Ceccano – Sessantasei anni, residente in una centralissima zona del capoluogo all’interno di un appartamento da poco ristrutturato. Amante del lusso, seppur nullatenente sulla carta. Lui è Stefano Anniballi e per gli investigatori che hanno lavorato per quasi quattro anni alla clamorosa inchiesta “The good lobby”, che all’alba del 24 ottobre ha travolto Ceccano e non solo, ha un chiaro ed indiscutibile ruolo apicale nell’organizzazione. Gli inquirenti lo ritengono il regista occulto dell’amministrazione comunale di Ceccano di cui influenzerebbe l’orientamento e l’indirizzo amministrativo. Un duplice ruolo quello di Anniballi che si interessava di questioni squisitamente di carattere politico ma soprattutto di attività tipicamente di competenza di quegli uffici che amministrano ingenti somme di denaro pubblico.
Un “Dio”. Così per l’accusa si sentiva il tesoriere dell’organizzazione criminale, colui che settimanalmente prelevava dalle mani di Antonio Annunziata il denaro per custodirlo in un garage di via America Latina e poi ripartirlo con gli altri sodali.
Emblematiche per gli inquirenti alcune intercettazioni. In un caso, mentre Anniballi era in auto con la compagna, passando davanti ad un’attività commerciale, afferma che i titolari quando lui arriva “Si mettono in ginocchio”. E ancora: “Mi devono baciare i piedi”.
Il “faccendiere” della presunta associazione a delinquere finalizzata alla corruzione, secondo le accuse, sarebbe stato promotore ed organizzatore al pari dell’ormai ex primo cittadino di Ceccano. Una forte influenza esercitata su Caligiore e su altri funzionari e dipendenti del Comune la sua, sempre secondo quanto ricostruito nell’inchiesta. Fondamentale anello di congiunzione tra i vertici associativi, Anniballi avrebbe coordinato le pratiche illecite.
Sempre lui, forte delle sue conoscenze e amicizie influenti, ci teneva spesso a ribadire la sua supremazia. In un caso avrebbe pesantemente redarguito Caligiore perché la segretaria di quest’ultimo, vedendolo arrivare, gli aveva fatto notare che ci fosse la fila per parlare con il sindaco.
Stefano Anniballi, con ultima dichiarazione dei redditi risalente al 2013, girava a bordo di auto di lusso, faceva lunghi viaggi verso mete costose, aveva ristrutturato casa. Un tenore di vita che, per gli inquirenti, era possibile avere solo grazie all’attività illecita portata avanti.
La “cupola mafiosa”
Un sistema articolato e ben strutturato che era sotto gli occhi di molti. Nel febbraio del 2023 una funzionaria del Comune parlando con uno degli indagati pronuncia delle frasi captate con un’intercettazione ambientale che per gli inquirenti sono estremamente emblematiche. La donna, con toni polemici molto espliciti, lamenta di essere stata esclusa dalla gestione di pratiche riguardanti la determina di assegnazione di un appalto del servizio cimiteriale, nonostante questo sia un settore di sua competenza. Rivolgendosi al professionista lo accusa di aver contribuito attivamente alla creazione di un gruppo chiuso di lavoro che lei stessa ha definito in modo significativo: “la cupola di Cosa Nostra”.
Le indagini proseguono. Alla magistratura il compito di vagliare le posizioni dei 36 indagati. Intanto i dieci arrestati studiano le strategie difensive. Tanti ancora gli interrogativi ai quali dare risposte ma intanto quel che emerge dall’inchiesta, se venisse confermato in sede di giudizio, è un terremoto destinato a far avvertire uno sciame sismico che non si arresterà tanto facilmente.