Home Cronaca Allarme Biodigestore, Frosinone rischia di diventare la discarica del Lazio

Allarme Biodigestore, Frosinone rischia di diventare la discarica del Lazio

Frosinone - Il mega impianto per il trattamento dei rifiuti, realizzato in prossimità del centro abitato, potrebbe creare numerosi problemi

Immagine di repertorio
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Un mega impianto di compostaggio, notevolmente superiore al fabbisogno comunale, che potrebbe trasformare Frosinone nella pattumiera del Lazio. Se il via libera all’impianto è avvenuto nel corso dell’amministrazione Zingaretti, sarebbe opportuno che il nuovo governatore del Lazio rivedesse anche tale questione. Francesco Rocca dovrebbe, infatti, valutare attentamente se sia opportuna o meno la realizzazione di tale struttura all’interno di un’area altamente inquinata. E, magari, tenere in seria considerazione quello che ha sempre sostenuto l’associazione Medici per l’Ambiente. Compreso pure il fatto che il traffico verrebbe ulteriormente aggravato dal trasporto di tonnellate e tonnellate annue di rifiuti provenienti anche da fuori provincia.

Le continue denunce

“Le polveri sottili ci assediano e continuano ad essere uno dei problemi più gravi”. Hanno spiegato a più riprese il dottor Giovambattista Martino, coordinatore Associazione Medici Ambiente; la dottoressa Teresa Petricca, responsabile scientifico Associazione Medici Ambiente; e il dottor Antonio Necci, referente per Anagni dell’Associazione Medici Ambiente. Per loro, quindi: “Nessun abbassamento della guardia e nessuna distrazione sono concessi, né sono ammissibili inopportuni e falsi trionfalismi sul miglioramento della qualità dell’aria, funzionali all’affarismo ma non di certo alla salute”.

Sostengono, inoltre, che la provincia di Frosinone sia “sotto assedio anche dalle lobby dei rifiuti. L’immondizia ‘bene’ cui anelano, per la ripresa, i gruppi di potere di questo territorio – sottolineano – riconosce proprio alla Provincia di Frosinone il triste primato dei tumori infantili. La corsa all’accaparramento degli incentivi previsti per il biometano – rimarcano – condotta con fervore da chi persegue affari, simpatizzanti ed accoliti sponsorizzati, la falsa e retribuita propaganda ambientalista sui biodigestori di fatto energivori ed inquinanti, come acclarato da gran parte della comunità scientifica indipendente, necessitano di una impellente bonifica culturale”.

“Il panorama che si prospetta è quello di un’imprenditoria passiva, figlia dell’assistenzialismo degli incentivi, senza rischi di impresa, senza progettualità, senza creazione significativa di posti di lavoro e tantomeno di qualificazione. Rifiuti urbani trasformati in rifiuti speciali da conferire a discarica, con produzione aggiuntiva di concentrati liquidi da stoccare in siti specializzati ad attestare l’assenza di un’economia circolare artatamente mistificata”. Per l’associazione si tratta, quindi, di un’inaudita “aggressione di un territorio, sito di interesse nazionale (SIN) che necessita di bonifica, in cambio di sussidi economici. Questa l’amara incontrovertibile realtà di cui i più hanno ormai consapevolezza. Tragedia pluriennale per cui si svende la salute per il profitto di pochi. In tema di rifiuti purtroppo la città di Frosinone ha un passato funesto ed un futuro forse peggiore”.

Il caso Frosinone

Un passaggio lo riservano proprio al capoluogo: “La città oggi è assediata da un sollecito di autorizzazione per un  biodigestore di rifiuti urbani a ridosso del centro abitato.  Un progetto che nelle aspettative dei proponenti e nel silenzio più assoluto, attendeva l’approvazione già agli inizi del 2020 ma non resosi possibile, all’epoca, per l’inatteso intervento motivatamente oppositivo dell’Associazione dei Medici per l’Ambiente. Un progetto in assenza di qualsivoglia considerazione sanitaria in uno dei siti più inquinati d’Italia (SIN), scellerato per la sproporzione tra la richiesta delle quantità da autorizzare rispetto alla necessità reale di smaltimento della città.  Industria energivora, impattante, ancor oggi senza attuazione per documentazione dimostratasi, dall’inizio fino all’ultima conferenza dei servizi, carente e orfana dei requisiti richiesti per il completamento e la finitura dei quali abbiamo assistito alla sconcertante dilatazione dei tempi che la Regione Lazio ha sfacciatamente concesso all’imprenditore, per un improbabile, a tutt’oggi, riordino dei documenti presentati. Un tempo concesso estremamente lungo, oltre i termini di legge, che lascia il giusto spazio ai giudizi più severi e dubbiosi”. 

L’allarme

“Informiamo il Presidente della Provincia, laddove non ne fosse a conoscenza o rammentiamo qualora lo fosse, che la sentenza della Corte di Giustizia Europea emess  l’11 novembre 2021, intima di sottostare al principio di autosufficienza e di prossimità nel trattamento dei rifiuti urbani, condannando alchimie, magheggi e disinformazione per accreditare industrie indifendibili. Lo informiamo ancora dell’esistenza  – spiegano i medici di famiglia – di piccoli impianti di biodigestione, che trattano le quantità proprie di ciascun territorio, che lavorano senza consumo di acqua, senza produzione di residui speciali, con realizzazione di un circuito chiuso ad esemplificare la vera economia circolare, con impatto ambientale sicuramente ridotto, in un congruo rapporto costo beneficio tra necessità di smaltimento dei reflui e rischio sanitario, a costituire, non da ultimo, una modalità virtuosa per allontanare fiancheggiatori interessati e simpatizzanti prezzolati, ma soprattutto per spezzare quella commistione di malaffare, ripetutamente segnalata dalle Prefetture, tra trasporti e rifiuti”.

“Inquietano – concludono – le recenti convergenze parallele e le alchimie politiche trasversali, che sembrano coagularsi sull’invasione indiscriminata dei rifiuti, che aleggia su tutta la Valle del Sacco. In duplice veste di rappresentanti dell’Associazione Medici Ambiente e di Consiglieri Comunali eletti dai cittadini, confermiamo il nostro dissenso e la nostra lotta contro chi, palesemente o sotto mentite spoglie, si sta rendendo artefice di regresso, degrado e malattie”. Da evidenziare, infine, che le emissioni fanno scadere la qualità della vita di chi abita nel raggio di chilometri dall’impianto stesso.

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