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Affari illeciti tra i professionisti della “Ciociaria bene”, gli arresti che fanno tremare i piani alti

L'operazione "Full cash back" è arrivata a scoperchiare un sistema che faceva affari con aste, bonus e non solo. Trenta per ora gli indagati

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Il blitz scattato all’alba di ieri mattina ha fatto tremare l’intera provincia. La notizia degli agenti della Squadra Mobile della Questura di Frosinone e della Guardia di Finanza posizionati davanti gli uffici della Bpf a De Matthaeis, nel cuore di Frosinone, è rimbalzata in pochissimi minuti buttando letteralmente giù dal letto dipendenti e vertici dell’Istituto di Credito. Ma anche imprenditori e professionisti. Intorno alle otto le Forze dell’ordine hanno fatto il loro ingresso negli uffici della sede centrale della Banca per acquisire e sequestrare documenti. Nel frattempo, a Sora, venivano perquisiti gli studi di un avvocato e di due notai. Un terremoto che ha scosso i “piani alti”, che ha smosso le fondamenta di un sistema corrotto portando alla luce gli affari illeciti dei professionisti della “Ciociaria bene”.

Nel mirino della Procura, dirigenti della Bpf, notai, imprenditori e un avvocato. “Full cash back”, questo il nome della maxi operazione, vede al momento 33 persone indagate. Undici le misure cautelari scattate. In carcere sono finiti gli imprenditori Angelo De Santis, 54 anni di Frosinone e Marino Bartoli, 51 anni di Ceccano. Arresti domiciliari per Rinaldo Scaccia, 76 anni di Veroli, direttore generale e amministratore delegato della Banca Popolare del Frusinate; per il notaio in pensione Roberto Labate, 77 anni di Roma con studio a Sora all’epoca dei fatti; ai domiciliari anche l’imprenditore di Veroli Paolo Baldassarra, 41 anni, e l’avvocato napoletano Gennaro Ciccatiello, 38 anni residente a Veroli. Domiciliari, con misura custodiale di due mesi, per il notaio Federico Labate, 47 anni, residente a Roma e figlio di Roberto Labate; per i funzionari della Bpf, Luca Lazzari 42 anni di Roma e Lino Lunghi, 51 anni di Pofi. Alla scadenza della misura scatteranno i divieti di dimora in Ciociaria per il primo e nella città di Frosinone per gli altri due. Divieto di esercizio della professione di consulente fiscale per nove mesi nei confronti di N.L. e divieto di esercitare imprese ed uffici direttivi di persone giuridiche ed imprese, per altrettanti nove mesi, nei confronti di G.P.

L’imprenditore intercettato fa scattare l’inchiesta

L’inchiesta, lunga e articolata, durata circa quattro anni, è partita su indicazione della Squadra Mobile già al tempo diretta dal Vice Questore aggiunto, Dott. Flavio Genovesi. Tutto è iniziato da un’intercettazione telefonica nella quale un imprenditore ciociaro, sottoposto ad intercettazioni perché coinvolto in traffici di stupefacenti, confidava ai suoi interlocutori il modo per “fare soldi” di un suo amico imprenditore che operava nel settore delle aste giudiziarie godendo della piena fiducia e dell’appoggio del direttore generale di una Banca. Subito è scattata l’indagine che, nel 2021, ha richiesto il coinvolgimento del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza. L’inchiesta ha fatto emergere la presenza di più gruppi ben organizzati e ramificati sul territorio che, oltre ad aver inquinato il mercato immobiliare, operavano nel settore delle truffe legato al “super bonus”. I gruppi operavano inoltre nell’ambito di falsi crediti erariali e nella organizzazione di indebite compensazioni sia nel riciclaggio e nell’auto riciclaggio di rilevanti partite di “nero” sia nella esecuzione dei reati fiscali e societari presupposti dall’attività riciclatoria.

Le accuse, i sequestri e la “Spiccata attitudine criminale”

Associazione a delinquere, falso, truffa per erogazioni pubbliche; riciclaggio ed autoriciclaggio. Poi una serie di reati finanziari quali omesse dichiarazioni, emissione di documenti e fatturazioni per operazioni inesistenti, indebite compensazioni d’imposte, esercizio abusivo di attività di intermediazione finanziaria ed infedeltà patrimoniale. Questo il lungo elenco di reati che la Procura di Frosinone contesta ai 33 indagati.

Secondo la ricostruzione del gip, Ida Logoluso, dagli accertamenti effettuati «si delineavano tre associazioni per delinquere, fra loro interconnesse quanto all’attività di riciclaggio e, due di esse, aventi strutturale influenza nella gestione delle linee di credito della Bpf mediante il ruolo primario svolto per il raggiungimento degli obiettivi associativi dal direttore generale Scaccia e dai funzionari del Corporate Banking (Lazzari e Lunghi) di quell’Istituto oltre che da due notai (Labate padre e figlio) che redigevano la più parte degli atti d’interesse per gli associati”.

Nell’ordinanza, il gip parla di una condotta «di particolare pericolosità, tenuto conto del livello economico/imprenditoriale coinvolto, delle dimensioni delle frodi, della pervicace reiterazione di condotte elusive, della stipulazione di forme contrattuali fittizie, dell’adesione a schemi collaudati di condotta e della sottrazione di ingenti risorse all’erario, elementi tutti che denotano una spiccata attitudine criminale, caratterizzata dalla sistematicità del ricorso a comportamenti penalmente illeciti». 

Contemporaneamente all’esecuzione delle misure custodiali di ieri, è stato effettuato anche il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta, per quasi 4 milioni di euro e il sequestro preventivo finalizzato alla confisca del profitto dei delitti di riciclaggio ed auto riciclaggio per un totale di oltre 6 milioni e mezzo di euro. Sequestro preventivo anche per diverse unità immobiliari.

I filoni d’indagine

Va evidenziato come l’inchiesta che ieri ha scoperchiato il vaso di Pandora sia ancora nella fase iniziale. Andranno vagliati posizioni, movimenti e tante sono le “carte” ancora da approfondire.

Inizialmente, proprio a seguito dell’intercettazione, il filone d’inchiesta si è concentrato sull’acquisizione, attraverso le aste giudiziarie, di stabilimenti industriali e commerciali. È così che è emerso il ruolo dell’imprenditore e operatore finanziario Angelo De Santis, attivo nel settore delle aste immobiliari in provincia, che, secondo la Procura «promuoveva ed organizzava l’associazione col principale apporto costitutivo ed organizzativo del direttore generale ed amministratore delegato della Banca Popolare del Frusinate, Rinaldo Scaccia e del notaio Roberto Labate».

L’attenzione della Squadra Mobile e della GdF si è poi spostata sul “super bonus”, nello specifico è stata monitorata la ristrutturazione in una palazzina di Roma, sulla quale erano in corso dei lavori avviati con il bonus dello Stato. L’accusa, stando al materiale raccolto, pone l’accento sul «potere che De Santis esercitava all’interno della Banca popolare del Frusinate ove non solo sembrava godere di una linea di credito pressoché illimitata ma ove anche si atteggiava come un primario agente ed intermediario finanziario al quale, invero, vari imprenditori si rivolgevano per ottenere credito da quell’istituto riconoscendo al De Santis provvigioni ammontanti al 3%-5% degli importi erogati».

Le indagini, stando alla ricostruzione fornita dal Gip Logoluso, hanno permesso di accertare efficacemente la struttura, le interrelazioni e le attività illecite che si muovevano dentro ed intorno alla Bpf. Inoltre, è emerso come le fittizie intestazioni di quote di molteplici società di capitali, costituissero l’interfaccia necessario per l’illecito arricchimento di pochi con inquinamento del sistema finanziario legato ai mutui per la partecipazione alle aste giudiziarie immobiliari ed allo stesso mercato immobiliare degli opifici industriali dismessi, con continuate e costanti operazioni di riciclaggio mediante utilizzo di società cartiere e costanti operazioni fraudolente nei confronti dell’erario. Sul fronte del riciclaggio, infatti, il gip evidenzia che le società, con tanto di “teste di legno”, «erano in sostanza le classiche “scatole vuote” nelle quali far transitare le somme di denaro che venivano (…) così ripulite».

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