Italia ottava al mondo per il Pil, ma 44esima per potere acquisto delle famiglie

Gli interventi nel forum promosso dalla Cassa di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili, presieduta da Luigi Pagliuca

La questione economica e la precarietà del lavoro pesano molto sulla riduzione della natalità in Italia. Ma oltre al fattore economico pesano anche quelli dell’accoglienza e dell’ambiente circostante. Pensiamo alle tante dimensioni volontarie delle giovani lavoratrici che poi non riescono a gestire il fatto di avere dei figli e il lavoro. Una libertà che ti fa decidere se avere dei figli o meno quando le condizioni esterne sono più opportune”. Sono le parole di Susanna Camusso, senatrice del Pd in Commissione Affari Sociali e Lavoro a Palazzo Madama, intervenuta nel corso del webinar ‘Giovani e poveri: lavoro precario, pensione incerta, una montagna di debito. Il calo della natalità è solo una questione economica?’, promosso dalla Cassa di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili, presieduta da Luigi Pagliuca.

In questo scenario non aiuta la scelta inadeguata delle banche centrali di continuare ad alzare i tassi d’interesse deprimendo gli investimenti e mettendo in difficoltà le famiglie – ha proseguito l’ex segretario della Cgil – che non hanno le risorse per affrontare i mutui ma anche gli affitti e tutto ciò che rappresenta una spesa importante nei bilanci familiari. Senza peraltro che questo rimedio abbia prodotti effetti positivi in termini di controllo dell’inflazione. Se continuiamo così, ci sarà la necessità di adottare dei provvedimenti che permettano di rinegoziare i mutui per aiutare le famiglie”.

Le opinioni a confronto

Diversa l’opinione di Fabrizio Sala, deputato di FI in commissione Finanze a Montecitorio, per il quale “non è vero che non si fanno figli per una questione economica, ma è vero che la natalità è condizionata anche dagli aspetti economici. Si deve lavorare senza dubbio su questo aspetto ma bisogna anche riscoprire i nostri antichi valori che abbiamo come italiani nelle nostre radici. Intanto con il decreto sul lavoro siamo riusciti ad alzare i salari più bassi e questa è già una manovra efficace per far fronte all’inflazione. Prevediamo che la stessa scenda nel corso del tempo dovendo fare fronte ai fenomeni macroeconomici che accadono negli Usa. In tutta Europa subiamo l’influenza di ciò che accade oltreoceano e il rialzo dei tassi è chiaramente necessario per non far perdere valore alla nostra moneta. Un riequilibrio è dunque necessario. Il governo lavora in questo senso per abbassare l’inflazione reale dei cittadini, con più soldi nei salari e taglio del cuneo fiscale. Per quest’anno prevediamo ancora l’adozione di alcune misure prima di arrivare alla legge di bilancio 2024 che porterà parecchi fondi e parecchie iniziative in più”.

Alcune soluzioni sono state proposte da Emma Pavanelli, parlamentare del M5s nella commissione Attività Produttive a Montecitorio. “Il calo della natalità – ha affermato – è un problema economico e non solo. In Italia gli stipendi che sono rimasti bassi e l’incertezza dei lavori precari non aiutano a formare una famiglia. Se aggiungiamo anche i congedi parentali iniqui e la mancanza di politiche strutturali come la previsione di dopo scuola e gli asili nido, è del tutto evidente che è sempre più difficile costruirsi un futuro. Abbiamo depositato una proposta di legge per introdurre anche in Italia la settimana corta a parità di salario. Un primo passo che potrebbe aiutare le famiglie ad avere più tempo per le loro esigenze. Già da un anno chiediamo di tassare gli extra profitti di diversi settori come le banche, le case farmaceutiche e le grosse imprese di produzione di energia. In un momento di grande difficoltà c’è la necessità di aiutare le famiglie. Non possiamo pensare che si arrivi all’estremo sacrificio di perdere le loro case perché oppressi dai debiti. Dobbiamo aiutare i cittadini a pagare i mutui che sono saliti alle stelle dopo l’aumento dei tassi”.

Secondo Gianfranco Rotondi (FdI), vicepresidente della commissione Politiche dell’Unione europea della Camera dei Deputati “i problemi economici ci sono ma credo che il calo della natalità sia anzitutto un fatto culturale. Pensiamo, ad esempio, alla Spagna dove non c’è calo di natalità perché esiste una famiglia di tipo tradizionale, oserei dire patriarcale, che è rimasta più salda. Lì c’è una famiglia organizzata in modo da separare la natalità dalla realizzazione professionale. Un ragazzo di vent’anni ha un figlio anche senza lavoro stabile e definitivo. Da noi questa mentalità non c’è. Si attende prima la realizzazione professionale, l’indipendenza economica, la certezza della casa e nel frattempo si è arrivati a quarant’anni. La presidente della Commissione Europea, Ursula Von der Lyen, diceva che questo macello sociale, che sta devastando le famiglie, serviva ad abbassare l’inflazione. Ma i dati purtroppo non raccontano questo. Allora mi viene da commentare questa situazione con la solita frase che si dice sugli economisti: sono i più bravi a prevedere il passato. Noi abbiamo il dovere, al contrario, di guardare al futuro”.

Il punto di vista dei professionisti è stato espresso da Antonio Moltelo, commercialista dell’Odcec di Nola. “Siamo seriamente preoccupati – ha spiegato – per il futuro del nostro Paese. Le future generazioni devono fare sempre più i conti con lavori precari, pensioni incerte e una montagna di debiti cui far fronte. Una condizione difficile di fronte alla quale non stupisce di certo il pesante calo di natalità che affligge l’Italia e gli italiani. Ad appesantire in maniera rilevante la già difficile condizione economica si è venuta ad aggiungere la scelta, obbligata per molti, di aumentare i tassi d’interesse per fronteggiare l’aumento continuo dell’inflazione. Una scelta che ha avuto come rovescio della medaglia quello di un’impennata delle rate dei mutui e dei prestiti. È giunto il momento di attivare nuove politiche per aiutare famiglie e imprese ad uscire da questo circolo vizioso che ne mette a serio rischio la sussistenza”.

Le conclusioni sono state affidate a Paolo Longoni, consigliere dell’Istituto nazionale degli esperti contabili, che ha dichiarato: “E’ una questione in parte economica ma anche culturale e di costume”. “C’è meno propensione – ha aggiunto – a fare figli indipendentemente dall’economia e dai guadagni o dai redditi familiari. Quanto al costume, si ritardano sempre più la paternità e la maternità, ci sono genitori sempre più adulti perché è cambiato il modo di vivere, il sistema di vita delle famiglie. In realtà il dio del libero mercato provoca questo tipo di stortura. La domanda che bisognerebbe porsi piuttosto è: In nome del libero mercato è giusto che tutto, anche i servizi essenziali, siano lasciati alla fluttuazione libera di chi li gestisce? L’Italia è l’ottavo paese del mondo come prodotto interno lordo, la ricchezza prodotta all’interno del Pase. Ma se andiamo a vedere la classifica del potere di acquisto per abitante sorprendentemente la troviamo al 44esimo posto al mondo. Allora c’è sicuramente un problema di redistribuzione del reddito prodotto. Domandiamoci perché e come intervenire su questo strano gap“. – Fonte www.dire.it –

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