Home Cronaca Arresto Ennio De Vellis, l’imprenditore ritenuto dal Gip un ‘trait d’union’

Arresto Ennio De Vellis, l’imprenditore ritenuto dal Gip un ‘trait d’union’

Il Gip di Milano nell'ordinanza di oltre 200 pagine spiega il ruolo dell'imprenditore ciociaro finito nei guai

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L’imprenditore della logistica Ennio De Vellis, arrestato ieri su ordine della Procura di Milano, nelle oltre 200 pagine dell’ordinanza firmata dal gip Domenico Santoro appare come il trait d’union di gran parte delle vicende che hanno fatto scattare le manette anche ai polsi del generale dei Carabinieri Oreste Liporace. L’inchiesta, che non è conclusa, ha fatto emergere anche il forte legame del ciociaro con Lorenzo Quinzi, una vita passata nei ministeri con vari ruoli e da gennaio scorso a capo del dipartimento per gli affari generali e la digitalizzazione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, guidato da Matteo Salvini.

Quinzi è indagato per turbativa, così come sono iscritti nel registro altri imprenditori, funzionari e dirigenti, mentre la Gdf ha effettuato perquisizioni a carico di 22 persone (una decina gli indagati) e anche negli uffici del Mit. L’inchiesta nasce da una passata indagine per corruzione, dalla quale erano già venute a galla le “figure degli imprenditori” e dei fratelli Massimiliano e William Fabbro che, interrogati, hanno collaborato.

Le intercettazioni da parte dei Carabinieri del Ros e della Guardia di Finanza hanno fatto emergere una “relazione” di interessi tra due imprenditori di Milano, i fratelli Fabbro, il generale Liporace e Ennio De Vellis. “Proprio grazie a quest’ultimo e al generale, arrestato per corruzione, turbativa e false fatture, ai fratelli Fabbro sarebbero stati affidati, fino al 2021, i servizi di pulizia, anche della piscina, della caserma – come riporta l’Agi -. In cambio Liporace avrebbe ottenuto per l’accusa 22mila euro, borse di Louis Vuitton da oltre 11mila euro, noleggi auto, biglietti per lo stadio Olimpico e per la Scala di Milano (da qui la competenza dei pm milanesi come ultima “utilità”)”.

“Signor Generale, buongiorno! Congratulazioni e al prossimo bagno della ‘greca’ con Dom Perignon vintage 2009”, gli scriveva uno dei Fabbro facendo riferimento al simbolo del grado. Inoltre, nell’ordinanza piena di “omissis”, perché l’inchiesta prosegue a partire dai dispositivi sequestrati, si parla della “esistenza di un meccanismo” sulla base del quale l’imprenditore De Vellis “si accaparra le commesse” del Mit.

Per cinque di queste almeno, come ricostruito negli atti, Quinzi avrebbe interessato De Vellis e le sue “5-6 società compiacenti”: il servizio di “trasloco” di 750 dipendenti dal ministero, la “messa in sicurezza” per il “pericolo di caduta” calcinacci dai balconi del Mit, il facchinaggio, la “disinfestazione vespe”, il “ripristino e restauro dell’orologio del Mit”. I colloqui tra Quinzi e l’imprenditore, anche lo scorso marzo, sono stati videoregistrati dagli investigatori nel suo ufficio al ministero. I due avevano nascosto per timore i telefoni.

Quinzi diceva: “C’abbiamo pendenze, fatture te le abbiamo pagate tutte?”. E ancora: “Poi magari mi fai un lavoretto quando mi serve”. Si indaga su soggiorni a Sestriere che avrebbe ottenuto in un residence di proprietà di De Vellis, che, tra l’altro, “sfruttava o vantava” una “relazione esistente o asserita con un pubblico ufficiale allo stato non identificato, ma appartenente al Dis (Dipartimento informazioni e sicurezza)”. Tra gli altri capitoli dell’inchiesta anche per traffico di influenze illecite i tentativi, andati a vuoto, dei Fabbro, sempre attraverso “mediazioni” pagate, di avere “appalti all’interno del Vaticano” o dall’Ordine dei Francescani.

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