Secondo i dati preliminari dell’Istat diffusi in questi primi giorni di marzo, l’inflazione in Italia è al +0,8%, stabile rispetto al mese precedente. In vista dei dati definitivi del 15 marzo, ci si attende una stabilizzazione dovuta anche al fatto che i prezzi dei beni alimentari, pur restando su valori marcati, non stanno aumentando con la parabolica velocità dell’ultimo periodo. E ci mancherebbe altro, verrebbe da dire! Il peso economico del carrello della spesa è un problema reale per molti italiani che, oltre a rivedere (spesso in peggio) le proprie abitudini alimentari per far quadrare i conti, devono attrezzarsi a diverse logiche di acquisto, per dribblare le nuove trappole nascoste tra gli scaffali.
Spunta il trucco della “Nuova ricetta”. Cambiando i fattori, il risultato…cambia
Molto insidioso è un metodo utilizzato dalle aziende chiamato skimpflation: to skimp vuol dire lesinare sulla qualità di un prodotto mantenendo invariato il prezzo. In pratica, si modifica la ricetta, riducendo il contenuto di ingredienti più pregiati e sostituendoli parzialmente con altrettanti di minor qualità (e costo). Per esempio, si riduce la quantità di uova fresche, utilizzando prodotti pastorizzati e additivi emulsionanti, oppure la quantità di burro (nocciole, frutta secca, etc.) aggiungendo sostituti più economici o semplicemente “aromi” che ingannano le papille gustative, facendoci percepire la presenza della materia prima volatilizzata! Gli esempi sono infiniti.
La nuova ricetta è migliore? Il tarlo si insinua
A questo proposito, invito sempre a guardare con attenzione i claim sulle confezioni che indicano, con enfasi, “nuova ricetta”. Istintivamente, tutti siamo portati a pensare che sia una modifica migliore, visto che ce lo stanno comunicando a caratteri cubitali, ma non sempre è così. Semplicemente ci voglio avvisare che qualcosa è cambiato, ma attenzione a questo dettaglio fondamentale: è indicata specificatamente la miglioria apportata alla ricetta? Se fosse davvero una formulazione più pregiata, ci sarebbe scritto, per esempio, “nuova ricetta, +20% uova e miele”, come a volte accade.
Se invece non è specificato nulla in merito, è lecito dubitare. A meno che non si abbia, in casa, una confezione vecchia da comparare, fare il raffronto tra gli ingredienti vecchi e nuovi è una missione da supereroi.
La favola delle aziende che ci tengono alla salute dei consumatori
«La skimpflation è un inganno perfettamente legale, ma subdolo e particolarmente odioso perché intacca l’effettivo ruolo nutritivo di quel cibo. Ricordiamoci che non si mangia solo per piacere, ma anche e soprattutto per mantenersi in salute. E, per favore, smettiamo di credere alla favola delle aziende che sostengono di avere cambiato la ricetta per evitare di farci assumere troppe calorie! Semmai l’impegno è sempre stato il contrario: sedurre e affezionare i consumatori, sfruttando il concetto di ‘iperpalatabilità’ che prevede l’utilizzo di mix ben calibrati di zuccheri, grassi, aromi stuzzicanti e consistenze, in grado di attivare l’area del cervello che controlla il piacere. Una volta provata questa esperienza sensoriale ‘irresistibile’, è proprio il cervello stesso a spingerci a ricercare quel cibo, fino a renderci quasi dipendenti» ammonisce la nutrizionista e prima diet coach italiana Samantha Biale.
Il consiglio di Consumerismo No Profit: impariamo a leggere bene le etichette che, di fatto, sono la carta di identità di ogni cibo. C’è scritto tutto, pregi e difetti. E non dimentichiamo che noi consumatori abbiamo il coltello dalla parte del manico: se smettiamo di acquistare prodotti di bassa qualità, rimarranno invenduti sugli scaffali. Il messaggio arriverà forte e chiaro alle aziende e chissà che qualcosa non cambi davvero, una volta per tutte, trasformando quella che oggi sembra una difficoltà, in una fantastica opportunità di miglioramento.