Ceccano – Dopo il terremoto scatenato dall’operazione “The good lobby” all’alba di giovedì, da più fronti si invocano le dimissioni di massa dal Comune di Ceccano. Non solo “la testa” Roberto Caligiore, cittadini ed opposizioni chiedono che a dimettersi sia tutto il consiglio comunale come anche il vicesindaco Federica Aceto che da quando il Prefetto, venerdì, ha sospeso il primo cittadino ai domiciliari, sta facendo le sue funzioni in Comune.
Nei giorni scorsi dalle perquisizioni, sono saltati fuori ulteriori documenti scottanti. Mai come quelli che restano ancora secretati e sui quali verterà il prosieguo delle indagini passate ora alla procura ordinaria. Trentaquattro, al momento, i nomi totali iscritti sul registro degli indagati e tra questi figurano volti noti. L’intero “sistema” trema. L’indagine, partita da un’intercettazione della Squadra Mobile di Frosinone e passata poi sotto la direzione dell’ufficio di Roma della Procura Europea, ha scoperchiato un vaso di pandora facendo cadere la “lobby” ritenuta dall’accusa una vera e propria associazione a delinquere ben articolata finalizzata alla corruzione.
Ai vertici, secondo gli investigatori, proprio il primo cittadino di Ceccano e il nullatenente “cassiere” delle tangenti Stefano Anniballi, 66 anni, di Frosinone. Un tenore di vita, quello di quest’ultimo, ben al di sopra della sua dichiarazione dei redditi. Ai domiciliari anche l’ingegnere di Sora Stefano Polsinelli, 47 anni e Antonio Annunziata, 42 anni di Napoli già noto alle cronache e ritenuto un “dominus” nell’ambito dell’inchiesta sul traffico di rifiuti alla Mecoris di Frosinone. Domiciliari per due mesi per l’architetto e funzionario dei Lavori pubblici Elena Papetti, 40 anni di Frosinone, per il geometra dell’ufficio tecnico Camillo Ciotoli, 61 anni, ceccanese Doc, per il concittadino e architetto a capo dell’ufficio strategico per il Pnrr Diego Aureli, 58 anni. I tre erano tutti in servizio al Comune di Ceccano. Ai domiciliari per due mesi anche il commercialista Gennaro Tramontano, 56 anni, originario della Campania ma residente a Ceccano, l’imprenditore Danilo Rinaldi, 43 anni di Ceccano come Vincenzo D’Onofrio, 44 anni, membro del Cda della società cooperativa indagata.
Illeciti, tangenti, le mani sui fondi del Pnrr, il flusso di denaro dalla Campania e quel complesso schema di intercettazioni in cui figurerebbero nomi di esponenti di un potente clan della ‘ndrangheta come anche di clan della camorra. Non sappiamo, allo stato dei fatti, con chi dei soggetti coinvolti nell’inchiesta questi esponenti della criminalità organizzata abbiano avuto contatti e per quali scopi ma sappiamo che quegli intrecci ci sono. Con il Pnrr, il più grande fiume di denaro pubblico dal dopoguerra ad oggi, sono da tempo sotto la lente gli interessi delle mafie che, nell’ultimo trentennio, hanno operato per penetrare nel cuore dell’economia e dello Stato, per confondersi sempre di più con l’economia legale e per impadronirsi delle istituzioni in modo da agire come le istituzioni stesse.
L’ipotesi scioglimento del Consiglio comunale
Qualora questi legami venissero accertati, qualora il seguito delle indagini portasse a quell’effetto domino già nell’aria dall’alba di giovedì, che ne sarà del Comune di Ceccano? Fermo restando la competenza degli organi deputati a prendere queste decisioni, considerando che viviamo in un sistema abbastanza complesso dal punto di vista della giurisprudenza, l’Articolo 143 Testo unico degli enti locali, in questi casi, non prevederebbe lo scioglimento del Consiglio comunale e la conseguente nomina di un commissario prefettizio? Magari una persona super partes che possa controllare le cose, non solo allo stato attuale dei fatti, ma andando a ritroso nel tempo, quando l’inchiesta non era ancora partita. È accaduto nei mesi scorsi – tanto per fare un esempio – ad Aprilia, dopo l’arresto del sindaco Lanfranco Principi, seppur le circostanze intorno alle quali gravitava l’inchiesta erano diverse.
Il dispositivo dell’art. 143 TUEL recita: “Fuori dai casi previsti dall’articolo 141, i consigli comunali e provinciali sono sciolti quando, anche a seguito di accertamenti effettuati a norma dell’articolo 59, comma 7, emergono concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata di tipo mafioso o similare degli amministratori di cui all’articolo 77, comma 2, ovvero su forme di condizionamento degli stessi, tali da determinare un’alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi e da compromettere il buon andamento o l’imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali, nonché il regolare funzionamento dei servizi ad esse affidati, ovvero che risultino tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica”.
E, ancora: “Quando ricorrono motivi di urgente necessità, il prefetto, in attesa del decreto di scioglimento, sospende gli organi dalla carica ricoperta, nonché da ogni altro incarico ad essa connesso, assicurando la provvisoria amministrazione dell’ente mediante invio di commissari. La sospensione non può eccedere la durata di sessanta giorni e il termine del decreto di cui al comma 10 decorre dalla data del provvedimento di sospensione”.
La sospensione del sindaco Caligiore è già arrivata venerdì. Sull’ipotesi scioglimento e commissariamento, al momento, nulla di ufficiale ancora trapela. Intanto, in queste ore, potrebbero concretizzarsi le dimissioni del primo cittadino come anche della sua giunta, che sarebbero un atto doveroso in primis nel rispetto della città e degli elettori.
Ma “gli appalti, i contratti e i servizi interessati dai fenomeni di compromissione o interferenza con la criminalità organizzata o comunque connotati da condizionamenti o da una condotta antigiuridica”, citati dall’art. 143 TUEL e rintracciabili nell’inchiesta “The good lobby” appaiono evidenti. Seppur dovrà essere la magistratura ad accertare ogni responsabilità di ciascuno degli indagati, si resta in attesa di comprendere cosa decideranno in merito allo scioglimento gli organi competenti.