Le prime indagini sul sito di Nocione a Cassino, dove sono stati interrati nei primi anni ’90 rifiuti provenienti dal nord Italia, le ha svolte il poliziotto Roberto Mancini. Era già conosciuto negli ambienti investigativi come un ‘uomo forte, leale e tutto d’un pezzo’. La sua intuizione su quell’appezzamento di terra immerso nella campagna della città martire, dove pascolavano pecore e mucche e dove i contadini annaffiavano l’orto con l’acqua dei pozzi, si rivelò illuminante per medici e luminari che stavano cercando di capire per quale motivo in una manciata di chilometri vi fosse una così alta concentrazione di persone affette dal Linfoma di non-Hodgkin.
Un male subdolo e spietato che dopo qualche anno ha strappato alla vita anche l’ispettore Mancini che decise, quando oramai sapeva di avere poco tempo a disposizione, di raccontare ai microfoni di Servizio Pubblico, nel corso di un clamoroso faccia a faccia con Carmine Schiavone (dove il pentito parlò anche dei rifiuti sotterrati nel Cassinate), l’oscuro intreccio tra camorra, imprenditoria e politica. Un business raccontato nel libro di Nello Trocchia dedicato a Mancini dal titolo ‘Io, morto per dovere’ e che ha consentito alla malavita di scaricare nella Terra dei Fuochi (e non solo), milioni di tonnellate di rifiuti pericolosi. Ma soprattutto fiumi di denaro sporco.
Le gesta di Mancini saranno ricordate venerdì 30 settembre a Cassino, nel corso di un evento organizzato dall’assessorato alla Cultura del comune di Cassino, nel ‘palazzo della Cultura’ di Corso della Repubblica. “Roberto era un sostituto commissario della Criminalpol quando, per primo, negli anni ‘90, cominciò ad indagare sulle ecomafie svelando l’incredibile business degli interramenti tra Campania e Lazio – ha ricordato l’assessore alla Cultura Danilo Grossi che ha dato vita all’evento in memoria del poliziotto – Un lavoro prezioso, fatto anche di sopralluoghi e verifiche sui campi dove venivano sversati materiali tossici che gli causarono il linfoma che lo condusse alla morte. Ad 8 anni dalla sua morte e a 25 dalla sua indagine, culminata in una corposa informativa misteriosamente “dimenticata” per 13 anni, dal 1996 fino al 2010, è compito nostro, delle istituzioni, dei cittadini, di tutti, ricordare questo eroe civile vittima del dovere, trasmettere il suo messaggio di coraggio, la sua fame di giustizia, la sua abnegazione per il prossimo”.
“Per questo, venerdì 30 settembre alle ore 17, presso il Palazzo della Cultura, omaggeremo Roberto Mancini e la sua storia, collocando in un immobile confiscato alla criminalità una targa in suo onore, nella speranza che i giovani, soprattutto loro, magari dapprima incuriositi da quel nome già noto, vogliano scoprire di più su questa figura e sull’ incredibile storia che si cela dietro – ha sottolineato il sindaco Enzo Salera, che parteciperà all’iniziativa in rappresentanza della cittadinanza cassinate -. Ringrazio Angelo Di Paola, Segretario della Silp-Cgil di Frosinone per aver proposto questa iniziativa che vedrà la presenza dei familiari di Roberto, del Questore di Frosinone Domenico Condello, di Alessandro Magno, collega di Mancini e componente del suo pool investigativo e di Enrico Fontana, dell’Osservatorio Ambiente e Legalità di Legambiente”.
“La sua indagine, che arrivò a toccare anche il territorio cassinate, condotta “sul campo” e non dietro ad una scrivania, avrebbe potuto salvare tante vite – ha ricordato ancora Grossi -. Ed invece gli costò la sua e quella dei tanti innocenti che si ammalarono a causa degli interramenti tossici che aveva scoperto Roberto, ma che colpevolmente finirono sotto i riflettori delle tv e dei giornali, solo molti anni dopo. Di certo lui non voleva essere né diventare un eroe. Lo è diventato suo malgrado. Era poliziotto di strada, di quelli che lavorano silenziosamente e che davanti ai microfoni non ci finiscono mai. La divisa la usava raramente, ma la amava al punto da averla indossata per la prima volta da giovane militante di sinistra, a Roma, quando tra i ‘70 e gli ‘80, essere “guardia” e girare i commissariati col Manifesto sotto al braccio, come faceva coraggiosamente ogni giorno, destava scalpore. Soprattutto tra i colleghi”.
Cassino quindi continua a mantenere forte il legame con l’uomo che ha consentito di dare un nome ‘la terra dei fuochi’, al più grande scempio ambientale che l’Italia conosca. Nel maggio del 2016 in occasione della presentazione presso il ristorante ‘Civico Sociale’ del libro ‘Io, morto per dovere’, la biografia di Mancini scritta dalla vedova, la signora Monica e dal collega Nello Trocchia, venne inaugurato all’interno della villa comunale, fortemente voluto dall’allora assessore Igor Fonte e dall’associazione ‘Peppino Impastato’ uno spazio verde: il giardino del Senso Civico di Roberto Mancini. Oggi di quel piccolo ‘gioiello’ di natura non c’è più traccia né targa a ricordo.