ma se tutto questo era vero, come si spiega ora l’allontanamento rapido dalle leve del comando? La strategia difensiva dell’ex cerchio magico meloniano ceccanese vuol – evidentemente e comprensibilmente – allontanare da sé il sospetto che possa prima o poi finire nel cono d’ombra sempre più ampio dello scandalo. Ma in municipio l’abbandono della “nave”, una vera “schettinata”, è parso come l’ulteriore strattonamento alla credibilità istituzionale residua, col gonfalone affidato solo alla burocrazia fedele, rimasta anche lei decimata dall’inchiesta in una parte della struttura tecnica.
Chi stringerà la mano al prefetto Giombini a nome degli uscenti?
Ci sarà qualcuno in grado di stringere la mano al prefetto Giombini a nome dell’amministrazione precedente? Ci sarà un ex assessore o ex consigliere disposto a pronunciare qualche parola su cosa troverà in cassa per far fronte alle spese ordinarie il funzionario romano? Di certo chi si insedierà nella stanza del sindaco troverà una città in subbuglio, che si stacca di dosso pezzi di fango schizzati dalle ipotesi di commistione criminal-corruttiva individuata nell’amministrazione del bene comune. “L’unico dato certo – vanno al sodo gli oppositori Mariangela De Santis, Emanuela Piroli, Andrea Querqui, Emiliano Di Pofi – è che, allo stato attuale, il “modello Ceccano” dell’on. Massimo Ruspandini, dipinto dal Gip come “sistema Ceccano”, non può essere preso quale riferimento politico-amministrativo”. E in ogni caso, “la responsabilità politica resta fermamente in capo a tutti coloro che hanno condiviso l’azione amministrativa, senza alcuna distinzione”. Stefano Gizzi, dal suo Caffè Ceccanese di Facebook, invoca un gesto semplice e umano che ancora non c’è stato: una richiesta di perdono da parte dei ruspandiniani alla città, per i danni arrecati a tutti. L’ex assessore alla Cultura cacciato dalla giunta Caligiore perché solidarizzante con Putin (che stava iniziando allora a massacrare gli ucraini per poi continuare pure mentre leggete queste righe), ne ha anche per l’opposizione, considerata troppo blanda. Non bastano tre cartelli lasciati in Piazza Miunicipio, servivano iniziative più energiche e simboliche.
Da “Uniti si può” di Ceccano2030 alla marcia per la legalità di domenica
Intanto ieri sera al Caffè letterario Sinestesia, il collettivo Ceccano2030 ha presentato il bilancio della sua attività, ha dato spazio a due ore di interventi sullo stesso tema che ha dato il titolo all’evento: “Uniti si può”. “Dopo che per 5 anni – hanno commentato in una nota gli organizzatori -, e qualcuno addirittura 10, avevano sostenuto ogni decisione politica del Sindaco e votato ogni atto amministrativo nell’assenza totale di trasparenza – senza obiettare né prendere in alcun modo le distanze da deliberazioni scellerate su temi che riguardavano la vita concreta dei ceccanesi – non hanno avuto nemmeno la decenza di rassegnare immediatamente le dimissioni. Ceccano sta vivendo una delle pagine più vergognose della sua storia. Quelle di oggi sono solo delle dimissioni di circostanza, che in nessun modo possono passare come un nobile e coscienzioso atto. Indipendentemente dalle questioni giudiziarie, le gravissime responsabilità politiche pesano su tutta la maggioranza consiliare, aggravata dalle parole dell’ordinanza che descrivono Caligiore e i suoi sodali come un gruppo affaristico ‘criminale percepito da tutto il contesto dell’amministrazione’”.
Progresso Fabraterno sottolinea come l’accaduto abbia “generato un clima diffuso di sfiducia nei confronti della politica e delle istituzioni, per questo vogliamo impegnarci ancora di più. Continueremo a portare avanti le nostre battaglie, per creare insieme una Ceccano migliore, trasparente e solidale. Proseguiremo a lavorare per garantire un futuro amministrativo che rispecchi i valori della nostra comunità. Desideriamo ringraziare le forze dell’ordine e la squadra mobile della provincia di Frosinone per l’impegno e la professionalità dimostrata in questa delicata indagine”. La settimana corre verso la manifestazione di domenica: “Legalità per Ceccano” del comitato Centro Storico.
Civismo in evidenza, politica in sordina. La voglia di “normalità”
Il civismo insomma resta protagonista sulla scena supplendo al ruolo scenografico dei partiti di opposizione, ed alla scomparsa almeno momentanea di quelli di centodestra. Nelle stanze che contano, del resto, si nota la voglia di ritorno alla “normalità”. Il vero sogno – per gli innervositi dai cento poliziotti al lavoro sotto il naso dei ceccanesi – consisterebbe in una bella distribuzione in massa di pasticche di melatonina – in stile vaccinazioni Covid, per intenderci – che attutisca la reattività che genera in città l’inchiesta, anche nelle ore e nei giorni in cui non ci sono novità giudiziarie. Infatti Caligiore tace coi giudici e studia le carte in casa. Felpato ma politicamente enigmatico. Ha rimesso testa ai temi nazionali Ruspandini, contento dei numeri in crescita di immigrati clandestini respinti alle frontiere, dopo aver esultato per il risultato ligure. Alla Regione solo il presidente Francesco Rocca sarebbe sinceramente incavolato per quanto successo a Ceccano ad uno dei primi sindaci di Fratelli d’Italia eletti in tutta la penisola. Gli altri, in FdI e nel centrodestra laziale, simpatizzano e seguono di più il caso Righini-Monte San Giovanni Campano. I giornali – pur in via di estinzione – hanno sempre fatto scuola sull’argomento: la parola d’ordine è alleggerire, basta pesantezza. Figurarsi la politica come se ne è avvantaggiata. Tanto le verità più dure e aspre, lo sappiamo bene, non finiscono mai sui quotidiani e sui tg e non toccano di certo la gran parte degli eletti. Impegnati a non farsi scappare il conteggio dei loro giorni più agiati, fino al brindisi del vitalizio.