Michele Caldaroni e Anna Bonifazi, implicati nella vicenda del riciclo di valori bollati alla Cancelleria del Giudice di Pace nel tribunale di Frosinone, rischiano di finire sotto processo. Il pubblico ministero Adolfo Coletta, titolare dell’indagine, ha chiesto il rinvio a giudizio.
Duemilasettecentouno annullamenti di assegnazioni di giudici (di cui 1.100 per designazione di prima udienza, 501 per designazione di giudice e 6 sostituzioni di giudici distinti) nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2015 e il 13 novembre 2020 (data del suo arresto). Oltre 45mila euro la somma ottenuta dal riciclo dei valori bollati ritagliati dalle vecchie pratiche d’ufficio archiviate. Sono questi i numeri del ‘Caldaronigate’ che ha acceso i riflettori sull’addetto alla cancelleria del Giudice di Pace al tribunale di Frosinone, arrestato in flagranza di reato il 13 novembre 2020 per peculato e ritenuto responsabile delle ipotesi di reato di soppressione e distruzione di atti veri, abuso d’ufficio, accesso abusivo ai sistemi informatici, corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio.
La vicenda
Tutto è partito dalla denuncia-querela a carico di ignoti, sporta dal presidente del Tribunale di Frosinone, il dottor Paolo Sordi, nella quale sono state segnalate diverse anomale sostituzioni del giudice designato per la trattazione delle cause civili nell’Ufficio del Giudice di Pace attraverso l’indebito utilizzo del sistema Sigp.
Secondo quanto denunciato dal presidente Sordi, infatti, a seguito di una ricerca è emerso che in vari casi, la designazione del giudice assegnatario di una causa, effettuata automaticamente dal sistema informatico al momento dell’iscrizione a ruolo, è stata successivamente annullata manualmente da un operatore il quale ha poi richiesto al sistema un’ulteriore ‘estrazione’ di un nominativo di giudice quale nuovo assegnatario della causa. Pare, inoltre, che in molti casi l’operazione di annullamento di assegnazione e la successiva richiesta di un altro nominativo sia risultata essere stata effettuata più volte consecutivamente fino a quando, evidentemente, il sistema informatico non ha estratto il nome del giudice al quale l’operatore desiderava che la causa fosse assegnata.
A ciò si aggiunge la vicenda relativa alle marche da bollo riciclate: secondo quanto emerge dalle indagini, infatti, lo stesso Caldaroni, attraverso l’utilizzo di un righello e di un taglierino di precisione, avrebbe asportato da atti giudiziari archiviati e/o definiti varie marche da bollo e/o contributi unificati per poi incollarli su nuove pratiche di iscrizione a ruolo. Un vero e proprio ‘mercato nero’ di marche da bollo e contributi unificati che avrebbero fruttato al Caldaroni oltre 45.000 euro tra il gennaio 2015 e il novembre 2020. Michele Caldaroni è difeso dall’avvocato Christian Alviani. Chiesto il rinvio a giudizio anche della ex dipendente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, Anna Bonifazi, accusata di ricettazione e difesa dall’avvocato Dario Simonelli.