Ama il rock, i gatti, l’Inter. Ha l’animo dell’ultras e blinda i pali meglio di una saracinesca. Il numero 22 del Frosinone Calcio, Stefano Turati, è una delle più belle scoperte di questa serie B. Arrivato in Ciociaria nella scorsa estate in prestito dal Sassuolo, l’estremo difensore nato a Milano 21 anni fa, è subito entrato nel cuore dei tifosi. Vuoi per le statistiche che lo vedono quello con il maggior numero di partite a porta inviolata, vuoi per le sue evidenti qualità tra i pali, vuoi per l’indole un po’ ‘pazzerella’ come ogni portiere che si rispetti (d’altronde gli esempi sono tanti, da Higuita a Chilarvert, passando per Campos o l’eccentrico ‘spiderman’ Janot). Vuoi per l’animo da vero ultras, di quelli che a fine partita, dopo una vittoria, prendono il megafono, carichi di adrenalina, ed esultano con tutto lo stadio. Fatto sta che Stefano Turati si è guadagnato non solo la stima dei tifosi, ma anche degli addetti ai lavori che lo catalogano tra i migliori nel proprio ruolo in questo campionato di cadetteria. E le sue prodezze non sono passate inosservate neppure a Paolo Nicolato, il mister dell’Italia Under 21 che lo ha portato con sé nei due test pre-Europeo, vinti proprio dagli azzurri: il primo a Begrado terminato con il successo italiano per 0-2 grazie alla doppietta del compagno di squadra di Turati, Samuele Mulattieri, e il secondo a Reggio Calabria, dove gli azzurrini hanno piegato l’Ucraina 3-1. Così abbiamo deciso di conoscerlo meglio, ed ecco cosa ci ha raccontato Turati proprio di ritorno dall’esperienza in Nazionale U21.
L’onore della maglia azzurra
“Per me è stato un onore essere convocato in Nazionale. Indossare quella maglia – racconta il giovane portierone giallazzurro – è un orgoglio incredibile. Ti permette di misurarti con realtà internazionali su palcoscenici unici. E quando si ritorna a casa lo si fa con un bagaglio di esperienza e responsabilità diverso, un bagaglio che spero proprio di riportare sul campo con la casacca del mio Frosinone”.
Frosinone, una calda piazza che merita la A
E appena tornato a Frosinone, Stefano si è messo subito al servizio di Fabio Grosso e compagni per preparare l’insidiosa trasferta di domani, quando i leoni scenderanno al ‘Renato Curi’ per vedersela contro il Perugia. “Mi aspetto una gara combattuta – spiega il numero 22 a proposito del prossimo incontro -. Giocheremo contro una squadra preparata che ha dalla sua parte una statistica di pregio: è infatti prima nella fase conclusiva dell’azione, ciò vuol dire che ai Grifoni ne bastano poche di azioni per fare male, per infilare la rete. Dal nostro canto dovremo fare quello a cui siamo abituati: dare il nostro 100%, non abbassare mai la guardia, tenere sempre alta la concentrazione. Tutti fattori da tenere a mente per le prossime 8 partite, quelle che ci separano dalla realizzazione di un sogno. La squadra, la società, il pubblico, la città, meritano la massima serie. Ora sta a noi continuare quella cavalcata meravigliosa che in pochi immaginavano potesse concretizzarsi. Ci stiamo togliendo tante soddisfazioni e non possiamo arenarci proprio adesso”.
Circa la piazza ciociara e la società del presidente Stirpe, il giovane racconta: “Appena arrivato a Frosinone ho subito pensato di essere a casa. L’accoglienza è stata davvero fantastica, calorosa, piena di affetto. Immediatamente si è creata un’ottima sinergia anche con tutto lo staff: con i ragazzi abbiamo formato un gruppo molto legato e poi lavorare con un campione del mondo come il nostro allenatore Fabio Grosso è davvero stimolante”.
Julio Cesar come idolo
Ma come è nata la carriera tra i pali di Stefano Turati? La risposta risiede nel suo cuore nerazzurro: “Quando ero piccolo andavo allo stadio a vedere l’Inter e mi sono innamorato perdutamente del ruolo di portiere guardando il grande Julio Cesar. Il numero uno brasiliano è stato la mia fonte di ispirazione”. Adesso, però, potrebbe essere lui la fonte di ispirazione, nonostante la giovanissima età, per tanti bambini che si avvicinano al mondo del calcio, ma Stefano Turati resta un ragazzo umile e dice: “Sono molto felice, è ovvio, di essere considerato tra i migliori nel mio ruolo quantomeno per la serie B. Ma credo che vadano menzionati anche altri colleghi, a mio avviso davvero molto bravi, come Joronen, Caprile o Nicolas”. Alla domanda circa la sua parata più difficile in stagione, a cui è più legato, Turati non ha dubbi: “Quella contro il Bari dello scorso 11 marzo quando appena a 4′ dall’avvio arriva la conclusione di Ricci che viene deviata e sono comunque riuscito ad alzarla in angolo”.
A metà tra una rockstar e un ultrà!
La vita del giovane estremo difensore è anche piena di curiosità. Appurato il fatto che andasse allo stadio fin da ragazzino per tifare la sua Inter, nella testa di ogni supporter frusinate c’è l’immagine di Stefano con un megafono in mano che esulta a fine gara. Ma come è nata questa esultanza? “Partiamo dal presupposto che come tutti i portieri ho la mia vena di follia (ride n.d.r), fu il capitano Lucioni a passarmi il megafono al termine di una sfida e io non ho potuto fare altro che urlare ai nostri amici sugli spalti tutta la mia gioia e la mia carica”. La carica e il carisma di un vero leader. Così quelle immagini sono diventate virali, passate di telefonino in telefonino. Il ‘re dei cleen shot’ è diventato anche il ‘sindaco della Curva’, quella Nord che si esalta a vederlo armato di megafono quanto di guantoni.
Proprio per questa sua indiscussa verve sembrerà strano pensare che il suo sogno da bambino, prima di vedere Julio Cesar, non fosse quello di diventare calciatore. Eppure Stefano ci confessa: “Da ragazzino volevo essere una rockstar. Volevo suonare la batteria in una band e fare rock in giro per il mondo!“. Una passione, quella per il rock, che gli è rimasta e con cui si gasa nei pre-partita o mentre gioca ai videogames, suo altro grande hobby, magari con la bella e nera Cleo sulla gambe (la sua amata gattina, oramai diventata ciociara anch’essa)…
Un futuro luminoso
La carriera di Stefano Turati è quindi tracciata e il capo-ultras rockettaro sembra sempre più proiettato verso il gotha del calcio. La sua giovane età, unita all’ambizione, deve necessariamente generare dei sogni nel cassetto e così gli abbiamo chiesto quali fossero: “Onestamente mi piace pensare giorno dopo giorno, ma il mio desiderio resta quello di giocare in serie A“. E prendendo in prestito un aforisma di Oscar Wild gli rispondiamo, augurandogli il futuro luminoso che merita: “Fai attenzione a ciò che desideri, perché potresti ottenerlo…”. Ad Maiora, Stefano!