Il caso di Serena Mollicone, la 18enne di Arce assassinata nel 2001, è uguale alla vicenda di Marco Vannini, il giovane di Cerveteri lasciato morire nel maggio del 2015, dopo essere stato centrato da un colpo di pistola sparato da Antonio Ciontoli, senza che il resto della famiglia della sua fidanzata si desse da fare per attivare i soccorsi.
È uno dei passaggi contenuti nel ricorso che la procura di Cassino ha trasmesso alla corte d’assise d’appello di Roma impugnando la sentenza di primo grado che ha mandato assolta l’intera famiglia Mottola dall’accusa di omicidio. I firmatari del ricorso, il procuratore capo Luciano d’Emmanuele e il pm Maria Beatrice Siravo sottolineano come hanno fatto i Ciontoli per Vannini, anche i Mottola (padre, madre e figlio) avrebbero lasciato “consapevolmente agonizzare per un certo tempo” la diciottenne anziché chiamare i soccorsi perché “la loro unica preoccupazione” sarebbe stata quella di “cercare i mezzi per il suo confezionamento, ossia il nastro adesivo, la busta e il fil di ferro, strumenti che devono essere necessariamente reperiti fuori casa per evitare la presenza di impronte”. E ancora: “Hanno deciso di abbandonarla a se stessa per poi toglierle definitivamente la vita”.
Nel documento – che replica punto per punto alle motivazioni redatte dalla corte d’assise di Cassino che il 15 luglio scorso ha assolto per insufficenza di prove Franco Mottola, ex comandante della caserma dei Carabinieri di Arce, il figlio Marco, la moglie Anna Maria e, dal reato di favoreggiamento, i due carabinieri Vincenzo Quatrale e Francesco Suprano – la procura di Cassino torna a insistere sulla testimonianza di Ramon Iommi, il barbiere di Arce che nel giugno del 2001, pochi giorni prima del funerale di Serena, ha tagliato i capelli di Marco Mottola.
Una deposizione questa di Ramon che era stata inserita anche nel processo di primo grado ma che non era stata ritenuta utile dal presidente della corte Massimo Capurso. Perché la figura di Iommi è tanto importante? Perché l’unico testimone vero del processo, il carrozziere Carmine Belli, ha sempre riferito di aver visto parlare Serena Mollicone, poche ore prima della sua scomparsa, con un giovane biondino e con i capelli lunghi e con le meches.
Quelle stesse meches che il barbiere Iommi aveva fatto a Marco Mottola nel mese di maggio e che poi taglia nei giorni successivi al ritrovamento del corpo di Serena. Un dettaglio mai emerso e che secondo la procura rappresenta un ulteriore elemento che inchioderebbe il figlio dell’allora comandante dei carabinieri della caserma di Arce alle proprie responsabilità e che rende veritiera la testimonianza del carrozziere che, lo ricordiamo, è stato ingiustamente accusato di aver ucciso Serena Mollicone e che ha trascorso 17 mesi in carcere da innocente.