Alatri – Familiari, parenti amici, coetanei e cittadini. In centinaia hanno preso parte nel pomeriggio di ieri alla manifestazione pacifica contro i ritardi della giustizia, per chiedere risposte sull’omicidio di Thomas Bricca. Ad oltre tre mesi dall’agguato a colpi di pistola nel quale ha perso la vita il 19enne, nessuna svolta nelle indagini.
Così ieri, per la seconda volta, un corteo composto si è snodato lungo le strade della città. Partiti da piazza Santa Maria Maggiore, armati di striscioni con sopra impressa l’immagine sorridente di Thomas, in tantissimi si sono radunati al grido di “Giustizia, giustizia per Thomas”.
Nell’occasione è stata annunciata anche l’inaugurazione di un murales realizzato in memoria di Thomas. Perché il suo sorriso rimanga impresso per sempre sulle mura della sua città. Come un monito, per tutti. Per ricordare ogni istante a chiunque che ad Alatri un diciannovenne innocente è stato ucciso. Il secondo in pochi anni, prima di lui Emanuele Morganti massacrato di botte dal branco. E allora occorre assicurare i colpevoli alla giustizia, occorrono pene esemplari per assassino e complici.
“Bisogna essere espliciti e determinati. Noi non siamo contro la Procura, ma contro un sistema malato che cerca di legarle le mani con i suoi soliti stratagemmi. Tutti insieme, perché i nostri ragazzi non si toccano e per pretendere giustizia per Thomas”, aveva detto lo zio di Thomas, Lorenzo Sabellico, a pochi giorni dalla manifestazione.
Parole forti anche quelle di mamma Federica: “C’é qualcuno che asserisce che quello che é accaduto quella sera in via Liberio ad Alatri sia stata solo una tragica fatalità, sfortuna, destino o cose del genere. Io dico invece che non si va in giro armati a sparare alla gente. La verità é che abbiamo assistito ad un atto di una gravità inaudita e questi pazzi criminali devono assolutamente essere assicurati alla giustizia e pagare con l’ergastolo, perché quello che é successo, che é di una crudeltà spaventosa, non accada mai più. Manchi tanto Thomas mio”.
Le indagini
Lo scorso 4 maggio gli esperti del Racis hanno estrapolato la copia forense dell’ultimo smartphone sequestrato nell’ambito dell’inchiesta. Sono previsti dei tempi tecnici per l’analisi dei dati catalogati che dovranno poi essere comparati con quanto emerso dalle precedenti perizie. Al momento, sul registro degli indagati restano iscritti Mattia Toson e suo padre, Roberto. Per loro le accuse sono di concorso in omicidio e detenzione illecita di armi. Il patrigno di Roberto, Luciano Dell’Uomo, è invece accusato di aver fatto sparire prove utili alle indagini, come il sistema di video sorveglianza della sua abitazione. Il quadro delineato dagli inquirenti vedrebbe Mattia e Roberto a bordo del T-Max scuro dal quale sono stati esplosi i colpi di pistola. Ci sono stati, con molta probabilità, dei complici a coprirli, prima e dopo l’agguato. Le prove utili ad incastrare i colpevoli potrebbero essere contenute proprio sugli smartphone passati sotto la lente. Bisognerà attendere le prossime settimane per avere risposte.