“Io di quel paese sono andato dal sindaco e mi ha detto di fare quello che volete con il bosco ma però se arrivano i Carabinieri Forestali fate finta che a me non mi avete visto”. Questo è il dialogo – riportato nell’ordinanza di custodia cautelare che ha portato, giovedì 3 novembre, all’arresto di 25 persone ritenute componenti del clan camorristico Sangiuliano presente tra la provincia di Napoli e quella di Avellino – riferito durante un’intercettazione tra un boss della Camorra e l’ex primo cittadino di un paese dell’hinterland cassinate dove, il gruppo criminale, voleva investire nell’agricoltura con il fine di “monopolizzare dei terreni” prevalentemente boschivi, per trasformarli illecitamente in terreni coltivabili a nocciole e provando ad accedere ai finanziamenti a fondo perduto ed ai contributi agevolati rivolti all’agricoltura da parte della Comunità Europea. Per questo Michele Sangermano avrebbe effettuato l’acquisto di diversi terreni nell’area di confine tra Lazio e Campania.
A finire in cella anche Giovanni Marra, un 43enne nativo di Cassino ma residente nell’hinterland e difeso dall’avvocato Paolo Marandola e che, secondo quanto accertato dai carabinieri del gruppo di Castello di Cisterna e dai magistrati della DDA di Napoli, avvicinava i proprietari terrieri per nome e per conto di Michele Sangermano, inducendoli a vendere i propri terreni. E a riferire agli inquirenti sulla sua figura è una delle vittime.
L’uomo ha raccontato di aver subito minacce sia dirette da parte di Sangermano: “Se non la finisci ti faccio piangere per il resto dei tuoi giorni”, sia da parte di Marra ed un’altra persona, sempre per conto di Sangermano. La vittima ha riferito agli inquirenti di essersi opposto alla vendita del suo terreno e che per questo gli sarebbe stata incendiata parte della casa. Lunedì mattina per Giovanni Marra è stato fissato l’interrogatorio di garanzia.